Albanese: “Il genocidio dei palestinesi va avanti perché produce profitto”

Dal blog https://kritica.it/

Redazione30 Luglio 2025

Il genocidio dei palestinesi non è stato fermato perché genera profitto di troppi e di troppe aziende secondo la relatrice speciale ONU, in Italia per presentare il suo ultimo rapporto.

In questi giorni la Relatrice speciale ONU sulla situazione dei diritti nei Territori occupati, Francesca Albanese, è in Italia per una serie di incontri di presentazione del suo ultimo rapporto sul genocidio dei palestinesi. Alla Camera e al Senato ha tenuto una serie di conferenze stampa, per iniziativa di Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle al Senato e dell’Intergruppo parlamentare per la pace tra Israele e Palestina, presieduto da Stefania Ascari, alla Camera. Riportiamo qui il testo della sua relazione ai giornalisti alla Conferenza stampa alla camera del 29 luglio.

Presentare questo rapporto in qualche minuto non è impresa facile, questa è l’inchiesta più difficile che abbia mai fatto ed è interessante capire che dico questo dopo aver scritto altri due rapporti che hanno documentato il genocidio in corso. Lo dico perché finalmente ho capito come mai questo genocidio, così come l’occupazione che l’ha generato e l’ha sostenuto, non si sia ancora fermato e sia rimasto impunito.
Perché oltre all’ideologia che ha sostenuto l’impunità di Israele per oltre 60 anni, per 57 anni – in quel po’ che rimane della Palestina storica, la striscia di Gaza, Gerusalemme, Gerusalemme Est, la Cisgiordania, appunto – non è soltanto ideologia, ciò che c’è dietro è anche profitto, di troppi e di troppe aziende. Parte del rapporto che ho scritto si basa su sei mesi d’inchiesta in cui
ho documentato e messo insieme una banca dati che che comprende circa mille entità; non sono soltanto aziende, sono aziende che producono armamenti, beni e servizi, aziende di trasporto, aziende di turismo, ma sono anche università, enti finanziari, banche, fondi pensione, organizzazioni non governative, associazioni caritatevoli a scopi religiosi e non. Quindi sono finiti nel calderone, alla fine, tutti gli enti non pubblici, ma ci sono chiaramente anche enti a partecipazione statale, nell’attenzione che il rapporto porta su un’azienda come l’ENI o sul fondo pensione norvegese.

Tutta questa compagine sostiene i due pilastri dell’occupazione israeliana, che consistono di sfollamento e sostituzione. In che modo Israele ha utilizzato il settore privato per sfollare i palestinesi? Attraverso le armi. Le armi sono la prima voce di di utilizzo di beni prodotti da aziende israeliane e internazionali, ancora una volta – tra cui la Leonardo –, che sono state utilizzate per proprio per creare un vuoto [di persone]. Un vuoto che poi è stato accompagnato dal vuoto [di terra] ndr) fatto dall’utilizzo di imprese di macchine e macchinari da costruzione – chiaramente per la distruzione, in questo caso – che hanno abbattuto case, estirpato ulivi e tutto quello che era necessario alla sopravvivenza dei palestinesi, in quasi il 60% della Cisgiordania e Gerusalemme Est.

Sorvegliare e umiliare

L’altro elemento in cui il settore privato si è messo a disposizione dell’occupazione israeliana è quello della sorveglianza. Quante università, quanti centri di ricerca hanno condotto per anni collaborazioni e partenariati con l’industria israeliana, per mettere appunto le più sofisticate tecniche di sorveglianza?

I palestinesi sono stati il bacino su cui sperimentare tutte queste tecniche. Una volta sfollati, i palestinesi sono stati sostituiti e le imprese di costruzione, anche di reti idriche, strade, reti ferroviarie, sono state utilizzate per ripopolare la terra che era stata tolta e che continua ad essere tolta ai palestinesi.

E vedete, non c’è niente di neutro in tutto questo, ma soprattutto non si può più guardare – questo è uno degli elementi chiave del rapporto – all’occupazione e alle colonie come dissociate rispetto all’entità di Israele in quanto Stato. Le colonie servono come estensione dello Stato, così le strade, così le ferrovie, così le reti idriche che utilizzano dopo averle depredate [ai palestinesi].

Utilizzano le risorse delle comunità palestinesi dopo averle depredate, come l’acqua, o le estrazioni minerarie o le giacenze di idrocarburi.

Questo rapporto avrebbe potuto essere scritto 10 anni fa. Le imprese di cui parlo sono state tutte messe in mora. Ne ho nominate 48, perché sono le 48 che, assieme a controllate e controllanti, servono a illustrare il il quadro di questa occupazione. Una volta messe in mora, non solo da me, ma da altri che hanno operato questo tipo di scrutinio anche se in maniera più settoriale, queste aziende non solo non si sono sottratte al coinvolgimento con l’illegalità dell’operazione e dell’occupazione israeliana, ma hanno continuato a sostenerla e a trarne profitto. Pensate ad aziende come la Volvo, la Hyundai e la Caterpillar, che hanno fornito veicoli che sono serviti a distruggere villaggi palestinesi, oppure a collegare le colonie, oppure a deportare i prigionieri palestinesi dal territorio occupato in in Israele.

Da economia dell’occupazione a economia del genocidio

Dopo ottobre 2023, questi macchinari hanno continuato ad essere utilizzati  rendere lo stesso servizio su Gaza. E sono proprio le macchine della Volvo, della Hyundai e della Caterpillar che stanno aiutando la polverizzazione di ciò che rimane di di Gaza. Ma pensate alle Big Tech, a tutto il servizio di tecnologia fornito da Google, Microsoft e Amazon, che è servito fondamentalmente a individuare le residenze e le abitudini quotidiane di tutti i palestinesi che sono stati ammazzati a Gaza. Non sono stati ammazzati perché danni collaterali o perché scudi umani, come si inventa qualcuno, ma proprio per delibera. E ci sono progetti e dei piani che ormai sono stati esposti. Se non ci fossero state le banche a dare sostegno all’economia israeliana in crisi, a vendere i bond dello Stato israeliano, a continuare a impacchettare le azioni di qualsiasi impresa, di qualsiasi startup israeliana, in pacchetti di azioni nei quali poi investiamo praticamente tutti, Israele non avrebbe avuto i mezzi per fare quello che ha fatto. Per questo dico che sono passati da un’economia di di occupazione a un’economia di genocidio il cui valore è stimabile. Dall’ottobre del 2023 al maggio del 2025 la borsa valori di Tel Aviv è cresciuta, il valore della borsa valori di Tel Aviv si è triplicato. Hanno ammassato 220 miliardi di dollari, mentre l’economia degli individui israeliani va a picco. Ecco, questo ci dà un po’ la misura della gravità della situazione.

Tutto ciò avviene, chiaramente, in violazione del diritto internazionale. Sbagliano le imprese che dicono “Ah, ma noi ci limitiamo a offrire questi servizi e questi beni allo Stato”. Non si commercia, non si compra e non si vende a uno Stato che è accusato di crimini di guerra, di crimini contro l’umanità e di genocidio, soprattutto perché mantiene un’occupazione illegale che la Corte di giustizia internazionale ha detto deve essere smantellata.

Che ci siano obblighi delle imprese, che le imprese come la Leonardo siano chiaramente in violazione del diritto internazionale – e penso sia arrivato il momento di portare i suoi dirigenti dinanzi a un tribunale – non esclude, tuttavia, che la responsabilità principale sia in capo agli Stati. L’Italia è in una posizione di grave violazione del diritto internazionale, in quanto non solo non ha adempiuto agli obblighi di prevenzione del genocidio che le competevano, ma ha anche continuato a fornire servizi per operazioni militari. E questo è gravissimo. Ma soprattutto, hanno continuato a dare supporto politico, e questo mi rattrista moltissimo, in quanto italiana che ricopre questa funzione.

Mi rattrista vedere che l’Italia, attraverso il suo governo, oggi si spende per denigrare l’unico processo politico che ha portato a un accordo negli ultimi 35 anni, che è quello su due Stati – e non lo dico perché penso che quella sia l’unica soluzione politica possibile –, è molto triste che, a fronte di un genocidio, si dica che il popolo palestinese non ha la possibilità di avere uno Stato, ma soprattutto mi rattrista vedere un’Italia che si batte così ardentemente in seno all’Unione europea per mantenere in vita quella disgrazia che è l’accordo d’associazione tra l’Unione europea e Israele.

Redazione

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