La messa in scena è finita

Dal blog https://jacobinitalia.it

Luke Savage 29 Giugno 2024

Il confronto tra il presidente uscente e Trump ha palesato che gli ingranaggi della macchina del consenso che hanno funzionato fin dalla discesa in campo di Biden si sono bloccati

Da quando Joe Biden ha annunciato la sua campagna presidenziale nel 2020, le élite democratiche e parti dell’apparato mediatico hanno scelto un gioco strano, sconcertante e, in definitiva, insostenibile. Qualunque cosa si potesse pensare di lui, l’allora ex vicepresidente era stato spesso abbastanza sul pezzo: capace di tenere testa nei dibattiti e di trasmettere una fiducia politica di base – anche, come spesso accadeva con Biden, quando mentiva o diceva sciocchezze.

Il Biden del 2020, tuttavia, era un uomo palesemente diverso: incline a strane affermazioni e risposte sconclusionate e digressive, ma anche a incessanti errori verbali che suggerivano qualcosa di più della presunta «balbuzie» che di solito veniva invocata per spiegarli. Durante un dibattito delle primarie sull’eredità della schiavitù in America, Biden ha iniziato a parlare di segregazione istituzionale e poi è sembrato incastrarsi sull’idea che i genitori neri non sanno come crescere i propri figli, concludendo in modo bizzarro: «Non è che non non vogliono aiutare. Non sanno bene cosa fare. Ascoltate la radio. Assicuratevi che la televisione… scusatemi, assicuratevi di avere il giradischi acceso di notte». Nell’arco di soli dieci giorni, sembrò incapace di ricordare il nome di Barack Obama, confuse l’allora primo ministro britannico Theresa May con Margaret Thatcher, suggerì che Martin Luther King Jr fosse stato assassinato alla fine degli anni Settanta e confuse la cronologia delle sparatorie della scuola di Parkland

Biden è sempre stato un generatore di gaffe e, nel corso della sua carriera, ha spesso trattato la verità come qualcosa da declinare su qualunque cosa trovasse opportuno dire in un dato momento. Tuttavia, i segni di fragilità e declino mentale sono stati così onnipresenti ed evidenti per tutto il 2019 e l’inizio del 2020 che sembrava impossibile negarli.

E ancora. Con solo poche eccezioni, la macchina democratica e l’apparato mediatico Usa hanno assunto un atteggiamento di cecità autoimposta nei confronti di Biden e hanno chiesto, per il bene del partito e del paese, che tutti facessero lo stesso. Le élite democratiche e i loro sostenitori dovevano sconfiggere Bernie Sanders con ogni mezzo necessario e, successivamente, sarebbero stati in grado di brandire la minaccia esistenziale di Donald Trump come una clava per disciplinare chiunque sollevasse dubbi sull’età di Biden o sull’idoneità alla carica. Salvato dall’improvviso scoppio di una pandemia che ha scosso l’economia globale e reso impossibile la tradizionale campagna elettorale, Biden ha vinto le elezioni ed è stato frettolosamente consacrato da un nervoso commentatore liberal come il secondo Franklin D. Roosevelt.

Prima ancora che avesse inizio, la presidenza Biden era già un gigantesco castello di carte perennemente in bilico sull’orlo del collasso – e ieri sera alla fine è crollato. Essendo inciampato come uno zombie sul palco del dibattito, Biden ha immediatamente dato l’impressione di qualcuno non all’altezza del compito da svolgere. Con un sussurro tremante, ha annaspato a ogni risposta, fornendo punti di discussione ripetuti a memoria che rapidamente si trasformavano in labirintici flussi di coscienza. Ad esempio, in risposta a una domanda sul debito nazionale, ha detto quanto segue:

Lui [Trump] ha accumulato il debito nazionale più grande di qualsiasi presidente in un periodo di quattro anni, numero uno. Numero due, lui: quel taglio fiscale di duemila miliardi di dollari ha avvantaggiato i più ricchi. Quello che farò è sistemare il sistema fiscale… Saremmo in grado di cancellare il suo debito. Saremmo in grado di contribuire a garantire che tutte le cose che dobbiamo fare – assistenza all’infanzia, assistenza agli anziani, assicurandoci di continuare a rafforzare il nostro sistema sanitario, assicurandoci di essere in grado di rendere ogni singola persona sola ammissibile a ciò che… Sono stato in grado di farlo con il – con – con – con il Covid. Mi scusi, affrontando tutto ciò che abbiamo a che fare con – guarda, se – finalmente abbiamo sconfitto Medicare.

L’oratoria appassita del presidente non è stato l’unico problema. Ogni volta che non parlava, il volto di Biden sembrava congelato da perplessità e confusione. Fermandosi regolarmente prima della fine del tempo assegnato, aveva spesso bisogno dei suggerimenti dei moderatori Jake Tapper e Dana Bash per continuare.

Di fronte a una raffica infinita di falsità trumpiane, Biden è riuscito nell’impossibile facendo apparire il suo avversario coerente e composto. Offrendo un’ovvio spazio a Trump per attaccare l’importantissima questione del diritto all’aborto, ha incredibilmente scelto di parlare di una donna violentata e uccisa da un immigrato clandestino. In linea con l’aura di surreale stupidità che ha caratterizzato l’intera serata, i due si sono scambiati diverse parole sui rispettivi handicap nel golf invece che sulla distruzione israeliana di Gaza appoggiata dagli Stati uniti (questione su cui sono di fatto d’accordo).

Dal momento in cui il dibattito si è chiuso, è stato evidente che gli ingranaggi della macchina di produzione del consenso che hanno continuato a ronzare incessantemente dall’annuncio della campagna di Biden nel 2019, si erano finalmente fermati. Avendo portato avanti la farsa per anni, riorganizzato il programma delle primarie per dare a Biden un vantaggio (assicurando allo stesso tempo che fossero primarie solo di nome) e liquidando ogni critica come un tradimento, anche i più creduloni esperti di notizie via cavo e lealisti di Biden sembrano aver esaurito i modi per mantenere viva l’illusione.

Nonostante la patetica versione dei funzionari della Casa Bianca secondo cui lo scarso rendimento del dibattito del presidente è stato il risultato di una «preparazione eccessiva», la possibilità che ci sarà un autentico sforzo per sostituire Biden durante o prima della Convenzione nazionale democratica di agosto sembra all’improvviso concreta.

Che una cosa del genere possa effettivamente accadere resta una questione aperta. Dietro il personaggio sbalorditivo di Biden c’è sempre stato un uomo dotato di un ego vulcanico e convinto della propria importanza epocale. Assolutamente nulla nella condotta di Biden fino a oggi suggerisce che si farebbe da parte di sua spontanea volontà. D’altra parte, il fatto che Biden sia presidente è dovuto alla costellazione di intermediari del potere d’élite che per primi sono intervenuti per salvare la sua campagna nelle primarie del 2020 e che da allora hanno contribuito a mantenere la mascherata. Dai potenti democratici come Barack Obama e Nancy Pelosi ai donatori di Wall Street e alle ossequiose personalità dei media, le istituzioni del Liberalism Inc. hanno costituito la presidenza Biden. È plausibile che possano disfarsene altrettanto facilmente.

Qualunque cosa accada, il disastro di ieri sera è un bruciante atto d’accusa nei confronti di una leadership democratica così deferente nei confronti delle multinazionali Usa e così cinicamente determinata a resistere al cambiamento da essere disposta a mentire all’intero paese sull’idoneità del suo portabandiera. La facciata si è finalmente incrinata e ora ci troviamo davanti a un crollo di proporzioni epiche.

*Luke Savage è editorialista di Jacobin. Ha scritto The Dead Center: Reflections on Liberalism and Democracy After the End of History (OR books, 2022). Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

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