I pacificatori di cartapesta: piani, numeri e complicità nel massacro di Gaza

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Mario Sommella 08/10/2025

Donald Trump ha presentato il suo “piano in 20 punti” come la svolta storica per “la pace in Medio Oriente”, con toni trionfalistici accanto a Benjamin Netanyahu: “giorno storico”, “potenzialmente uno dei più grandi nella storia della civiltà”. Dietro la retorica, però, c’è un impianto che consolida il controllo israeliano e commissaria i palestinesi, mentre sul terreno continuano bombardamenti, fame e trasferimenti forzati. Lo diciamo con chiarezza: chi promette la pace mentre impone fame e ferro sta vendendo un’illusione.

Il punto di partenza sono i fatti. A due anni dall’inizio dell’offensiva israeliana, le autorità sanitarie di Gaza registrano oltre 67.000 morti e 169.000 feriti, con una quota altissima di donne e bambini; le macerie coprono città, scuole e ospedali, mentre l’insicurezza alimentare estrema e la malnutrizione dilagano. Anche le stime accademiche sulle “morti indirette” indicano che il bilancio reale potrebbe essere molto più alto nel tempo. Non è propaganda: è il quadro delineato da agenzie ONU, organizzazioni sanitarie e grandi testate internazionali.

Che cosa prevede davvero il piano Trump

Il cuore della proposta è una governance “tecnocratica e apolitica” per Gaza: un comitato palestinese affiancato da “esperti internazionali”, vigilato da un nuovo organismo transitorio – chiamato “Board/Consiglio della Pace” – presieduto da Donald J. Trump, con figure come Tony Blair tra i membri. È prevista inoltre una Forza Internazionale di Stabilizzazione (ISF) che subentrerebbe progressivamente all’IDF, addestrando una polizia “selezionata”. Ricostruzione e investimenti con “zona economica speciale” completano il quadro. Tutto suona moderno; in realtà significa spostare il potere decisionale fuori dalla volontà del popolo palestinese, prolungando il controllo militare e amministrativo esterno.

Non è un incidente che il piano sia imbevuto di blairismo 2.0: governance “efficiente”, attrazione di capitali, riforme della PA palestinese… senza però riconoscere un percorso credibile verso l’autodeterminazione. Persino analisi istituzionali occidentali segnalano ambiguità strutturali: chi nomina il comitato? con quale legittimazione? quali limiti alla forza di “stabilizzazione”? come e quando finisce il “commissariamento”? Sono domande politiche, non tecniche.

Intanto, la Cisgiordania diventa Gaza

Mentre si parla di “pace”, sul terreno procede la trasformazione della Cisgiordania: espansione degli insediamenti, violenze di coloni protetti dall’esercito, operazioni militari ripetute, frammentazione amministrativa delle aree ancora in mano all’Autorità Palestinese. Un’offensiva a tenaglia che mira a rendere irreversibile il controllo israeliano sull’intero territorio.

I numeri della catastrofe umanitaria

Oltre ai morti per bombe e proiettili, la fame uccide. OMS e UNICEF documentano un aumento vertiginoso della malnutrizione infantile: migliaia di bimbi sotto i 5 anni in cura per malnutrizione acuta ogni mese; reparti neonatali senza attrezzature, neonati che condividono l’ossigeno, ospedali al collasso. Le interruzioni prolungate degli aiuti umanitari hanno spinto interi distretti verso la soglia della carestia. Non è un “effetto collaterale”: è una politica di strangolamento che le organizzazioni per i diritti umani hanno definito uso della fame come arma di guerra.

Sul piano giuridico, la Corte Internazionale di Giustizia ha imposto misure provvisorie a Israele per prevenire atti riconducibili al genocidio e assicurare l’accesso degli aiuti; la Relatrice speciale ONU Francesca Albanese ha parlato esplicitamente di “genocidio”, poi di “economia del genocidio”. Il diritto internazionale non è un optional da conferenza stampa: o si applica a tutti, o diventa una foglia di fico.

La “pace” che criminalizza la solidarietà

Mentre si vendono piani patinati, attivisti e attiviste che tentano di portare aiuti vengono intercettati e detenuti. La Global Sumud Flotilla – con centinaia di partecipanti da tutto il mondo – è stata fermata, tra denunce di abusi e intimidazioni. Anche qui: la retorica della “pace” cozza con la criminalizzazione della solidarietà.

L’Italia dentro la macchina bellica: cosa dice la legge 94/2005

C’è un punto che nel nostro Paese dovrebbe essere ormai al centro della mobilitazione: la Legge 17 maggio 2005, n. 94, che ratifica il Memorandum d’intesa Italia–Israele in materia di cooperazione militare e difesa (siglato a Parigi nel 2003). Non è un dettaglio tecnico: quel MoU prevede cooperazione su addestramento, esercitazioni, scambio di dati tecnici (anche riservati), ricerca e produzione industriale, visite di unità militari, facilitazioni per licenze e offerte nel settore della difesa. È l’infrastruttura legale che normalizza l’intreccio tra le nostre forze armate/industria e l’apparato militare israeliano. Abrogarla significa sottrarre risorse, know-how e legittimità a una macchina di guerra che oggi devasta Gaza e soffoca la Cisgiordania.

Il nuovo tassello: il centro globale F-35 a Trapani-Birgi

La spirale non si ferma: Trapani-Birgi diventerà il primo centro internazionale di addestramento per piloti F-35 fuori dagli Stati Uniti, “gemello” della Luke Air Force Base in Arizona. Un’infrastruttura che consolida il ruolo dell’Italia nell’ecosistema della guerra aerea di quinta generazione, con ricadute industriali e di immagine ma anche con un messaggio politico preciso: qui si forma il personale che volerà sugli stessi caccia usati nelle campagne di bombardamento, inclusa quella che sta devastando Gaza.

Cosa non c’è nel piano Trump (e perché non può funzionare)

Manca la fine dell’occupazione e il riconoscimento pieno dell’autodeterminazione palestinese. Manca una garanzia di accountability per crimini e violazioni. Manca una roadmap credibile per rimuovere blocchi, smantellare colonie, restituire terra e diritti. In compenso c’è un’architettura di commissariamento che “stabilizza” l’ingiustizia e un marketing della ricostruzione che promette investimenti senza potere politico reale ai diretti interessati. Anche think tank occidentali che analizzano il testo segnalano ambiguità letali e un disegno calibrato sulle esigenze israeliane più che su quelle del popolo palestinese.

Da che parte stare (con cose concrete da fare)

Stare “con i più deboli” oggi significa parole chiare e obiettivi pratici:
• Abrogare la Legge 94/2005 e sospendere ogni forma di cooperazione militare con Israele, a partire da esercitazioni, scambi di dati tecnici e co-sviluppo/forniture dual-use.
• Stop al polo F-35 di Trapani-Birgi: nessuna “scuola” per piloti di velivoli impiegati in guerre di annientamento.
• Embargo sulle armi verso Israele, in linea con gli obblighi derivanti dalle misure provvisorie della CIJ e dal Trattato sul commercio delle armi.
• Corridoi umanitari permanenti e pieno accesso degli aiuti; ripristino dei servizi essenziali per l’infanzia (sanità, acqua, alimentazione, scuola).
• Riconoscimento del diritto palestinese all’autodeterminazione, fine dei trasferimenti forzati e stop alle colonie in Cisgiordania.

Non servono “pacificatori” che recitano copioni: serve giustizia. Senza giustizia – lo sappiamo bene – non ci sarà pace, ma solo pausa tra una devastazione e l’altra. E la giustizia, qui, ha nomi precisi: cessate il fuoco permanente, fine dell’assedio, ritorno dei prigionieri e degli ostaggi, responsabilità per i crimini commessi, autodeterminazione reale per il popolo palestinese.

Sitografia essenziale
• Testo e analisi del piano in 20 punti (governance tecnocratica, ISF, “Board/Consiglio della Pace”, ruolo di Trump/Blair): PBS; Reuters; ECFR; Carnegie; Chatham House; The Independent.
• Dichiarazioni di Trump con Netanyahu (“giorno storico”, “potenzialmente uno dei più grandi…”): Times of Israel; The Economist.
• Bilancio vittime e devastazione a Gaza: Reuters; Washington Post.
• Malnutrizione e collasso sanitario (UNICEF/OMS) e blocco degli aiuti: UNICEF (sitrep e comunicati); WHO; OCHA.
• Stime su morti indirette (modelli epidemiologici): The Lancet (riassunti e analisi).
• Cisgiordania sotto attacco: Washington Post; Washington Institute.
• ICJ misure provvisorie e dossier legali; Relatrice speciale ONU Francesca Albanese (“Anatomy of a Genocide”; “Economy of Genocide”).
• Legge 94/2005 e Memorandum Italia–Israele (testi ufficiali): Parlamento italiano; testo del MoU.
• Centro F-35 a Trapani-Birgi (conferme ufficiali e stampa): ANSA; The Aviationist; SkyTG24.

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