Ponte sullo stretto: 18 volte no

Dal blog https://volerelaluna.it/

12-08-2025 – di: Domenico Gattuso

Nonostante l’approvazione del progetto definitivo da parte del CIPESS, il Ponte sullo Stretto di Messina rimane un’ipotesi; il percorso per giungere alla sua realizzazione non sarà privo di ostacoli. Se la procedura di approvazione del progetto esecutivo, a valle, dovesse avere esito positivo (ci vorranno almeno altri due anni), i rischi per la comunità locale e nazionale sarebbero altissimi. Alcuni tra i più rilevanti sono qui richiamati:

1. Il ponte di Messina è fuori scala. Non esiste un ponte sospeso così lungo altrove (3,3 km fra due piloni di estremità); la luce massima di 2 km, con un ponte solo stradale, è del Çanakkale Bridge, in Turchia.

2. Il progetto approvato dal CIPESS è un progetto di massima; esso è una copia riciclata di un progetto del 2011, obsoleto in rapporto all’evoluzione della normativa, della tecnica e dei traffici. È stato oggetto di numerose e serie critiche (report di 500 pagine di osservazioni elaborate da un gruppo di 40 esperti qualificati, note elaborate da Enti locali, 68 raccomandazioni espresse dal Comitato scientifico, 220 osservazioni sollevate nel corso della procedura di valutazione ambientale VIA-VAS). Sono emersi innumerevoli e grandi rischi in rapporto agli impatti ambientali, sociali ed economici.

3. Dal punto di vista strutturale, eminenti esperti di settore hanno evidenziato limiti significativi nel progetto definitivo licenziato (tra gli altri i professori R. Calzona, M. De Miranda, F.M. Mazolani, S. Rizzo, A. Risitano, E. Codacci Pisanelli), ma altri stanno cominciando a esprimere ulteriori perplessità. Tra i fattori critici: il coefficiente di sicurezza statico delle funi portanti (1,35) è alquanto modesto, la configurazione e la resistenza dei cavi non sono adeguati, il sistema di appoggio dei cavi sulle selle è sbagliato, le simulazioni di stabilità statica e dinamica su modello non sarebbero aderenti alla realtà di scenario, uno dei piloni del ponte poggerebbe su una pericolosa faglia. I rischi di errore in sede progettuale non sono dunque di poco conto e non garantirebbero da forme di collasso dell’opera.

4. Si vanta la capacità del ponte di resistere a terremoti di straordinaria intensità in grado di radere al suolo le città sulle due sponde; è assai grave e irresponsabile non prevedere prioritariamente la messa in sicurezza del territorio, per prevenire il rischio di una catastrofe con decine di migliaia di vittime; Reggio e Messina hanno già sperimentato nel 1908 un disastro epocale.

5. Sono pochissimi i ponti sospesi di grandi luci su cui è ammesso il transito di treni; il record attuale è detenuto dal Ponte Tsing Ma (Hong Kong), di appena 1,4 km. Azioni del vento o sollecitazioni sismiche potrebbero dar luogo ad oscillazioni dell’impalcato generando forme di instabilità e rischi di deragliamento di un treno, con effetti gravissimi sull’intero impalcato e sulle persone.

6. Le oscillazioni dell’impalcato non sono escluse nel progetto, al punto che si prefigura uno stop al transito dei veicoli in tali circostanze. Tali azioni purtroppo non danno preavviso e i malcapitati che si trovassero già sul ponte sarebbero soggetti a gravi rischi.

7. Il ponte sarebbe un facile bersaglio da colpire, da parte di terroristi, mafie, attacchi militari nemici; alcune valutazioni sono state fatte circa i costi per garantire la prevenzione e la difesa dell’opera, da parte di esperti militari, e sono alquanto preoccupanti. Nel progetto tali aspetti non sono stati considerati eppure i rischi sono concreti negli scenari geo-politici.

8. Qualcuno asserisce che il ponte potrebbe determinare il decollo economico delle due regioni Sicilia e Calabria, ma non ci sono evidenze né studi autorevoli che suffraghino tale tesi; anzi da più parti autorevoli si afferma che un investimento di 14,6 miliardi di euro sarebbe assai più proficuo se destinato alla realizzazione di opere e servizi diffusi sul territorio. Il rischio di spreco di risorse è notevole. L’assurdo è che per contribuire alla copertura finanziaria del progetto del ponte i governi regionali hanno dirottato quote di risorse significative dai fondi di coesione sociale.

9. Non è affatto vero che il ponte determinerebbe la nascita della città metropolitana dello Stretto. Con i suoi raccordi lunghi e lontani dalla costa il ponte darebbe vita a una sorta di tangenziale. I costi di viaggio (temporali e monetari) fra Reggio e Messina attraversando il ponte sarebbero maggiori di quelli odierni, essendo il pedaggio previsto per i veicoli piuttosto esoso (20-35 euro per un’auto, oltre 120 euro per i TIR) e il tempo di viaggio dal centro di Reggio al centro di Messina in auto o treno risulterebbe superiore a quello oggi possibile con catamarani veloci. Il rischio è che il ponte determini una indesiderata marginalizzazione delle città dello Stretto.

10. Il pedaggio per l’attraversamento del ponte è dell’ordine di 20 euro/km, davvero esagerato se si considera che la tariffa di transito in autostrade italiane è dell’ordine di 10-20 centesimi/km. Il rischio è una penalizzazione dei traffici locali e un’accentuazione della discontinuità territoriale fra le due sponde dello Stretto.

11. Il progetto prevede la totale eliminazione di servizi marittimi, probabilmente nell’intento di accrescere i traffici veicolari sul ponte; ciò significa forzare la gente a passare sul ponte, senza alternativa, ma anche produrre un rischio di isolamento della Sicilia nel caso di chiusura del ponte per cause incidentali diverse. Senza contare l’effetto negativo indotto sulla mobilità locale tra Reggio e Messina (percorso fra i due centri di circa 50 km in treno o autovettura rispetto ai 20 km via mare da pedoni).

12. Le stime di traffico al rialzo previste con il ponte non sono attendibili; infatti il trend dei flussi veicolari attraverso lo Stretto è negativo da decenni. Le merci viaggiano sempre più via mare e i siciliani preferiscono di gran lunga l’aereo, per spostamenti di medio-lungo raggio. Il grado di saturazione dell’infrastruttura nelle ore di punta di un giorno medio, secondo alcune stime effettuate, sarebbe inferiore al 20%. In altri termini, la capacità dell’infrastruttura, con tre corsie per senso di marcia, sarebbe ampiamente sovradimensionata e sproporzionata dal punto di vista tecnico-economico.

13. I potenziali di occupazione prefigurati dai promotori del ponte oscillano fra 100 e 40 mila posti di lavoro. I livelli occupazionali in realtà sarebbero minimi, trattandosi solo di manodopera specializzata ed essendo molte attività affidate alle macchine. Secondo fonti ed esperienze attendibili (lavori per il ponte Çanakkale Bridge in Turchia) sarebbero impiegate circa 4-5 mila unità lavorative e solo per il tempo di realizzazione dell’opera. È rischioso illudere la popolazione locale, per pura propaganda.

14. I promotori del ponte asseriscono che l’ardito ponte potrebbe dare lustro all’ingegneria e attirare milioni di turisti come nel caso della Torre Eiffel o della Statua della Libertà. L’attrattiva turistica andrebbe tuttavia rapportata al contesto metropolitano ed è assai difficile paragonare Parigi o New York all’area dello Stretto, dato che quest’ultima è stata lasciata allo sbando da un secolo di politiche urbanistiche, sociali ed economiche deleterie. Il rischio inoltre è che l’opera sia altamente intrusiva e deturpi un paesaggio unico al mondo.

15. In rapporto ai lavori sulla terraferma, c’è da aspettarsi una modifica nell’assetto del territorio, per realizzare le opere di fondazione dei piloni, le nuove infrastrutture di avvicinamento, con demolizione di case, sventramento di suoli, viabilità di servizio su suoli fragili, opere secondarie di cantiere diffuse, centinaia di camion in movimento anche sulle strade locali. Il rischio in tal caso è che possa essere devastato il territorio dello Stretto e si producano discariche indesiderate in molti comuni limitrofi. A farne le spese saranno ad esempio i famosi laghi di Ganzirri.

16. I costi dell’opera sono stati alquanto mutevoli nel corso degli ultimi tre anni, ma sempre crescenti. Si è giunti a 14,6 miliardi di euro e non c’è ancora il progetto esecutivo; è da attendersi perciò una lievitazione. Ulteriori aumenti sono da attendersi in fase di realizzazione, per imprevisti o alti fattori, secondo prassi tipicamente italiana. Alla fine la cifra potrebbe anche essere raddoppiata.

17. Nel progetto non si prefigura con chiarezza un piano gestionale del ponte. Chi gestirà i proventi dei pedaggi, chi si occuperà della manutenzione, chi sarà responsabile della protezione civile e chi della security rispetto a potenziali attacchi criminali? Questi aspetti non sono trascurabili; e occorre rifuggire da rischi di gestione improvvida affidata a imprese con scopi di lucro, come nel triste caso del ponte Morandi di Genova.

18. Sono migliaia le famiglie che si vedrebbero espropriate delle loro case, qualora il progetto andasse avanti. E non solo in adiacenza al ponte, ma anche in ambiti più lontani; ad esempio a Sud di Messina sarebbero sventrati interi quartieri. In assenza di un progetto esecutivo non si può procedere con gli espropri, intanto però si fa terrorismo nei confronti dei residenti, senza tener conto del rischio di procurare disagio sociale e psicologico a migliaia di persone.

La partita in gioco è particolarmente pesante.

Un territorio tra i più belli al mondo potrebbe essere devastato per l’ambizione e la visione parziale di un ministro e di un ceto politico non lungimirante.

Occorre pertanto non sottovalutare i rischi espressi in questo contributo. Occorre riaffermare l’idea che le risorse vanno spese per apportare vantaggi alla popolazione, in primo luogo all’area metropolitana dello Stretto, e non alle lobby del cemento o della finanza, rispettando l’ambiente e i princìpi del bene comune.

Purtroppo il governo nazionale non sembra dello stesso avviso, avendo assunto l’impegno a pagare una penale dell’ordine di 1,5 miliardi di euro all’impresa di costruzione nel caso in cui l’opera non venga realizzata. Ordinariamente sono le imprese ad essere sottoposte a penali per la mancata o errata realizzazione dell’opera, non l’ente pubblico.

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