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Francesca Biagioli 27 Giugno 2025
Altroconsumo ha trovato TFA, un composto della famiglia dei PFAS, in tutti i 15 campioni di acqua delle fontanelle analizzati in Italia e in 4 casi sono stati superati i limiti di legge
Indice
- TFA nell’acqua delle fontanelle
- Il confronto con le acque in bottiglia
- Cos’è il TFA e perché la sua presenza preoccupa
Torniamo a parlare di PFAS nell’acqua perché, dopo aver trovato il TFA – un composto della famiglia dei PFAS – in numerose acque minerali in bottiglia, Altroconsumo ha deciso di ampliare l’indagine all’acqua di rubinetto. I campioni sono stati prelevati da 15 fontanelle pubbliche in diverse località italiane, comprese grandi città e comuni sede degli stabilimenti di imbottigliamento.
I risultati? Ancora una volta preoccupanti. Il TFA è stato infatti rilevato in tutti i campioni analizzati, e in quattro casi le concentrazioni superano la soglia prevista per i PFAS totali dalla normativa vigente. Una scoperta che conferma la diffusione capillare di questo contaminante nel ciclo idrico e che pone non pochi interrogativi sulla sicurezza dell’acqua che beviamo ogni giorno.
Ma vediamo più nel dettaglio cosa ha scoperto l’indagine.
TFA nell’acqua delle fontanelle
Se il TFA è presente in alcune acque minerali, lo sarà anche nell’acqua potabile distribuita nei comuni di origine di quelle sorgenti? Per rispondere, i tecnici di Altroconsumo hanno prelevato tra fine marzo e inizio aprile 2025 15 campioni d’acqua da fontanelle pubbliche: 10 nei comuni dove si imbottigliano le acque minerali analizzate nel test precedente e 5 in grandi città come Torino, Milano, Firenze e Sondrio.
Il TFA – acido trifluoroacetico – è stato rilevato in tutti i campioni analizzati, con valori compresi tra 274 e 920 nanogrammi per litro.
Anche se al momento non esiste un limite specifico per il TFA, Altroconsumo ha utilizzato come riferimento il limite previsto per i Pfas totali stabilito dal Decreto legislativo 18/2023, pari a 500 nanogrammi/litro. Sulla base di questo parametro, 4 campioni su 15 superano la soglia di legge, un dato che ci mostra quanto sia urgente stabilire un limite normativo specifico per il TFA, sostanza sempre più presente nel nostro ambiente.
Il dato più elevato è stato registrato a Torino, presso la casa dell’acqua in piazza Galimberti (920 ng/l), seguito dai campioni di Firenze (880 ng/l), Paesana (850 ng/l) e nuovamente Torino, questa volta alla fontanella nella stessa piazza (840 ng/l).
Il caso torinese offre anche un’interessante comparazione tra due diverse fonti di acqua pubblica. A pochi metri di distanza, nella stessa piazza Galimberti, sono stati prelevati due campioni: uno da una fontanella tradizionale (840 ng/l), l’altro dalla casa dell’acqua gestita da SMAT (920 ng/l). Il leggero scarto tra i valori potrebbe essere legato al sistema di refrigerazione della casa dell’acqua, che potrebbe influire sui livelli di contaminazione. Una differenza minima, ma indicativa della complessità nella valutazione delle fonti idriche urbane.

@Altroconsumo
Il confronto con le acque in bottiglia
Un dato interessante emerge confrontando i risultati dell’acqua del rubinetto con quelli della precedente inchiesta sull’acqua minerale. In 8 casi su 10, l’acqua in bottiglia presentava livelli di TFA leggermente superiori rispetto all’acqua del rubinetto prelevata negli stessi comuni. Questo rende difficile stabilire con certezza l’origine del contaminante, che potrebbe infiltrarsi in diversi momenti del ciclo idrico, dalla sorgente fino alla distribuzione.
Va però sottolineato che il confronto è stato effettuato solo sulle acque minerali in cui il TFA era stato rilevato, escludendo quelle risultate prive del composto. Il nuovo allarme si collega direttamente all’indagine precedente di Altroconsumo, che aveva analizzato 21 marche di acqua minerale naturale tra le più diffuse in Italia. In quell’occasione, tracce di TFA – un composto della famiglia dei PFAS – erano state individuate nella maggior parte dei campioni. Solo tre acque risultavano completamente prive di questo contaminante, mentre sei marche avevano ottenuto una valutazione insufficiente.
Leggi anche: Pfas nell’acqua minerale naturale: queste 6 marche note sono le più contaminate, secondo Altroconsumo
Già allora era emersa con chiarezza la necessità di norme più incisive e di una maggiore trasparenza da parte delle aziende sulla qualità dell’acqua distribuita. Con il nuovo test sull’acqua delle fontanelle pubbliche, il quadro si fa ancora più preoccupante: il TFA non è un problema limitato all’imbottigliamento, ma un inquinante ormai pervasivo, difficile da isolare e ancor più da eliminare.
Cos’è il TFA e perché la sua presenza preoccupa
Il TFA (acido trifluoroacetico) è un composto persistente, altamente solubile e difficilmente degradabile, che appartiene alla famiglia dei Pfas – le cosiddette “sostanze perfluoroalchiliche”. Il TFA può formarsi a partire dalla degradazione di altri Pfas presenti nell’ambiente e tende ad accumularsi nei corpi idrici, rendendo molto difficile la sua rimozione.
I suoi effetti sulla salute umana non sono ancora del tutto noti, ma la presenza sempre più diffusa nelle acque destinate al consumo umano preoccupa ricercatori e istituzioni, soprattutto per il potenziale effetto cumulativo che queste sostanze potrebbero avere nel lungo periodo.
La doppia indagine di Altroconsumo – su acqua minerale e acqua di rubinetto – mostra chiaramente che il TFA è ovunque, e che in diversi casi supera i limiti ammessi per i Pfas totali. In assenza di un limite specifico per il TFA, resta difficile tutelare efficacemente i consumatori. Per questo è fondamentale che le autorità sanitarie e ambientali introducano al più presto una soglia regolatoria dedicata, che tenga conto della crescente diffusione di questa sostanza e dei possibili rischi per la salute.