A chi fa gola Firenze?

Dal blog https://jacobinitalia.it

Tommaso Chiti 26 Settembre 2025

Speculazione, turistificazione, cancellazione degli spazi comuni e protagonismo di fondi e grandi gruppi: come muore la città pubblica

La città che ha ospitato negli scorsi giorni la quarta edizione della Scuola Giacobina ha visto arrivare a Firenze partecipanti da diverse altre zone della penisola per seguire le numerose lezioni in programma e assistere alla presentazione del nuovo numero della rivista, dedicato alla casa.

Proprio il capoluogo toscano è di recente salito sul podio delle città più care di tutta Italia, aggiudicandosi un triste terzo posto almeno per quanto riguarda gli affitti, addirittura prima di Roma e preceduto soltanto da Milano e Bologna in quanto ad aumento dei costi sul mercato immobiliare. 

L’ultimo rapporto dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate attesta per il secondo trimestre 2025 la crescita di locazioni e canoni in particolare per affitti transitori, con un incremento di spesa annua pari al 5,3%. In questo quadro i canoni regionali medi registrano in Toscana un costo di 19,2 euro al metro quadro subito dietro a Valle d’Aosta e Lombardia; mentre fra i capoluoghi Firenze registra un ulteriore rialzo di 1,7% sull’anno precedente, che arriva ad assorbire oltre la metà del reddito medio disponibile per un lavoratore dipendente.

Da una panoramica delle principali agenzie e siti web dedicati è facile notare che, a prescindere dal quartiere più o meno in voga, per chi vuole invece acquistare un’abitazione è quasi impossibile oggi trovare nel comune fiorentino qualcosa di abitabile a meno di 3500 euro al metro quadro. E per dare l’impressione di venire incontro alla classe lavoratrice sempre più vessata dal carovita inarrestabile, si rispolverano scantinati e soffitte, si arredano pertinenze e magazzini di dubbio accatastamento, cercando di fare posto a chi con il proprio stipendio o contratto non riesce a sostenere costi così elevati, ma più spesso indirizzati a chi cerca di spremere ancora di più la speculazione, investendo in un pied-a-terre da mettere a rendita per affitti brevi, spesso brevissimi tramite piattaforme come Airbnb.

L’insostenibile spirale costi-salari, che risente dell’allargamento della forbice fra il valore di un immobile e il suo prezzo di mercato, è secondo molti ampiamente dopata dalla massiccia trasformazione di abitazioni residenziali in locazioni turistiche, fino a creare una bolla proprio per la contrazione dell’offerta a fronte di una domanda abbastanza invariata.

Sembra infatti trascorsa un’epoca dall’horror vacui, in cui nel 2020-2021 la città piangeva la scomparsa di turisti, studenti e visitatori in genere per le restrizioni anti-pandemiche, che avevano in qualche modo arrestato la giostra immobiliare, ripartita con una forte propulsione negli ultimi anni, tanto da trasformare il centro storico in una sorta di Disneyland, spesso inaccessibile alla cittadinanza anche solo per un pasto frugale.

Un precipitato diretto di questa tendenza si vede anche nel numero di residenti che, secondo la rielaborazione del servizio Demo di Istat, ha visto la popolazione municipale passare in meno di dieci anni dal picco di 380.948 del 2017 a circa 362.353 nel 2025, con oltre 18.500 persone che hanno abbandonato Firenze, in un’emorragia costante, che più di recente ha subito un’accelerazione anche per la fuga dai centri abitati dopo la cattività pandemica e un certo ricorso allo smart-working, seppur molto marginale a confronto con altri paesi europei.

Ben più significativo nell’allontanamento dei residenti è infatti l’impatto della speculazione immobiliare e la propensione a campare di rendita, che ha visto anche piccoli proprietari lasciare l’abitazione in mano a gruppi sempre più voraci di patrimonio edilizio, in una sorta di land-grabbing del cemento, che di certo non risparmia dall’edificazione neppure aree vergini.

Mercato immobiliare e scandali urbanistici

In una delle sue pubblicazioni sulla rivista La Città Invisibile promossa dall’associazione Perunaltracittà, la direttrice responsabile Francesca Conti, dottoranda in studi urbani e territoriali a La Sapienza di Roma e attivista di lungo corso a Firenze, spiega questo fenomeno di «rigenerazione urbana» soltanto di facciata, mentre le numerose alienazioni del patrimonio pubblico vengono in realtà destinate al profitto di grandi fondi finanziari, che con lo scoppio della bolla dei mutui subprime e la crisi immobiliare del 2008 continuano ad accaparrarsi edifici di pregio in dismissione. 

La lista sul territorio di Firenze è lunga, se si pensa ad esempio all’ex caserma Vittorio Veneto di costa San Giorgio, l’ex Manifattura Tabacchi, l’ex Ospedale Militare di via San Gallo e il Palazzo Vivarelli Colonna in via Ghibellina, in larga parte accomunati anche dal ruolo di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) come intermediario finanziario nelle transazioni, dall’alienazione alla rivendita sul mercato.

A tenere banco negli ultimi mesi è il caso della dismissione dell’ex Teatro Comunale, al centro di un’indagine della Procura di Firenze per accertare eventuali responsabilità tecniche rispetto alla violazione delle normative urbanistiche, oltre ai ruoli di Sovrintendenza e commissione paesaggio, anche per la recente realizzazione di una torre a forma di cubo, che sovrasta addirittura la cupola di Brunelleschi nello skyline del Lungarno. «Non si tratta qui di una questione estetica – dichiara Conti – il tema non è se la costruzione sia bella o brutta, ma il fatto politico: se un teatro con una certa funzione pubblica possa diventare oggetto di profitto privato con la realizzazione di appartamenti di lusso».

L’intera operazione di vendita, voluta dall’allora sindaco Matteo Renzi, per un valore di oltre 40 milioni di euro, poi dopo numerose aste andate deserte ridotto a quasi la metà al momento dell’acquisto da parte di Cdp, rappresenta il paradigma di interventi speculativi con l’effetto di ribasso del costo dei complessi immobiliari, per favorire acquisizioni convenienti per i grandi fondi finanziari. In questo modo è facile prevedere l’attrazione di acquirenti anche aumentando la quota di residenze di pregio ed eliminando invece la funzione pubblica prevalente, o destinata ad alloggi Erp (Edilizia residenziale pubblica) e a canone calmierato. Nel caso dell’ex Teatro Comunale la prima società acquirente prevedeva infatti la realizzazione di 120 appartamenti di lusso con ampi margini di profitto, se si considera l’acquisto per circa 1.400 euro al metro quadro, poi rivenduti a circa 8.000 euro al metro quadro. Soltanto nel 2020 però la travagliata vicenda dell’ex-teatro sembra arrivare a conclusione con la cessione della proprietà a una joint venture tra Blue Noble e Hines. Quest’ultima già protagonista dell’acquisizione di palazzo Minerbetti in via Tornabuoni a Firenze, oltre alla partecipazione in uno dei discussi ed esclusivi student-hotel da 500 posti letto nell’area dell’ex Manifattura Tabacchi, il cui responsabile del tempo, Manfredi Catella è fra gli immobiliaristi coinvolti nelle indagini che in questi mesi stanno scuotendo la città di Milano, ripropone quell’intreccio fra mondo finanziario, speculazione immobiliare e legami politici.

Altro caso esemplare dell’intreccio speculativo è stato nel 2016 il ricorso al Tar vinto dal sindacalista Cobas, Giuseppe Cazzato in seguito all’alienazione – giudicata poi illegittima con sentenza definitiva del CdS nel 2023 – di 14 alloggi popolari in via de’ Pepi, inseriti dal Comune di Firenze in un pacchetto più grande di 47 unità conferite al Fondo i3Core Sviluppo Italia 8-ter per appena un terzo del valore di stima complessivo, pari a poco più di 3 milioni di euro.

Più in generale, attraverso lo studio di un rapporto del gruppo Colliers sulle previsioni di investimento, Conti fotografa dal confronto sui settori immobiliari la differenza fra il peso dell’edilizia residenziale in Europa (21%) rispetto a quello in Italia (5%) dei volumi edificati. La stessa sensazione di «assalto finanziario alle città» emerge anche se si considerano altri tipi di destinazioni, come quelle del settore immobiliare per il commercio – 18% del totale edificato in media in Europa contro il 40% in Italia – e di edilizia ricettivo-turistica – pari al 10% europeo rispetto al 19,3% in Italia.

A questo proposito una pubblicazione Ipsos di quest’estate ha evidenziato «un clima di crescente frustrazione tra i residenti di Firenze per un mercato immobiliare strangolato dagli affitti brevi» che nell’opinione pubblica locale è responsabile di aggravare la crisi degli alloggi, con il 59% degli intervistati che vede l’overtourism – ovvero un fenomeno di affluenza turistica travolgente – come un problema concreto, insostenibile anche per lo scarso potenziale del settore nella redistribuzione di ricchezza, che si concentra nelle grandi catene, mentre la classe lavoratrice resta precaria e sottopagata, tanto che «i guadagni sono per pochi e i costi sono invece per la collettività in classico stile capitalista». In quest’ottica si spiega quindi anche la fuga massiva che ha riguardato il capoluogo toscano nel nuovo millennio, che Conti conferma essere di proporzioni significative se si considera che «la città ha perso circa 140.000 abitanti tra il 2000 e il 2020, con il solo Quartiere 1 che ha perso oltre 30.000 residenti a partire dal 1999».

Proprio a quel periodo di inizio del nuovo millennio viene attribuito uno degli ultimi progetti virtuosi di riqualificazione del patrimonio storico a Firenze, con il recupero dell’ex complesso carcerario de Le Murate in un polo multifunzionale con criteri di efficienza energetica e la valorizzazione di aree culturali, edifici di pregio architettonico, combinati con 90 alloggi Erp, di cui diciassette consegnati nel 2018. Di lì a poco la crescente spinta alla trasformazione ricettiva, che aveva «turistificato» gran parte del centro cittadino, avrebbe mostrato con la pandemia e il blocco degli spostamenti tutti i limiti di una rendita di tipo speculativo, tanto da far meditare all’assessorato guidato da Cecilia del Re la fine delle concessioni per locazioni turistiche, così da ripopolare aree rimaste semi-deserte. 

Sempre in quegli anni il laboratorio di studi di «Per Un’Altra Città» aveva inaugurato un filone di inchiesta per chiedersi A chi fa gola Firenze? studiando come società multinazionali, holding finanziarie e immobiliari, fondi pensione, banche e assicurazioni avevano adattato i propri investimenti, trovando nel modello nord-europeo delle residenze particolari – come lo «student housing» o il «senior housing» – uno stratagemma per evitare i nuovi limiti decisi dall’amministrazione locale e aprendo la stagione degli «student hotel», sedicenti studentati di fatto senza particolari convenzioni o requisiti legati alla categoria, ma strutture ricettive di pregio con tanto di suites, registrate però a destinazione d’uso «direzionale» semplicemente per alcuni elementi come le aree comuni o i servizi annessi, che proprio l’omonimo gruppo olandese ha inaugurato in viale Lavagnini, arrivando poi a realizzare tre degli undici edifici di questo tipo attualmente in città. «Si tratta di nuovo mercato immobiliare in rapida espansione, quello degli pseudo-studentati, con ampi margini di remunerazione dei capitali investiti – viene spiegato nella scheda illustrativa del dossier – anche mediante interventi, che di fatto eludono la domanda sociale di residenze a costi contenuti per famiglie, giovani coppie, immigrati, studenti fuori sede, soggetti tutti destinati ad assurgere al ruolo di spettatori degli altrui fasti».

A fronte di un ruolo istituzionale del tutto marginale nella pianificazione urbanistica cittadina, che predilige il laissez-faire alla pianificazione democratica e al controllo pubblico, fino a portare alla saturazione alberghiera, viene così lasciato campo libero a costruttori e grandi gruppi immobiliari legati all’alta finanza, fra i quali non mancano nomi eccellenti come la società finanziaria BlackStone, i magnati cinesi del cemento della Ldc (Luxury, Dreams & Culture), passando dagli americani della Colony Capital di Tom Barrak – finanziatore della campagna elettorale di Trump –, Hines e Lionstone Development degli argentini Lowenstein, fino al Fondo sovrano del Qatar e al colosso sudafricano Leeu Collection.

«È l’ultima fase del capitale, quella del capitalismo finanziario che si abbatte prepotentemente sulle nostre vite, addirittura agevolato dalle istituzioni che eleggiamo, spesso con il pretesto di esigenze di bilancio – dichiara Conti – nonostante poi simili alienazioni non valorizzino davvero il patrimonio, ma si risolvano in una svendita, che del resto rappresenta come ‘real estate’ un porto sicuro per gli asset dei grandi fondi speculativi, soprattutto nel contesto attuale di dazi commerciali e crisi di interi comparti industriali».

Nelle sue ricerche su quanto «i fondi d’investimento stiano ridisegnando il futuro urbano», Conti infatti evidenzia come «la casa non è più vista solo come la risposta a un bisogno abitativo, ma come uno strumento per fare speculazione» con conseguenze che vanno «dall’espulsione dei residenti a causa della crescita spropositata dei prezzi dell’abitare alla privatizzazione che impoverisce il patrimonio collettivo e riduce la capacità delle amministrazioni di garantire servizi essenziali ai cittadini». In questo senso vale la pena ricordare il tentativo pre-elettorale della precedente amministrazione comunale, promotrice di uno stop a locazioni turistiche brevi, poi demandato a un regolamento che ha visto la luce solo a fine maggio del 2025 e solo per l’area di interesse Unesco, con un «effetto perverso – come spiega Conti – di corsa al reperimento dei codici identificativi (Cin) per strutture ricettive; e poi di espansione della speculazione anche al di fuori delle mura storiche, ad esempio in zone come San Jacopino o piazza Savonarola, o della Libertà». A dispetto di altre città metropolitane come Berlino o Barcellona, dove sono state portate avanti campagne per la riappropriazione degli spazi abitabili urbani, la fase post-pandemica nel capoluogo toscano ha visto nel primato di piattaforme digitali come Airbnb un ulteriore acceleratore delle politiche di marketing territoriale «nella città che tutto attrae e tutto congestiona», di pari passo con la concentrazione dei profitti in modo iniquo, anche per il ruolo delle società di gestione, a cui anche piccoli affittuari si affidano.

«Il quadro che emerge è quello di città sempre più diseguali, dove il diritto alla casa e a una vita dignitosa viene sacrificato sull’altare della speculazione finanziaria, creando un futuro urbano esclusivo e profondamente ingiusto». E a tenere banco nella discussione sulle prospettive di sviluppo metropolitano anche in termini economici e urbanistici «oltre all’assenza di un freno politico a questa deriva, resta il progetto di ampliamento dell’aeroporto di Peretola», al centro di contraddizioni nella maggioranza a sostegno della ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, di osservazioni tecniche alla procedura di Via e di annose contestazioni popolari.

Emergenza abitativa e diritto alla casa

Il precipitato di questa deriva speculativa è ancora più evidente nella crescente emergenza abitativa che attivisti come Sandro Targetti della Rete Antisfratto dell’Area Fiorentina (Raf) cercano di fronteggiare in condizioni di impoverimento materiale e repressione del dissenso sempre più critiche.

La Raf coinvolge componenti dello storico Movimento di lotta per la Casa, insieme a Resistenza Casa Sportello Solidale, il Gruppo Casa di Campi Bisenzio, l’Associazione Solidarietà e Alternativa, così come il sindacalismo di base e l’associazionismo diffuso, come Unione Inquilini, Fuori Binario e Anelli Mancanti, «con l’intento di avvicinare soprattutto le persone che vivono il problema casa e lottano per questo diritto», mediante sportelli di ascolto, orientamento alle misure di supporto attivate dalle istituzioni e l’organizzazione di iniziative e presidi anti-sfratto.

Targetti spiega che nell’area metropolitana fiorentina si parla di circa 120 sfratti ogni mese per un totale di 2.400 esecuzioni solo nel 2024, con 45 mila famiglie che soffrono condizioni di disagio abitativo, di cui poco meno della metà nel territorio del comune di Firenze, a fronte di quasi 800 alloggi Erp vuoti in attesa di messa a norma e migliaia di edifici pubblici e privati dismessi o abbandonati.

La maggior parte degli sfratti, circa il 95% sono dovuti alla morosità incolpevole, cioè la perdita di capacità economica per poter pagare l’affitto, circostanza che per la rete antisfratto rende particolarmente importante l’affiliazione della rete alle Brigate di Solidarietà Attiva (Bsa), dotate di personalità giuridica utile a interfacciarsi a livello istituzionale «per accompagnare le persone presso i servizi sociali e gli enti locali, così da gestire la trattativa nei confronti delle controparti, anche presentando ricorsi e organizzando il mutuo soccorso ad esempio per quello che riguarda il mobilio».

Intanto un recente rapporto la Rete Antisfratto dell’Area Fiorentina denuncia l’aggravarsi del disagio abitativo con l’incremento delle sentenze di sfratto eseguite in larga parte con la forza pubblica, parallelamente all’aumento delle famiglie in difficoltà «parcheggiate per anni nelle liste dei Comuni per l’assegnazione di un alloggio Erp», come afferma Sandro, che da questo punto di vista ribadisce che «i Comuni magari fanno i bandi ma non si preoccupano di aumentare in maniera adeguata il patrimonio residenziale per rispondere a questo bisogno di casa drammaticamente cresciuto […] anche perché a livello governativo non è mai stato predisposto un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica e, a livello regionale, pur con mezzi più limitati, manca un piano autonomo per aumentare la disponibilità di alloggi, a partire dal blocco dei cambi di destinazione diversi da residenziale e attività sociali».

Fra le misure attivate principalmente dagli enti locali «c’è un po’ poco di tutto, prevalentemente assegni di contributo all’affitto, mentre servirebbe una dotazione comunale di alloggi d’emergenza» ci fa sapere Targetti con una disamina di quanto preveda la legge regionale (n.2 del 2019) in materia di Edilizia Residenziale Pubblica, che stabilisce modalità e tempi per l’indizione di bandi, la pubblicazione di graduatorie, l’assegnazione di alloggi popolari ed Erp. «Negli ultimi anni la legge regionale è stata modificata, subendo una brutta tendenza ‘leghista’, soprattutto nei criteri di assegnazione dei punteggi, cioè privilegiando la storicità di presenza sul territorio e nella graduatoria Erp, riducendo i punti attribuiti allo sfratto e alla situazione reale delle persone e delle famiglie». Una piega che va di pari passo con la riduzione degli spazi da assegnare, il rallentamento delle procedure di mobilità fra alloggi, il crescente sovraffollamento e la presenza di barriere architettoniche.

Al contrario secondo la Rete Antisfratto fiorentina «occorre, ad esempio, inserire la violenza di genere nei criteri di assegnazione dei punteggi, sia nelle graduatorie Erp, sia nell’emergenza abitativa, da riconoscere in modo tempestivo con l’utilizzo autorizzato», oltre allo sviluppo di un Piano di riutilizzo-riconversione del patrimonio pubblico dismesso, che consenta di non consumare ulteriore suolo. Altrettanto prioritari sono gli interventi sul patrimonio edilizio privato sfitto con patti territoriali per affitti calmierati, come per gli accordi cosiddetti «Comune garante» o altri tipi di incentivi, senza escludere però anche la possibile requisizione in casi estremi come previsto dal Codice Civile, come avvenuto in passato per opera del sindaco democristiano Giorgio La Pira.

Fra le altre categorie che ingrossano sempre più le fila dell’emergenza abitativa c’è anche quella «zona grigia», fatta di persone con redditi superiori alla soglia di assegnazione di case popolari, ma inferiori per fronteggiare i prezzi di mercato. Almeno nei proclami istituzionali questa sembra la principale destinataria di interventi pubblici mirati a calmierare i prezzi, con 20 mila alloggi promessi a livello metropolitano negli anni scorsi, poi caduti nel dimenticatoio, nonostante il ridotto cabotaggio di una misura simile. «In realtà molte persone vengono lasciate dalle autorità senza soluzione o con provvedimenti solo temporanei, come per l’albergo popolare, in cui la permanenza è estendibile a pochi mesi – prosegue Targetti – mentre serve con urgenza il riutilizzo del patrimonio esistente da destinare ad abitazioni residenziali, sottraendolo alla speculazione immobiliare».

A pesare nel capoluogo toscano sono anche le condizioni di contesto, come l’azzeramento del fondo per morosità incolpevole per la parte di trasferimenti nazionali agli enti locali, che il governo Meloni ha deciso di cancellare, a fronte di un disagio abitativo crescente. E per non essere tacciati di noncuranza verso questa situazione, i «fratelli di Giorgia» hanno pensato di rimpinguare di ulteriori misure repressive il cosiddetto Ddl Sicurezza, inasprendo le pene per chi occupa illegalmente abitazioni anche abbandonate. 

E a pesare ulteriormente a Firenze è anche la recente scomparsa di una delle figure più attive e di riferimento del Movimento di Lotta per la Casa, come Marzia Mecocci, a cui la rete ha dedicato l’ultima pubblicazione insieme a coloro «che vivono nelle lotte per il diritto alla casa, per le quali si sono impegnati con tenacia e generosità», a cui ci uniamo per un omaggio alla memoria.

*Tommaso Chiti attivista del Gruppo di lettura jacobino della Piana toscana, è laureato in Studi europei alla facoltà di Scienze Politiche Cesare Alfieri dell’Università di Firenze. 

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