Scuole chiuse, speranze spente: l’infanzia negata a Gaza

Dal blog https://comune-info.net

Emilia De Rienzo 05 Settembre 2025

Mentre in Israele si festeggia l’inizio dell’anno scolastico con cerimonie ufficiali e dichiarazioni solenni, a Gaza l’unico suono che accompagna i bambini è quello delle sirene e delle esplosioni. L’ambasciatore statunitense Mike Huckabee, sorridente tra i banchi di una scuola israeliana al confine, ha detto che Israele ha il diritto di difendersi “per proteggere i bambini in tutta la terra di Israele”. Ma chi protegge i bambini e le bambine di Gaza?

Oltre 625.000 bambini a Gaza hanno perso un intero anno scolastico. Circa 45.000 bambini di sei anni non hanno mai iniziato la prima elementare. Il 97 per cento delle scuole è stato danneggiato o distrutto. 39.000 studenti non hanno potuto sostenere gli esami di maturità per due anni consecutivi. Almeno 128 bambini sono morti in attacchi contro scuole usate come rifugi.

Alcune testimonianze spezzano il silenzio, come quella di Sarah, 19 anni. Voleva diventare medico, ora vive in una tenda a Khan Younis, sfollata per la sesta volta. “Non c’è più niente”, dice. I suoi libri sono sotto le macerie, come la sua casa a cinque piani. Maha, 26 anni, sognava di diventare giornalista. Ora dice: “Volevamo studiare, ora vogliamo solo mangiare”.

Queste voci non chiedono pietà, ma riconoscimento. Non sono solo studenti: sono vite sospese, sogni interrotti, infanzie rubate.

Secondo l’UNICEF, oltre un milione di bambini a Gaza ha urgente bisogno di supporto psicologico. Le scuole, che dovrebbero essere luoghi di apprendimento e sicurezza, sono diventate “prima linea di guerra”. La paura è l’unico insegnante, il trauma l’unico compagno di banco.

Le parole dell’ambasciatore Huckabee sono simboliche. Parlare di “difesa dei bambini” ignorando quelli sotto le bombe è una narrazione che costruisce un “noi” degno di protezione e un “loro” sacrificabile. È una retorica che legittima la disumanizzazione. Oltre ai corpi, vogliono distruggere le menti e spegnere le anime. Non è solo morte, è cancellazione. È negare ai bambini palestinesi la possibilità di immaginarsi vivi, di crescere, di sognare.

Ma quando chiediamo pace e giustizia per loro, difendiamo anche i bambini israeliani. Perché anche loro, un giorno, si porteranno dietro il peso di ciò che hanno visto, di ciò che è stato fatto in loro nome. La pace non è solo un diritto dei palestinesi: è una liberazione per tutti. E la giustizia non è vendetta, ma l’unico modo per salvare l’infanzia, da ogni parte del confine.

“Siamo amanti della vita… – ha scritto Mahmoud Darwish – se troviamo ad essa un sentiero”.

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