Albania, sospetti di corruzione e crisi dello Stato

Dal blog https://www.remocontro.it/

27 Dicembre 2025 Remocontro

«A Tirana la politica ha smesso di essere conflitto verbale ed è tornata a essere scontro fisico. Il lancio di una molotov contro l’ufficio del primo ministro Edi Rama, nel pieno di una manifestazione contro la corruzione, è il segnale di una frattura che si allarga da settimane», avverte Giuseppe Gagliano su InsideOver. Migliaia di persone in piazza, arresti, feriti: «un Paese in cui la tensione politica ha superato la soglia di sicurezza».

crisi di Belinda

Al centro della crisi c’è la vicepremier Belinda Balluku, accusata dalla Procura anticorruzione di aver interferito in grandi appalti infrastrutturali. Il punto non è solo l’inchiesta, ma l’immunità parlamentare che finora ha impedito qualsiasi arresto. La maggioranza socialista ha bloccato il voto sulla revoca, rifugiandosi nell’attesa della Corte costituzionale. «Formalmente è rispetto delle regole, politicamente appare come un muro eretto a difesa del potere», denuncia Gagliano. Mentre lei, l’avvenente vice, respinge ogni addebito e promette collaborazione, ma il danno ha ormai travolto il sistema, come già accaduto troppe volte nel passato, e l’effetto non resta confinato alle aule giudiziarie.

L’appariscente cinquantenne al potere

Balluku è nata il 9 ottobre 1973 a Tirana. La sua famiglia come la racconta, perseguitata durante l’era comunista dell’Albania. Suo padre costretto a lavorare nelle miniere di bitume a Selenice. Suo nonno, Beqir Balluku , uno dei primi membri del movimento comunista in Albania e Ministro della Difesa del Popolo , che fu giustiziato nel novembre 1975 per aver organizzato un colpo di stato contro il governo. Laureata in giurisprudenza in Grecia e specializzata negli Stati Uniti. Insomma, un passato travagliato su sui i suoi avversari polemizzano. Belinda Balluku, parlamentare, ha ricoperto la carica di vice primo ministro dell’Albania dal 2022, oltre a quella di ministro delle infrastrutture e dell’energia dal 2019.

Opposizione, piazza e delegittimazione

Il 20 novembre 2025, la Corte speciale contro la corruzione e la criminalità organizzata ha ordinato la sospensione dai suoi doveri governativi e il divieto di lasciare il paese a seguito della sua accusa formale da parte della Procura speciale in relazione alla vicenda del tunnel di Llogara, comprese presunte violazioni dell’uguaglianza negli appalti pubblici relative al progetto del tunnel e al quarto lotto della tangenziale esterna di Tirana. La protesta è guidata da Sali Berisha, ex premier della destra moderata, figura politica antica ma ancora capace di mobilitare la piazza. L’accusa, «Uno Stato catturato da una rete di potere che saccheggia risorse pubbliche e manipola il processo democratico».

La violenza in piazza

«La molotov, in questo quadro, non è solo un gesto violento, ma il simbolo di una delegittimazione radicale», denuncia Gagliano. «E l’Albania, con istituzioni ancora fragili, non può permettersi zone grigie». Ma il premier Edi Rama, difenda la vice e apre un altro fronte politico. Accusa l’agenzia anticorruzione SPAK di abusare degli arresti preventivi, «arresti senza processo incompatibili con gli standard europei». È un passaggio delicato: la riforma della giustizia e l’indipendenza dello SPAK sono state uno dei pilastri del percorso europeo dell’Albania. E qui la crisi diventa strutturale tra magistratura indipendente ed esecutivo.

Implicazioni geopolitiche ed europee

Le proteste e la violenza politica arrivano in un momento in cui Tirana cerca di presentarsi come partner affidabile per l’Unione europea e la NATO nei Balcani. «Instabilità interna, accuse di corruzione sistemica e scontro aperto tra poteri dello Stato indeboliscono quella narrativa e offrono spazio a influenze esterne pronte a sfruttare ogni crepa». Rama parla di ‘concittadini disperati’, Berisha di governo illegittimo. «In mezzo, uno Stato che rischia di scivolare in una spirale di sfiducia. La questione non è solo se Balluku sia colpevole o innocente, ma se le istituzioni albanesi siano in grado di reggere l’urto senza cedere alla logica dello scontro permanente».

Una soglia pericolosa

«La molotov a Tirana non è un episodio isolato. È un avvertimento. Quando la politica smette di produrre soluzioni e inizia a produrre rabbia, la linea tra democrazia fragile e crisi aperta diventa pericolosamente sottile»

Tags:Albaniacorruzione

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.