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di Joahnn Rossouw17 Dicembre 2025
L’analisi del conflitto in Ucraina di un professore di filosofia sudafricano
«L’isola dei morti», dipinto da Arnold Böcklin nel 1883. Foto Sailko. Wikimedia Commons. Licenza CC BY 3.0.
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L’ombra di un vasto conflitto nel Vecchio continente non inquieta solo le cancellerie occidentali. Anima anche il dibattito nel Sud globale. In Sudafrica la discussione è accesa. Nel seguente articolo, il filosofo Johann Rossouw riprende le preoccupazioni espresse dallo storico Jan-Jan Joubert, ma ne contesta le posizioni mainstream. In contrasto con la narrazione dominante europea, Rossouw ricostruisce il contesto storico del conflitto ucraino, mettendo in luce le responsabilità della Nato e degli Stati Uniti. In conclusione, segnala il rischio concreto di una dinamica simile a quella che nel 1914 trascinò l’Europa nel baratro.
Realismo politico Il filosofo Johann Rossouw contesta la narrazione liberale europea sul conflitto ucraino, invitando a un realismo politico che consideri anche le responsabilità storiche della Nato e degli Stati Uniti.
Radici del conflitto Citando Jeffrey Sachs, Rossouw sostiene che l’espansione della Nato verso Est e la destabilizzazione dei governi ucraini avrebbero alimentato la reazione russa per proteggere la propria sovranità.
Escalation mimetica Per Roussow, l’attuale tensione riflette una rivalità in cui ogni parte percepisce l’altra come aggressore. Il rischio è una demonizzazione reciproca che allontana ogni possibile via diplomatica.
Fantasma del 1914 Più che al 1938, la situazione attuale assomiglia al 1914: un ingranaggio di alleanze e valutazioni errate che rischia di trascinare l’Europa in una guerra mondiale evitabile.
Prospettive di pace Roussow sostiene che un piano di pace negoziato resta l’unica via per preservare la sovranità dell’Ucraina. Senza un accordo, il destino del Paese peggiorerà e i segnali di guerra si moltiplicheranno.
Il giornalista e storico sudafricano Jan-Jan Joubert esprime a giusto titolo la propria preoccupazione riguardo ai segnali premonitori di una guerra in Europa (nell’articolo apparso sul quotidiano nazionale domenicale afrikaans Rapport il 30 novembre 2025). Tuttavia, le basi su cui poggia tale inquietudine sono dubbie.
L’articolo di Joubert sposa gli argomenti della stampa liberale ufficiale e dei politici dell’Europa occidentale come Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Ursula von der Leyen.

Presentare un punto di vista come quello di Joubert è legittimo, ma chiunque desideri la pace in Ucraina deve quantomeno tenere in considerazione la prospettiva russa sul conflitto, così come quella degli occidentali ragionevoli che criticano la doxa liberale europea (l’opinione dominante del liberalismo occidentale che non si pensa più come opinione, ma come verità, ndr).
Il primo problema dell’articolo di Joubert è che scrive – in modo piuttosto inspiegabile per uno storico – del comportamento della Russia sotto il presidente Vladimir Putin senza alcun riferimento al contesto storico in cui è nato il conflitto con l’Ucraina.
Il professor Jeffrey Sachs della Columbia University è probabilmente l’economista dello sviluppo con maggiore esperienza al mondo. Sachs consiglia, o ha consigliato, governi in tutto il pianeta, compresi quelli di Russia e Ucraina. In una conferenza tenuta il 21 gennaio 2025 al Parlamento europeo, ha parlato della responsabilità dell’Occidente a guida statunitense nella nascita del conflitto, dalla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 fino all’amministrazione Biden a fine 2024.
I fatti più rilevanti sottolineati da Sachs sono i seguenti: mentre il Patto di Varsavia era stato sciolto su iniziativa russa nel 1991, gli Stati Uniti decisero di espandere la Nato verso l’Europa dell’Est con l’obiettivo di indebolire la Russia ed escluderla da un possibile ordine mondiale multipolare. Nel 1997, l’influente consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter, Zbigniew Brzezinski, pubblicò un libro in cui caldeggiava esplicitamente, nell’ambito di questa strategia, di rivoltare l’Ucraina contro la Russia e di porla sotto l’influenza occidentale.

Questa strategia è stata applicata da ogni governo americano successivo fino a quello di Joe Biden, tra l’altro destabilizzando diversi governi ucraini: prima con la cosiddetta «Rivoluzione arancione» del 2004/5, poi con la presunta «Rivoluzione di Maidan» del 2014. Sachs descrive quest’ultima come un colpo di Stato, basandosi sul ruolo che – per loro stessa ammissione – ebbero funzionari di alto rango degli Stati Uniti come Victoria Nuland nel rovesciamento del governo filorusso, democraticamente eletto, dell’allora presidente Viktor Yanukovich.
Poco dopo, il nuovo governo ultranazionalista ucraino vietò il russo come lingua ufficiale, anche nelle scuole dell’Est dell’Ucraina (il Donbass), regione a maggioranza etnica russa e russofona. Senza dubbio, ciò contribuì alla nascita nel Donbass di movimenti di resistenza contro il governo ucraino, portando a un conflitto in cui oltre 15.000 abitanti della regione persero la vita tra il 2014 e il 2022.
Dal punto di vista russo, fu anche in reazione a oltre 25 anni di aggressione occidentale guidata dagli Stati Uniti che la Russia annesse la Crimea nel 2014, territorio che era stato russo dal 1783 al 1954. Successivamente, furono negoziati gli accordi di Minsk che, tra le altre cose, riconoscevano i diritti della minoranza etnica russa del Donbass. Da parte occidentale, la Francia e la Germania avrebbero dovuto vigilare sull’applicazione degli accordi, cosa che tuttavia non è avvenuta.

Nel 2021, la Russia chiese negoziati all’amministrazione Biden. Alla fine del 2021, Mosca esigeva che l’Ucraina non diventasse membro della Nato, richiedeva limiti ad alcune attività dell’Alleanza nel quadro di un nuovo patto di sicurezza proposto all’Occidente e sollecitava un nuovo trattato di sicurezza con gli Stati Uniti. Il governo Biden rifiutò tali proposte.
Nel suo libro del 2007, Achever Clausewitz, sulla rivalità mimetica tra le due grandi potenze europee tra il 1800 e il 1950 – la Francia e la Germania – l’antropologo e filosofo René Girard spiega che in un conflitto tra due rivali si verifica spesso una escalation di tensione in cui entrambi i contendenti percepiscono l’altro come l’aggressore. È esattamente ciò che è accaduto con il potenziamento degli eserciti ucraino e russo tra il 2014 e il 2022, dove ciascuna parte accusa l’altra di aggressione.
Secondo il professor Beom-sik Shin dell’Istituto di Studi per la Pace e l’Unificazione dell’Università Nazionale di Seul, dal punto di vista russo l’ultima scintilla che ha fatto esplodere la polveriera è stata il fatto che, nelle settimane in cui il presidente Putin riconosceva l’indipendenza delle repubbliche di Donetsk e Luhansk e invadeva l’Ucraina, la regione fosse bersaglio di circa 130.000 soldati del governo ucraino. Dal punto di vista russo, l’invasione dell’Ucraina aveva dunque lo scopo di proteggere la sovranità russa contro l’Occidente e di tutelare la minoranza etnica russa contro il governo ucraino.
Joubert ripete anche un’altra affermazione della doxa liberale europea: l’esistenza di un parallelismo tra le concessioni di Gran Bretagna e Francia a Hitler nel 1938 e ciò che avviene oggi tra Putin e l’Europa. È generalmente ammesso che la motivazione di Hitler nell’invadere i Paesi europei fosse la creazione del cosiddetto Lebensraum (spazio vitale) per i tedeschi in Europa dell’Est, e l’instaurazione di un sistema politico «razzialmente puro» sotto la guida tedesca per le «nazioni germaniche» di Paesi Bassi, Fiandre e Paesi nordici.

Al contrario, Joubert preferisce attribuire la motivazione di Hitler a considerazioni economiche – una carenza tedesca di risorse, manodopera e metalli – e ipotizza che la Russia attaccherà l’Europa in futuro per ottenere «materie prime e metalli». È un’idea bizzarra, poiché la Russia, rispetto all’Europa, è ricca di petrolio e di svariati tipi di minerali, comprese terre rare strategicamente importanti.
Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Ursula von der Leyen non perdono occasione per affermare che la Russia attaccherà l’Europa a tempo debito, senza tuttavia fornire prove verificabili o chiarire quali motivazioni la Russia potrebbe avere per una simile azione.
Inoltre, dopo oltre tre anni e mezzo di combattimenti […], la Russia non è ancora riuscita a raggiungere i suoi obiettivi militari in Ucraina, pur disponendo del quinto esercito più grande al mondo. Le stime sulle vittime russe variano da 600.000 a un milione: come potrebbe mai la Russia permettersi demograficamente di attaccare l’Europa?
Il principale esponente mondiale del realismo in geopolitica, il professor John Mearsheimer, sottolinea insieme a molti altri la reale ragione delle affermazioni europee sulle intenzioni aggressive della Russia: la speranza di mantenere gli Stati Uniti impegnati nella difesa dell’Europa. Il prezzo di questa strategia è la demonizzazione della Russia e il mantenimento di un clima di paura tra le popolazioni europee.
Un’importante esponente politica della sinistra tedesca, Sahra Wagenknecht, ha messo in guardia in un’intervista di fine agosto contro un alteriore serio rischio di questa demonizzazione: sebbene l’Europa e un sistema di sicurezza europeo abbiano sempre contato molto per Putin, l’alienazione europea della Russia può portare un giorno alla successione di Putin con un presidente molto più ostile nei confronti dell’Europa, che finirebbe per considerarla irrilevante e per allineare completamente la Russia con la Cina contro l’Europa. Putin lo sta senza dubbio già facendo, in una certa misura, il che non lascia presagire nulla di buono per l’Occidente.

Ho iniziato questo articolo dicendo di condividere l’avviso di Joubert sui segnali premonitori di guerra in Europa, e confermo in effetti tale giudizio – ma per ragioni ben diverse da quelle che lui propone.
Per cominciare, l’antropologo, storico e specialista di geopolitica Emmanuel Todd scrive quanto segue sulla russofobia europea contemporanea: «La costruzione di un’Europa post-nazionale è un progetto allucinante, conoscendo la diversità del continente. Ha portato all’espansione dell’Unione europea, instabile e improvvisata, nell’antico spazio sovietico. L’Ue è ormai russofoba, bellicista, con un’aggressività rinnovata dalla sua sconfitta economica contro la Russia. L’Ue tenta di trascinare i popoli britannico, francese, tedesco e tanti altri in una vera guerra. Che guerra strana sarebbe, se le élite occidentali avessero abbracciato il sogno hitleriano di distruggere la Russia!».
Inoltre, un veterano conservatore della Commissione affari esteri dell’Assemblea nazionale francese ed ex ministro del governo francese, Pierre Lellouche, si interroga in una recente intervista sul paragone con il 1938 e sostiene che sia più calzante quello con il 1914, ovvero la vigilia della Prima guerra mondiale, quando «un gruppo di Stati, che non vogliono una guerra mondiale, si ritrovano trascinati, per un errore di valutazione di uno di essi e per la meccanica delle alleanze, in un ingranaggio che conduce alla guerra. Lo ripeto: più questa guerra dura, più porta in sé il rischio di un’escalation».
In conclusione: la guerra in Ucraina è un esempio classico di come una grande potenza (gli Stati Uniti) affronti un’altra grande potenza (la Russia) utilizzando uno Stato più debole (l’Ucraina) come tramite. In un’analisi lucida del piano di pace attualmente in fase di negoziazione tra Usa, Russia e Ucraina, Anatol Lieven spiega perché questo piano rappresenti oggi la migliore opportunità per l’Ucraina di uscire dal conflitto come Stato relativamente sovrano, con garanzie di sicurezza relativamente solide.
Se ciò non avverrà, è prevedibile che il destino dell’Ucraina peggiori sempre di più, mentre i segnali premonitori di una guerra, pur evitabile, si moltiplicheranno in Europa.
Articolo originale pubblicato su: https://substack.com/inbox/post/181367929 (traduzione dal francese a cura di Krisis).
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Autore
Joahnn RossouwFilosofo e romanziere afrikaans. Ex allievo di Régis Debray, è a capo del dipartimento di filosofia e studi classici della University of the Free State, in Sudafrica. È il traduttore in afrikaans dell’ultimo libro di Michel Houellebecq, nonché di due album di Tintin.