Corte dei Conti, la riforma è legge: scudo erariale permanente e risarcimenti limitati

Dal blog https://www.lindipendente.online/

28 Dicembre 2025 Stefano Baudino

Con un’approvazione lampo e un’inusuale seduta nel periodo natalizio, il Parlamento ha reso definitiva una riforma organica della Corte dei Conti che ne ridisegna profondamente poteri e funzioni. La fretta è stata giustificata dalla scadenza dello scudo erariale temporaneo, prorogato fino a fine 2025, che il nuovo testo rende permanente. Modifiche controverse riguardano poi due aspetti sostanziali della riforma: l’introduzione di un tetto massimo al risarcimento per danno erariale e l’espansione abnorme del controllo preventivo, con l’inedita previsione di un meccanismo di silenzio-assenso. Secondo i critici, si tratta di un doppio colpo alla tutela del patrimonio pubblico, che finisce per alleggerire in modo irragionevole il peso della responsabilità per funzionari e amministratori.

Il cuore critico della riforma approvata risiede nella drastica limitazione della responsabilità risarcitoria.

D’ora in poi, per danni erariali accertati senza dolo o colpa grave, l’importo da pagare da parte del condannato non potrà superare il 30% del danno accertato, né comunque oltrepassare l’ammontare di due annualità della sua retribuzione lorda. Una misura che trasforma radicalmente la natura del risarcimento. Questo “doppio tetto” ha immediatamente sollevato forti perplessità circa la sua ragionevolezza e il possibile futuro vaglio di costituzionalità.

L’effetto, secondo gli oppositori, è infatti quello di una «enorme deresponsabilizzazione dei pubblici amministratori che scaricano sulla collettività il restante danno erariale».

Come ha sottolineato l’Associazione dei magistrati della Corte dei Conti, il risarcimento viene infatti «trasformato in una sanzione limitata», mentre la parte rimanente la pagheranno «i cittadini con le tasse».

La seconda colonna controversa dell’intervento legislativo è la totale rivisitazione del sistema dei controlli preventivi.

Viene infatti introdotto un controllo “a chiamata”, esteso a tutti gli appalti «sopra soglia» Ue, che di fatto consegna agli stessi amministratori la chiave per attivare o meno la verifica della Corte.

Un dirigente ha tre opzioni: può chiedere un semplice parere, sottoporre l’atto a controllo preventivo vero e proprio oppure agire in autonomia.

Nei primi due casi, però, se la Corte dei Conti non risponde entro trenta giorni (termine estendibile al massimo fino a novanta), scatta automaticamente il «silenzio assenso»: il parere si intende favorevole e il funzionante sarà esente da qualsiasi futura responsabilità erariale per quell’atto.

Tale meccanismo, raccontato dai promotori della riforma come strumento di snellimento, nasconde secondo i critici paradossi e rischi significativi. In primo luogo, non essendo previsto alcun aumento di organico per la Corte,si prefigura un ingolfamento dell’istituzione.

L’associazione dei magistrati contabili ha già paventato il rischio di un collasso nel caso i Comuni decidano di inviare in massa gli atti attuativi del PNRR per ottenere il visto. L’ingolfamento, a sua volta, alimenterebbe automaticamente il meccanismo del silenzio-assenso, creando di fatto dei «salvacondotti preventivi» su misura.

La riforma completa il suo disegno con una seconda parte, demandata a futuri decreti delegati, che prevede una profonda riorganizzazione interna dell’istituzione. Saranno accorpate le sezioni centrali regionali e i magistrati dovranno svolgere funzioni sia di controllo che giurisdizionali e consultive, in un contesto di crescente mole di lavoro.

Contemporaneamente, si sancirà la separazione tra le funzioni requirenti e giudicanti.

Si tratta di cambiamenti strutturali che, uniti alle modifiche operative, fanno temere un indebolimento sistemico dell’organo di vigilanza.

L’associazione Libera ha parlato senza mezzi termini di «un provvedimento che depotenzia drasticamente le funzioni di controllo della Corte dei Conti e la responsabilità dei funzionari per i danni finanziari causati alla pubblica amministrazione», inserendolo in «un’azione di progressivo e sistematico indebolimento delle istituzioni indipendenti di controllo».

La motivazione ufficiale del governo, quella di contrastare la «paura della firma» per sbloccare l’azione amministrativa, viene considerata dalle opposizioni e dagli osservatori una «foglia di fico».

Il principio di responsabilità personale per i danni causati all’erario, cardine di una sana amministrazione, viene svuotato di sostanza. Il M5S evidenzia però una palese disparità di trattamento: «La paura della firma, infatti, è propria di tutti i professionisti, si pensi ai medici o agli avvocati: i cittadini cioè rispondono sempre e comunque delle proprie azioni, mentre, con il disegno di legge, si afferma nuovamente il principio che gli uomini di potere non rispondono pienamente dei danni causati». Il giudizio complessivo dei magistrati contabili è durissimo e suona come un monito: «Oggi si scrive una pagina buia per tutti i cittadini.

Si tratta di una scelta che segna un passo indietro nella tutela dei bilanci pubblici e inaugura una fase in cui il principio di responsabilità nella gestione del denaro dei cittadini risulta sensibilmente indebolito».

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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