Dalla pg FB di Giustiniano Rossi
Il governo USA scatena una nuova offensiva per consolidare le basi economiche del suo dominio sul mondo. Il nuovo progetto di bilancio deve farne un magnete per i capitali di tutto il mondo. Esenzioni fiscali devono attirarvi i soldi degli investitori. Il “Big Beautiful Bill” del presidente Donald Trump costa migliaia di miliardi di dollari e farà crescere la già gigantesca montagna di debiti di Washington. Il governo USA sfrutta una base del suo dominio mondiale, la sua affidabilità creditizia e, nello stesso tempo, la mette in pericolo. C’è chi, in Eurpa, ci vede una “chance” per l’euro. Il pacchetto fiscale attualmente in discussione al Congresso costa oltre 4.000 dollari. Circa 3.000 non hanno copertura finanziaria. Se gli sconti fiscali “transitori” diventassero definitivi, nei prossimi anni il nuovo debito sarebbe pari a 5.000 miliardi di dollari. Tanto per fare un paragone: l’Inflation Reduction Act del predecessore di Trump, Joe Biden, costava 500 miliardi di dollari, completamente finanziato da aumenti delle tasse. Il pacchetto fiscale di Trump gioverà ai ricchi. Secondo il Tax Policy Center, due terzi delle riduzioni fiscali vanno ad un quinto, quello superiore, dei percettori di reddito. Un quarto di questi due terzi va all’1% che ne è al vertice. Il prezzo è pagato dalle famiglie a basso reddito, anzitutto con i tagli alla sanità e ai buoni alimentari. In un intervento sui social, il supercommissario di Trump, Elon Musk, ha definito il progetto un “abominio ripugnante”, non per le misure antisociali bensi’ per le alte spese pubbliche. Per il ministro USA delle Finanze Scott Bessent, invece, l’aumento dei debiti non è un problema. Secondo lui, il pacchetto fiscale di Trump stimolerà la crescita economica, grazie alla quale gli USA pagheranno i debiti. E’ altamente improbabile. Quello che, invece, è sicuro è che il progetto di legge aumenta di migliaia di miliardi di dollari l’indebitamento proprio in un momento in cui gli investitori cominciano a considerarlo con sospetto. Già oggi il tasso di indebitamento ha superato il 100% del PIL. Era altrettanto grande alla fine della II Guerra mondiale. La proposta attuale lo porterà al 134% nel 2034. “Con o senza il pacchetto fiscale, lo sviluppo del debito USA non è sostenibile a lungo termine” secondo la Banca ABN Ambro. La politica doganale di Trump, la conseguente incertezza e l’aumento dei debiti “ci avvicinano al momento in cui i mercati non li accetteranno più”. Non è il malumore dei poveri ad ammonire Trump, bensi’ quello dei ricchi, degli investitori globali. Infatti Washington dipende dalla loro fiducia. Attualmente investitori esteri detengono circa un terzo dei Buoni del Tesoro USA, pari a circa 30.000 miliardi di dollari. Devono continuare a prestare soldi agli USA comprando Buoni del Tesoro per finanziare il programma trumpista di conquista del mercato mondiale.
Ma non è solo la politica doganale del governo USA a renderli inquieti. Provocano disagio in ambienti governativi anche idee che circolano come il progetto Miran, in base al quale gli USA premono sui paesi creditori perché prolunghino all’infinito i crediti accordati, altrimenti Washington potrebbe togliere loro il sostegno militare. Sono ancora idee vaghe, piuttosto minacce. Ma nel nuovo pacchetto fiscale si trova già una disposizione concreta che punisce, o quasi, il ritiro di capitali dagli USA: il paragrafo 899 relativo a “tasse straniere scorrette” prevede multe per investitori, imprese e persone di paesi le cui tasse non piacciono al Congresso. Potrebbe ricadervi la tassa digitale europea (DST) che riguarda anzitutto giganti Tech americani o un regolamento sulla tassazione minima dei profitti per garantire che imprese multinazionali paghino una tassa minima globale. Finirebbero probabilmente sulla lista nera la maggior parte dei membri dell’UE oltre ad Australia, Canada e Corea del sud. Il paragrafo 899 prevede per il primo anno un supplemento fiscale del 5%, che potrebbe arrivare a un massimo del 20%. Sarebbe applicato a investitori internazionali che ritirano dagli USA le loro rendite da capitale ma anche per imprese che vogliono rimpatriare profitti delle loro filiali negli USA. “Si tratta di protezionismo fiscale radicale” – scrive furibondo l’”Economist” britannico – “di un progetto quasi senza precedenti per impiegare il diritto fiscale americano come strumento di pressione per mettere alle strette altri paesi”. Se questo piano fosse attuato, gli USA non attirerebbero più molti stranieri. Se, improvvisamente, gli investitori finanziari globali negassero il credito agli USA, questi ultimi non fallirebbero subito. Sono indebitati essenzialmente in una valuta, la loro, che possono creare quando vogliono. “Per questo non c’è da prevedere un’insolvibilità per mancato afflusso o per deflusso di capitali” dichiara la Commerzbank. Neppure una vera e propria fuga dal dollaro è probabile. Infatti non esiste un mercato finanziario grande abbastanza per “parcheggiare” migliaia di miliardi.
Dunque il mondo finanziario è legato al dollaro. Ma dubbi sull’opportunità di investire negli USA potrebbero comportare per Washington la richiesta di interessi più alti per nuovi crediti. E questo puo’ diventare un problema. Infatti già quest’anno, secondo i calcoli di marzo del Congressional Budget Office (CBO), la spesa per interessi arriva al 3,2% del PIL. Un record. E’ superiore alla spesa per la Difesa e per il Medicare. Nel 2055 per pagare gli interessi sarebbe necessario il 5,5% del PIL. Dal 2045, secondo il CBO, il tasso medio di interesse supererà quello di crescita dell’economia, “segnando l’inizio di una spirale del debito”. I dubbi degli investitori globali sul governo USA e sul dollaro alimentano le speranza della seconda divisa mondiale, l’euro. L’incertezza generale sarebbe “una chance piuttosto che una minaccia” sostiene Christine Lagarde, presidente dell’ECB. “L’UE potrebbe sfruttare i dubbi degli investitori e promuovere l’euro come moneta internazionale di riserva, con notevoli vantaggi economici”, secondo la banca olandese ING.
Sempre che gli USA, come a suo tempo il III Reich, non meditino di pagare i loro debiti altrimenti…
Giustiniano
9 giugno 2025