210 miliardi all’Ucraina per combattere altri due anni. E poi?

Dal blog https://www.remocontro.it

23 Dicembre 2025 Fulvio Scaglione

«Fare pronostici è sempre un azzardo. Lo sanno bene tutti quelli che, dalle stelle alle stalle, da Mario Draghi a Il Foglio passando per tutti i gradi intermedi, hanno via via pronosticato un colpo di Stato contro Putin, la sconfitta sul campo della Russia, il rapido crollo dell’economia russa e via dicendo». Fulvio Scaglione per fine anno, da InsideOver azzarda a sua volta. Ma con molta lucidità e dati di fatto.

L’Europa delle trincee altrui

«Dei famosi 210 miliardi di beni russi congelati in Europa, che parte della Ue (Germania, Paesi del Nord e dell’Est, e Von der Leyen) voleva trasferire all’Ucraina, sentiremo di nuovo parlare, anche se il Consiglio Europeo ha nei giorni scorsi deciso di lasciarli congelati in banca e destinare all’Ucraina un prestito da 90 miliardi finanziato dal bilancio Ue».

Rischio patatrac

Ne risentiremo parlare, secondo me, per due ragioni. La prima è che gli Usa, in questa fase contrari allo scongelamento pro-Ucraina, potrebbero cambiare idea se non riuscissero a convincere Putin ad arrivare a un accordo di pace. La seconda è questa: i 90 miliardi del prestito Ue sono una boccata d’ossigeno, per l’Ucraina ma non molto di più. Se uno si mette nei panni di quelli che, in Europa, pensano che finanziare a oltranza la resistenza ucraina sia la scelta giusta, lo scongelamento con esproprio aveva un sacco di ragioni valide: danneggiava la Russia e le mandava un messaggio molto forte sulla solidarietà Ue all’Ucraina; finanziava le forze armate ucraine che, come si dice spesso, “combattono per noi”, ovvero contribuiscono alla nostra sicurezza; prolungando la resistenza ucraina logorava la Russia e dava modo al riarmo europei di guadagnare tempo; mostrava agli Stati Uniti che molto si può fare anche senza di loro. In generale si diceva: con quei 210 miliardi garantiamo all’Ucraina la possibilità di combattere per almeno altri due anni. O di arrivare alla famosa “pace giusta” i cui contorni cambiano di settimana in settimana e che comunque, per come viene solitamente descritta, non ha alcuna possibilità di essere accettata dai russi.

Ma all’Ucraina cosa conviene?

Non è un caso, quindi, se molti rimpiangono l’esito del Consiglio europeo e ne definiscono l’esito un errore. È la tesi del premier polacco Donald Tusk: “O i soldi ora o il sangue domani”. Da quel punto di vista, lo ripetiamo, tante valide ragioni. Però… Mi piacerebbe che i sostenitori di questa linea rispondessero a una domanda: siete sicuri che all’Ucraina (non a noi, a loro che vanno in prima linea) convenga combattere altri due anni? O addirittura: siete sicuri che l’Ucraina possa combattere altri due anni? Proviamo a guardare un po’ di dati.

Uno: se l’Ucraina diserta

Primo tema: più la guerra si prolunga, più l’Ucraina deve fare i conti con la crescente scarsità di uomini atti al combattimento. Secondo un’inchiesta del Telegraph, almeno 650 mila uomini in età di leva sono fuggiti dal Paese; secondo la deputata ucraina Anna Skorokhod sono almeno 400 mila i disertori o gli AWOL (soldati assenti senza permesso); nel solo 2024, scrive il Financial Times, i procuratori militari ucraini hanno aperto 60 mila casi per diserzione o assenza ingiustificata, più di quanti ne erano stati aperti nei due anni precedenti; e secondo il Military Watch Magazine il tasso di diserzione nel 2025 ha raggiunto i 40 mila uomini al mese.

Due: Ucraina spopolata

Secondo: oltre ai circa 8 milioni di ucraini che si trovano all’estero (circa 6 milioni nella Ue), ci sono attualmente 1,8 milioni di sfollati interni generati dalla guerra nel Donbass (2014-2022) e altri 5,7 milioni di sfollati interni generati dall’invasione russa del 2022. Anche in questo caso, i dati raccolti dall’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni ci dicono che il fenomeno è in crescita: tra aprile 2024 e febbraio 2025 la percentuale degli sfollati interni sulla popolazione totale dell’Ucraina è cresciuta dal 10,7% all’11,9%.

Tre: Ucraina in bancarotta

Terzo: l’Ucraina è in bancarotta. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, nel 2026 e nel 2027 avrà bisogno di almeno 137 miliardi di euro (160 miliardi di dollari), che dovranno esserle consegnati entro la prossima primavera. Come sappiamo, l’Ue si è risolta a un prestito di 90 miliardi, che a questi ritmi basteranno per meno di un anno, mentre la guerra e le sue distruzioni avanzano.

Quattro: Ucraina senza energia

Quarto: il sistema energetico dell’Ucraina (fino al 2021 integrato con quello di Russia e Bielorussia, per passare pochi giorni dopo l’invasione del 2022 a collegarsi alla rete European ENTSO-E) viene colpito dai russi senza sosta. Secondo i dati del Center for European Policy Analysys (CEPA), l’80% degli impianti ucraini di produzione di energia è stato distrutto o danneggiato dai bombardamenti russi. La centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, è sotto il controllo dei russi, che hanno inflitto colpi durissimi anche alle centrali idroelettriche, a partire da quella di Kakhovka.

Cinque e sei: corruzione interna e colpi russi

Altri due elementi: l’Ucraina importa il 44% dell’energia elettrica (e il 58% del gas) da un Paese non certo amico come l’Ungheria. E i recenti scandali corruttivi del “caso Mindich” ci dicono che il settore soffre di clamorosi problemi di governance. Qualcuno pensa che i russi smetteranno di colpire le centrali ucraine? O che la guerra girerà in modo che i russi non possano più farlo? E non è difficile immaginare che cosa significhi tutto questo per la popolazione.

Prezzo impossibile in conto altrui

Siamo davvero sicuri che l’Ucraina possa andare avanti altri due anni a combattere in queste condizioni? Siamo, anzi, siete sicuri che in altri due anni, con quei problemi già drammatici con ogni probabilità destinati a crescere, l’Ucraina fin qui eroica nella sua resistenza e assistita in ogni modo da tutto l’Occidente, riesca a non disgregarsi e a non subire danni maggiori di quelli, indubbi, che subirebbe in caso di un accordo più rapido? Noi certezze non ne abbiamo. È a quelli ultrasicuri, e ultrasicuri da quattro anni, che chiediamo una risposta.

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