Call center criminale

Dal blog https://ilmanifesto.it/c

Il call center si trova al primo piano di un’anonima palazzina di periferia. Le postazioni telefoniche sono illuminate da potenti lampade al neon, mentre una coltre di pesanti tendaggi mette al sicuro i presenti da qualsiasi sguardo indiscreto. Dentro ci sono circa settanta persone provenienti da diversi paesi, ciascuna col proprio computer, un paio di auricolari e un microfono.

Massimo, che è a capo del team italiano, oggi farà più o meno duecento chiamate. Dovrà convincere altrettanti nostri connazionali a iscriversi a una nuova piattaforma di investimento automatico che sfrutta l’intelligenza artificiale. Grazie a questa tecnologia innovativa – promette Massimo – i risparmiatori potranno ottenere in pochi giorni interessi del 50% sul capitale investito.

SEMBREREBBE UN SOGNO, se non fosse che è tutto falso: Massimo si chiama in realtà con un altro nome, gli ipotetici guadagni sono inventati sul momento, e l’unico possibile epilogo a cui andranno incontro i clienti sarà la perdita totale di ogni loro risparmio.

Siamo nella città di Limassol, sulla costa meridionale di Cipro, e ci troviamo all’interno di una scam company, una azienda della truffa. È da luoghi come questo, mimetizzati in angoli reconditi dell’est Europa, del Medio e dell’Estremo Oriente, che partono le circa 300mila frodi telematiche denunciate ogni anno nel nostro Paese. Parliamo di un giro d’affari immenso, che a livello globale raggiunge i 200 miliardi di dollari annui ed è secondo solo a quello del narcotraffico.

Arrivare fin qui è tuttavia un’impresa molto difficile, persino per le forze dell’ordine, perché gli scammer sono abilissimi a far perdere sia le tracce del denaro che le proprie. Perciò, volendo esplorare da vicino questo nuovo business criminale, io e il collega Matteo Keffer abbiamo provato ad agire in contropiede: ci siamo finti aspiranti truffatori e abbiamo deciso di farci arruolare.

Sapevamo che le scam company sono alla costante ricerca di nuovi operatori, e che il reclutamento avviene il più delle volte attraverso alcuni specifici canali Telegram. Così, dopo molti abboccamenti a vuoto e diverse decine di chiamate, finalmente siamo riusciti a trovare ciò che cercavamo: una azienda di trading “non regolamentata” che puntava ad assumere nuovi telefonisti italiani per uno stipendio-base di circa duemila euro al mese. L’autore dell’inserzione si faceva chiamare Philip, e quando gli abbiamo chiesto il nome della compagnia per la quale avremmo lavorato si è limitato a inviarci una posizione di Google Maps con la dicitura «venite qui e salite al primo piano». È stato seguendo queste indicazioni che abbiamo messo piede per la prima volta nella nostra palazzina alla periferia di Limassol. Dopodiché sono iniziate le danze.

LA REGOLA NUMERO UNO per chi lavora nel mondo dello scam è che ogni cosa deve restare segreta. Prima ancora di essere assunto, ciascun operatore deve perciò inventarsi un nome fasullo, che dovrà utilizzare sia con i clienti che con i colleghi. Il mio pseudonimo è Amedeo Faggi, e ufficialmente risulto essere operativo in un inesistente ufficio di Old Broad St, a Londra. In calce alle mie email sono anche riportati dei finti numeri di telefono britannici, che sono gli stessi che appaiono sui display delle vittime quando ricevono le nostre chiamate. Il meccanismo truffaldino, del resto, è molto semplice: la compagnia in cui ci troviamo ha inondato il web con le réclame di alcuni rivoluzionari sistemi di trading, promettendo guadagni stratosferici in cambio di un piccolo investimento iniziale.

Le vittime sono invitate a iscriversi a un portale telematico dalla grafica elegante e professionale, e quando lo fanno il loro numero arriva direttamente sui nostri computer. È a quel punto che entriamo in campo noi telefonisti: «Si comincia col far versare a queste persone i primi 250 euro – ci spiega Massimo, il team leader del desk italiano -. Poi il numero del cliente passa a un operatore più esperto, e lì le richieste si fanno via via sempre più pesanti. Se il cliente chiede informazioni sul suo credito, gli si disegna un finto grafico con guadagni fittizi. Se poi rivuole i soldi, lo si manda a quel paese e si smette di rispondergli. Alle brutte, andrà in Old Broad St, a Londra, a cercare un tale Amedeo Faggi».

È UN MECCANISMO DIABOLICO che non lascia scampo, e che ha spinto molti malcapitati a versare varie centinaia di migliaia di euro, fino a ridursi sul lastrico. Massimo, che ha 35 anni e un lungo passato da lavoratore precario, ci fa ascoltare le registrazioni di alcune chiamate con diverse vittime italiane. Dall’altra parte della cornetta ci sono perlopiù persone anziane, ma anche uomini e donne di mezza età e persino qualche giovane.

Ogni volta che un cliente accetta di eseguire il suo primo versamento, nell’ufficio si consuma un piccolo rito collettivo: il boss di turno fa squillare un campanello, dopodiché tutti e settanta i telefonisti sono tenuti ad alzarsi all’impiedi e ad applaudire con entusiasmo. Se poi la vittima, frastornata, chiede ragione di quell’improvviso boato telefonico, il suo scammer subito si affretta a gratificarla: «Battono le mani per te – dice -, perché ora anche tu sei dei nostri…».

Siamo rimasti in questo call center fantasma per due intere giornate, sottoponendoci a circa 18 ore di training e filmando con le telecamere nascoste tutto ciò che accadeva davanti ai nostri occhi. Ce ne siamo andati solo quando ci siamo resi conto di avere ormai raccolto tutto il materiale possibile, appena prima che Massimo ci obbligasse a fare le nostre prime chiamate truffaldine.

Di questo universo inquietante, fatto di soldi, crimine e menzogne, ignoriamo tuttavia ancora moltissime cose. Sappiamo – perché ci è stato detto – che la società per la quale abbiamo lavorato possiede diversi altri uffici sparsi tra Cipro, la Turchia e l’Europa orientale, all’interno dei quali operano certamente anche alcune decine di telefonisti italiani. Ciò che non conosciamo, però, sono i nomi dei veri titolari della compagnia, la cui denominazione a sua volta è sempre rimasta top secret.

L’UNICO INDIZIO a tal proposito ci è stato comunicato durante il nostro primo giorno di lavoro, quando Philip ci ha consegnato alcuni fogli con le regole-base per approcciare le vittime.

C’era scritto: «È vietato contattare poliziotti, politici e cittadini con doppio passaporto degli Usa e di Israele». «Perché non Israele?”, abbiamo chiesto.

“Perché i proprietari della nostra azienda vengono da lì”.

Ma intanto, mentre noi ci interroghiamo, la macchina delle truffe continua a girare.

Frodi A Cipro ci siamo finti aspiranti truffatori per entrare in una scam company, un’azienda fantasma attiva nel business delle 300mila frodi telematiche denunciate ogni anno in Italia

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