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17 Giugno 2025 Da Antonio Marfella Presidente medici per l’ambiente, Napoli
In Campania serve un programma più radicale
La prevenzione secondaria crea un “collo di bottiglia” di richieste di presa in carico di pazienti che il Ssn campano non è in grado di sopportare
Alla Stazione Marittima di Napoli il 16 e 17 giugno va in scena in pompa magna il convegno “Gli stati generali della Prevenzione”, con annesso il Villaggio della Salute, cioè la mostra delle metodiche di diagnosi precoce (i cosiddetti screening) che funzionerà solo per due giorni. Non ci bastava il Vicerè De Luca.
In realtà non si parla di vera Prevenzione (cioè la Prevenzione Primaria, ossia l’eliminazione della cause di malattia) ma di Prevenzione Secondaria (diagnosi precoce delle malattie), utile ad intercettare per lo più i tumori quando già sono in atto creando un fabbisogno sanitario successivo di presa in carico che, per eccesso di casi da mancata Prevenzione Primaria, crea solo un “collo di bottiglia” di richieste di presa in carico di pazienti che il Ssn campano non è assolutamente in grado di sopportare imponendo, per chi ha la possibilità di farlo, solo il ricorso a visite e cure private.
E’ la “tempesta perfetta” che sta sbriciolando il Ssn, gestito con arroganza ma anche assenza di trasparenza e incompetenza gestionale.
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Certo anche la diagnosi precoce serve a migliorare le prognosi, ma in Campania dovremmo fare un programma ben più radicale e complessivo per evitare l’insorgere delle malattie e relativi costi, ormai del tutto folli e neanche resi noti in trasparenza dai Responsabili (esempio: la cura farmacologica per il melanoma costa circa 450mila euro per singolo paziente).
Prima di tutto bisogna agire sui determinanti di salute e quindi migliorare le condizioni socioeconomiche della popolazione che sono in generale tra le più disagiate d’Italia. E’ necessario un piano straordinario di Salute per i territori inquinati della regione. La base di partenza dovrebbe essere la bonifica dei siti inquinati senza la quale la parola prevenzione non ha senso: la Campania non ha realizzato neanche il 10% delle bonifiche previste.
Parallelamente c’è la necessità di monitorare le popolazioni residenti, iniziando dai dati epidemiologici che attualmente arrivano in maniera irregolare e tardiva o mancano del tutto. In assenza di dati epidemiologici prodotti in tempo utile e in modo omogeneo e leggibile – e soprattutto suddivisi per distretto sanitario – non si può neanche impostare una corretta azione di Prevenzione Primaria che deve obbligatoriamente essere differenziata per distretti.
L’inquinamento assassino è distribuito (come sappiamo ormai da decenni) “a macchia di leopardo”. Ad esempio i dati del registro tumori della Asl 2 nord certificano che il distretto di Acerra va sottoposto a maggiori controlli sia delle forze dell’ordine che sanitari, mentre nello stesso distretto, la pur naturalmente radioattiva Ischia mostra dati epidemiologici e quindi necessità di interventi sanitari aggiuntivi enormemente inferiori. Ma non si deve sapere in tempo utile; anche l’aggiornamento dei dati epidemiologici campani presentati in silenzio in data 28 maggio 2025 addirittura ritorna a produrre dati su base regionale e non distrettuale, confermando l’impossibilità di individuare le aree dove concentrare gli interventi di Prevenzione Primaria e Secondaria (esempio Napoli est-Porto e Aeroporto, Napoli ovest Bagnoli, Acerra, ecc ecc) rispetto alle salubri zone dell’interno e costiere (esempio Cilento).
Viviamo nella Regione più giovane ma più malata di Italia per mancato controllo ambientale ma non lo dobbiamo neanche sapere, anzi ce ne dobbiamo rallegrare!
