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di Davide Malacaria 5 Agosto 2025
Netanyahu vuole occupare l’intera Gaza, secondo indiscrezioni convergenti dei media. L’ordine di procedere dovrebbe arrivare in settimana, forse oggi stesso. La decisione del premier è avversata dalla maggior parte dell’opinione pubblica israeliana, come riferisce Amos Harel su Haaretz, ma anche da esponenti di rilievo del potere israeliano.
A opporsi con forza è il Capo di Stato Maggiore Eyal Zamir, a motivo del logoramento dell’esercito. Ma Timesofisrael dettaglia che sono contrari anche alcuni esponenti dello stesso Consiglio di Sicurezza: il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar, il leader del partito Shas Aryeh Deri, il Consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi
Hanegbi, il capo del Mossad David Barnea e il responsabile delle trattative con Hamas.
Tanto che la riunione del Consiglio di Sicurezza, indetta per oggi, è stata revocata in favore di un incontro più ristretto, al quale presumibilmente non saranno invitati alcuni degli oppositori della linea dura.
Resta il dubbio sulla luce verde data all’operazione dalla Casa Bianca, riferita da alcuni media. In realtà, i fatti indicano che non c’è stata. Nel corso della visita in Israele della scorsa settimana, Witkoff ha detto chiaramente che Trump aveva chiesto un accordo con Hamas che portasse alla fine duratura delle ostilità e alla liberazione di tutti gli ostaggi. E ha anche incontrato i parenti degli ostaggi per rassicurarli sul punto.
Certo, la politica è fatta da ambiguità, ma quanto sta avvenendo ha tutta l’aria di un ulteriore strappo di Netanyahu verso l’alleato d’oltreoceano, una vera e propria sfida alla quale sa che Trump si piegherà.
Anzi, se si vuole analizzare la decisione di Netanyahu in relazione al rapporto con Trump, si può concludere che, con tale strappo, il premier israeliano ha inteso far vedere al mondo chi comanda. Un segnale forte, che ha voluto dare anche perché Trump, alcuni giorni fa, aveva osato contraddirlo dichiarando che a Gaza la gente muore di fame, smentendo le dichiarazioni opposte del premier israeliano. Al solito, Trump chinerà la testa a suo modo, facendo buon viso a cattivo gioco.
La zona che dovrebbe essere investita dalla nuova ondata di terrore è l’area centrale di Gaza, finora risparmiata perché vi si trovano gli ostaggi. E proprio i video strazianti di tre ostaggi inviati in questi giorni da Hamas e resi pubblici con il placet dalle loro famiglie è stato usato da Netanyahu per alimentare la sua usuale retorica diretta a giustificare l’ulteriore ingaggio. Nulla importando che tale ingaggio ne causerà la morte, come da proteste dei loro familiari.
Di fatto, Netanyahu e i suoi soci continuano ostinatamente a informare la loro vis bellica alla direttiva Annibale, che alla vita del singolo antepone le esigenze dello Stato, nel caso specifico le loro aspirazioni. Annotazione che va letta anche in retrospettiva, perché getta luce su quanto realmente accaduto il 7 ottobre, quando tale direttiva fu impartita in via riservata all’IDF.
Tale ordine fu rivelato, al tempo anche Haaretz, ma quel che interessa riportare in questa sede è un titolo di un vecchio articolo di Yedioth ahronoth: “La direttiva Annibale è l’inizio del fascismo in Israele”. Era il 2014 quando fu pubblicato: da allora, il fascismo ha fatto passi da gigante, con accelerazione negli ultimi due anni di genocidio (crimine riconosciuto come tale anche da Jeremy Ben-Ami, presidente di J Street, la più importante lobby sionista liberale americana).

In attesa della decisione ufficiale sull’apertura del nuovo fronte, e mentre continua a sgranarsi il triste rosario dei palestinesi morti per fame, sotto le bombe o per le pallottole, crimini ai quali si sommano le sparizioni forzate di tanti palestinesi che, andati a raccattare qualcosa da mangiare nei cosiddetti centri di aiuto, non sono più tornati dai loro cari, va segnalato un ulteriore sviluppo.
Nel corso della sua visita in Israele, dove si è recato con altri esponenti del partito repubblicano, il presidente della Camera degli Stati Uniti, Mike Johnson, ha tenuto incontro nella colonia di Ariel, durante il quale ha dichiarato che “la Giudea e la Samaria”, cioè la Cisgiordania, appartengono di diritto agli ebrei.
Nel darne notizia, un editoriale del Jerusalem Post, ha ricordato come l’amministrazione Trump abbia subito revocato le sanzioni contro i coloni estremisti varate dalla precedente presidenza e come, poco dopo, il senatore Tom Cotton abbia portato all’approvazione del Congresso il “Recognizing Judea and Samaria Act, un disegno di legge che impedirebbe alle agenzie federali di utilizzare il termine ‘Cisgiordania’ nei documenti ufficiali, sostituendolo con il termine biblico preferito dal movimento dei coloni israeliani”.
Quindi, annota ancora il JP, lo scorso febbraio, la Conservative Political Action Conference, l’assise annuale dei conservatori Usa, ha adottato una risoluzione che esorta Washington a “riconoscere la sovranità di Israele sulla Giudea e la Samaria”.
“Nello stesso giorno, il presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, ha diffuso un promemoria interno in cui ordinava allo staff repubblicano di seguire tale modello in tutta la corrispondenza della Commissione”.
Tutto questo, e altro, conclude l’editoriale del JP, rivela che il partito repubblicano ha ormai riconosciuto la legittimità dell’annessione della Palestina, anche se, aggiunge l’editoriale, occorre lavorare perché anche il partito democratico, ad oggi in parte recalcitrante, converga su tale linea.
Abbiamo riportato l’editoriale del JP per far notare come l’annessione della Palestina, con tutto quel che consegue per i suoi abitanti, non è una follia propugnata da un gruppo più o meno numeroso, più o meno potente, di esaltati messianici, ma è propria di tanto ebraismo, israeliano e non, con tanti potenti non ebrei al seguito.

Tutto questo si lega a Gaza e alla rinnovata spinta bellica del governo israeliano. Sul punto è di interesse quanto scritto, su Haaretz, da Amos Harel: “A volte sembra che Smotrich, Ben-Gvir e i loro partner si siano mossi con l’obiettivo di espellere la popolazione di Gaza e ricostruire gli insediamenti [israeliani], ma poi siano rimasti impantanati in una guerra perpetua. In realtà, il perpetuarsi di questo sanguinoso e infinito conflitto è funzionale alla loro politica di annessione della Cisgiordania, che sta avvenendo sotto il radar dei media”. In estate, quando la gente e i media sono distratti e la portata dei radar minore, certi processi accelerano.