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10 Novembre 2025 Remocontro
Piccoli passi indietro. Svolta ‘scettica’ sulla transizione verde dei governi europei, incalzati da Trump, che dagli accordi di Parigi si è addirittura ritirato. Accordo pasticcio per accontentare un po’ tutti. «Per il bicchiere mezzo pieno, l’intesa conserva parte delle ambizioni iniziali, ed è lontanissima dalle posizioni della Casa Bianca», l’analisi dell’ISPI. «Per il bicchiere mezzo vuoto: la BCE stima che per gli obiettivi 2030, l’UE dovrebbe investire quasi 500 miliardi l’anno in più di quanto non faccia attualmente».
anto non faccia attualmente».

Pessimo clima che si respira oggi in Europa
In vista della Cop30 che si apre oggi in Brasile, per l’Istituto Studi di Politica Internazionale di Milano, l’Ue porta a casa un accordo che salva il ‘Green Deal’ ma aumentandone la ‘flessibilità’, la sua agenda climatica è un po’ ‘meno ambiziosa’.
Daily Focus Europa e governance globale
L’Unione Europea ha approvato i nuovi obiettivi di decarbonizzazione da raggiungere entro il 2040, con obiettivo NetZero nel 2050. Dopo una maratona di negoziati durata quasi 20 ore, i 27 hanno approvato il piano climatico, salvando l’intero blocco dall’imbarazzo di presentarsi a mani vuote al vertice COP30, la Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite, in Brasile. Il piano stabilisce un nuovo obiettivo: ridurre le emissioni climalteranti europee tra il 66,25% e il 72,5% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2035. I ministri hanno inoltre adottato un obiettivo giuridicamente vincolante per ridurre le emissioni dell’85% entro il 2040. L’accordo prevede che un’ulteriore riduzione del 5% possa essere conseguita attraverso l’acquisto di ‘crediti di carbonio internazionali’. Considerare gli investimenti all’estero per la riduzione delle emissioni nel raggiungimento degli obiettivi comunitari, una misura contestata dalle organizzazioni ambientaliste. L’intesa, nonostante lunghe ore di negoziati, è stata votata a maggioranza qualificata e non all’unanimità. Hanno votato contro Slovacchia, Ungheria e Polonia, sostenendo che avrebbe danneggiato la competitività delle industrie. La loro opposizione non è stata sufficiente a bloccare l’accordo.
Prendere o lasciare?
Per convincere l’Italia, che alla fine ha votato a favore, e altri paesi scettici, i 27 hanno approvato una flessibilità molto maggiore rispetto a quella inizialmente prevista dalla Commissione europea. Tra le misure decise, il rinvio di un anno dal 2027 al 2028, dell’estensione del mercato del carbonio al trasporto su strada e al riscaldamento degli edifici, come chiedevano Ungheria e Polonia. Inoltre, l’Ue ha approvato una clausola di revisione biennale della normativa sul clima, in modo da poter modificare gli obiettivi qualora risultassero troppo difficili da raggiungere o dovessero avere un impatto troppo negativo sull’economia. Paesi più ambiziosi, come Paesi Bassi, Svezia e Spagna, hanno cercato di contrastare i tentativi di indebolire il piano, ma diversi diplomatici hanno dichiarato di preferire un accordo meno ambizioso a nessun accordo. «Si trattava di prendere o lasciare, ha spiegato al Financial Times un funzionario europeo presente alle trattative, e riporta il documento ISPI.
Cambio di priorità?
L’UE, con la sua agenda sul clima, è ormai sotto pressione sia da parte dei politici di destra, in ascesa in diversi paesi del continente, che dei partner commerciali come gli Stati Uniti. Per questo, gli attivisti temono che l’indebolimento del piano possa indebolire anche le sue argomentazioni diplomatiche, mentre cerca di convincere altri paesi a ridurre le emissioni in modo sufficiente a evitare eventi climatici devastanti in futuro. In un momento in cui i partiti e movimenti scettici sul riscaldamento globale stanno guadagnando terreno, la questione climatica rischia di passare in secondo piano rispetto ad altre urgenze, in particolare quelle legate ai temi della difesa e della competitività.
Da Parigi a Belem?
Dopo le ultime tre Conferenze Onu sul clima ospitate dai paesi petroliferi, la Cop che si apre in Amazzonia ha un valore altamente simbolico. Voluta dal presidente brasiliano Luis Ignacio Lula da Silva, cade a 10 anni dall’Accordo di Parigi, che impegna i paesi a mantenere il riscaldamento globale entro 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, a ridosso del 2024 (anno più caldo di sempre) e dopo che il presidente americano Trump ha ritirato il suo paese dagli impegni condivisi per il taglio alle emissioni. La Cop celebra i 30 anni di negoziati sul clima, ma nonostante le promesse di quasi 200 Paesi, la temperatura globale continua a salire e gli eventi climatici estremi peggiorano. Gli esperti sottolineano che i nuovi piani non accelerano significativamente la lotta all’inquinamento.
Definita dal governo brasiliano la «Cop dell’attuazione», il summit si propone di spostare il baricentro ‘dalla diplomazia delle dichiarazioni a quella dei risultati’ in un contesto rappresentativo: Belem, città povera ai margini di un’Amazzonia indebolita. La sfida è tanto ecologica quanto politica: ricostruire la fiducia in un sistema multilaterale in crisi la cui credibilità dipende dalla capacità di trasformare le promesse in risultati misurabili.