Produzione di cemento e cambiamento climatico

Dal blog https://accogliamoleidee.wordpress.com

17/11/2018

Perché le emissioni del cemento sono importanti nel cambiamento climatico

Dario Zampieri

Uno degli aspetti non valutati dei progetti infrastrutturali che da 20 anni sono stati proposti o realizzati (il MOSE, la Superstrada Pedemontana Veneta, le Autostrade Valdastico Sud e Nord per quanto riguarda il Veneto) riguarda l’enorme consumo di cemento. L’Associazione Tecnico Economica del Calcestruzzo Preconfezionato (ATECAP) lamenta nel suo Rapporto 2017 (qua) che “Il 2016 si chiude con un risultato deludente per gli investimenti in costruzioni, la produzione del settore non decolla e l’unico comparto che continua a registrare una crescita degli investimenti è quello della riqualificazione abitativa, un’attività che non traina la produzione di calcestruzzo preconfezionato. Dopo dieci anni di calo ininterrotto dei volumi il settore del calcestruzzo preconfezionato è un comparto industriale logoro con una struttura produttiva altamente sovradimensionata. Grandi attese, per il 2017, provengono dall’aumento delle risorse stanziate per le opere pubbliche nella legge di Bilancio”.

Si tratta di una visione BAU (Business as Usual), che mira a mantenere una rendita di posizione in netto contrasto con l’evoluzione delle conoscenze sullo stato del sistema biofisico planetario di cui facciamo parte, di cui l’economia è un sottosistema. Non vi può essere economia sana in un pianeta malato ostile alla vita, come dovrebbe insegnare il recentissimo disastro provocato dall’evento meteorologico estremo (ma ormai sempre più normale, con l’eccezione che stavolta ha colpito un’area molto vasta) che ha colpito anche il Veneto, dove si sono avuti tre vittime ed un miliardo di danni stimati.

Il Rapporto ATECAP 2018 (qua) conferma quanto esposto nel Rapporto precedente e sembra prendere coscienza che qualcosa è cambiato per sempre, però sempre in un’ottica economicistica: “Il vero mercato in forte crescita si conferma quello della riqualificazione del patrimonio abitativo che, come noto, non spinge la produzione di calcestruzzo preconfezionato. L’industria del concrete ha però compreso, come confermano anche le indicazioni sulla produzione pro-capite, che i livelli di produzione pre crisi rappresentino, di fatto, una stagione sostanzialmente conclusa e non replicabile”.

Una produzione abnorme

Infatti, in Italia fino alla crisi del 2008, ma sostanzialmente anche fino al 2011, la produzione di calcestruzzo pro-capite era decisamente abnorme, come mostra il grafico sottostante.

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La produzione di cemento non può dunque essere oggetto di sole considerazioni di carattere socio-economico. Nel contesto del rapporto speciale (qua) IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul Riscaldamento Globale di 1,5°C appena diffuso, la produzione di cemento rappresenta un importante contributo al cambiamento climatico antropogenico. Una sua riduzione rappresenta pertanto un obiettivo da perseguire in tempi più rapidi possibili. Non si tratta quindi di rimpiangere tempi passati, ma di guardare in avanti e cercare di operare nel rispetto degli accordi internazionali sul clima, sperando che ciò sia sufficiente ad evitare la catastrofe climatica, che comporterebbe anche la catastrofe economica.

Le considerazioni che seguono derivano dalla traduzione e dalla sintesi di un articolo apparso sotto licenza Creative Commons su “Carbon Brief” https://www.carbonbrief.org/qa-why-cement-emissions-matter-for-climate-change, dove si trovano numerosi link alle fonti dei dati citati.

Se l’industria del cemento fosse un paese, sarebbe il terzo emettitore di anidride carbonica (CO2) del mondo. Nel 2015, ha generato circa 2,8 miliardi di tonnellate di CO2, equivalenti all’8% del totale delle emissioni, una quantità più grande delle emissioni di qualsiasi altro paese, eccettuati Cina e USA.

L’uso del cemento è previsto in crescita, dato che l’urbanizzazione ed lo sviluppo economico aumentano la domanda di costruzioni ed infrastrutture. Per rispettare gli obiettivi degli accordi di Parigi (2015), insieme ad altri settori dell’economia l’industria del cemento dovrà però tagliare drammaticamente le emissioni. Tuttavia, sinora si sono fatti pochi passi in avanti.

betoniera

Che cos’è il cemento?

Sacco di cemento

Il cemento viene usato nelle costruzioni per legare assieme altri materiali. Viene mescolato con ghiaia, sabbia ed acqua per produrre calcestruzzo, il materiale più usato al mondo. Ogni anno vengono usati più di 10 miliardi di tonnellate di calcestruzzo.

Lo standard industriale di base viene chiamato cemento Portland, inventato nei primi dell’800 con il nome della pietra da costruzione a quel tempo più usata in Inghilterra. Ai nostri giorni ne vengono prodotte 4 miliardi di tonnellate all’anno e viene usato nel 98% del calcestruzzo.

Una fase cruciale nella produzione di cemento Portland è l’ottenimento di clinker, che agisce da legante. Il calcare o carbonato di calcio (CaCO3) viene calcinato ad elevata temperatura nel forno producendo calce viva (CaO) e liberando CO2come scarto.

Perché il cemento emette così tanta CO2?

  • Circa il 50% delle emissioni sono dovute al processo della reazione chimica di dissociazione del calcare, e non possono essere eliminate aumentando l’efficienza o cambiando combustibile.
  • Un altro 40% deriva dalla combustione di fonti fossili per riscaldare le fornaci;
  • il rimanente 10% deriva dalle attività di estrazione dei fossili e dal loro trasporto. Pertanto, le emissioni del cemento dipendono dalle proporzioni di clinker usato per ogni tonnellata di cemento. Il tipo di combustibile e l’efficienza del sistema di produzione hanno un loro impatto.
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Nel frattempo, nei prossimi 40 anni si stima che la base delle costruzioni nel mondo raddoppierà, con una crescita di circa 5 miliardi di tonnellate entro il 2030, un 25% in più rispetto ad oggi, più di 4 volte rispetto ai livelli del 1990.

I guadagni di efficienza da soli non porteranno ad un significativo taglio delle emissioni.

Quali paesi hanno alte emissioni da cemento?

La Cina è di gran lunga il maggior emettitore, seguito da lontano dall’India, e dai paesi dell’UE presi assieme. In soli due anni, dal 2011 al 2013, la Cina ha prodotto più cemento che gli USA durante tutto il 20° secolo.

mappa del mondo

In Europa i forni possono soddisfare la futura domanda interna ed hanno alcuni tra i più avanzati sistemi in grado di usare combustibili alternativi ai fossili, tuttavia i vecchi impianti funzionanti la pongono dietro l’India e la Cina in quanto ad efficienza. Anche gli USA, che sono il quarto consumatore di cemento, restano indietro rispetto agli altri paesi in quanto a efficienza.

Sono state ridotte le emissioni da cemento?

Nelle ultime decine di anni le emissioni di CO2per tonnellata di cemento prodotto sono diminuite del 18%. Tuttavia, le emissioni del settore sono aumentate, con una domanda triplicata dal 1990. I progressi derivano da tre fattori:

  • 1) maggiore efficienza energetica delle fornaci, che può ulteriormente essere migliorata,
  • 2) uso di combustibili come le biomasse o i rifiuti al posto del carbone (è il caso dell’Europa) e infine
  • 3) la riduzione della percentuale di clinker nel cemento.

Per certi usi il clinker può essere sostituito con altri materiali di scarto dalla combustione del cemento o dalla produzione dell’acciaio.

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Una malta impastata con paglia in un cantiere dell’Asia centrale

Dopo molti decenni di progresso, tra il 2012 e il 2014 l’intensità di CO2del cemento è diminuita di poco, a causa di un aumento della percentuale di clinker. Tuttavia, negli ultimi anni le emissioni totali del cemento sono rimaste costanti per la diminuzione di domanda in Cina.

Di quanto possono essere tagliate le emissioni da cemento?

La IEA (International Energy Agency) e la CSI (Iniziativa per la sostenibilità del cemento) hanno recentemente diffuso una roadmap a basso carbonio, che mostra come le emissioni debbano essere ridotte negli scenari “+2°C” e “meno di +2°C” (di aumento della temperatura del pianeta rispetto il periodo pre-industriale). Questa roadmap assume che la domanda di cemento aumenti tra il 12% ed il 23% entro il 2050. Nello scenario 2°C , che ci da il 50% di possibilità di rimanere entro quell’aumento di temperatura entro il 2100, la roadmap dice che bisogna tagliare le emissioni del cemento del 24% (tuttavia l’accordo di Parigi prevede di stare ben al di sotto di +2°C).

La roadmap prevede quattro aree di azione.

Tre sono strategie da perseguire da parte dell’industria per limitare le emissioni, con

  • miglioramento dell’efficienza energetica,
  • uso di combustibili a bassa emissione e
  • uso di percentuali di clinker più basse.

La quarta area riguarda tecnologie innovative, come ad esempio la CCS (Carbon Capture and Storageo cattura e seppellimento della CO2), assumendo che a partire dal 2030 questa tecnologia raggiungerà la scala commerciale. Tuttavia il suo costo elevato e le molte incertezze sulla sua applicabilità alla scala globale (qua) sono fattori limitanti.

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I “nuovi” cementi possono tagliare le emissioni?

Alcune compagnie stanno studiando nuovi cementi, che potrebbero ridurre le emissioni. Tuttavia, nessuno di questi ha raggiunto un largo uso commerciale e il loro uso rimane per applicazioni di nicchia. Ad esempio, cementi a base di geopolimeri sono studiati fin dagli anni ’70. Questi non usano il carbonato di calcio come ingrediente base, e indurendo a temperatura ambiente rilasciano solo acqua. Le ditte produttrici dichiarano che la riduzione delle emissione è tra l’80% e il 90% rispetto al cemento Portland. Ci sono molte ditte che sviluppano cementi “guariti dal carbonio”, che mentre induriscono assorbono CO2piuttosto che l’acqua. Se la quantità assorbita superasse quella rilasciata durante la produzione del cemento, allora il cemento potrebbe essere usato come pozzo di carbonio.

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Una ditta americana dichiara che includendo il sequestro il suo calcestruzzo emette il 70% in meno rispetto al Portland. Un’altra ditta inglese vantava un materiale con prerogative simili, ma lo sviluppo è fallito per mancanza di fondi. Altre ditte usano invece batteri per far crescere mattoni di cemento che sequestrano il carbonio.

Quali sono gli ostacoli dei cementi a basso carbonio?

Vi sono molte ragioni per il fallimento dell’uso massiccio dei cementi a basso carbonio e dei nuovi cementi. Questi cementi hanno un breve periodo di prova rispetto ai secoli del cemento Portland e gli operatori preferiscono mettere in primo piano la sicurezza. Inoltre le applicazioni dei nuovi cementi sono limitate e non esiste un singolo prodotto alternativo al Portland. Gli standard e i protocolli dei test sono tutti costruiti per il Portland, mentre un nuovo standard richiede decenni prima dell’approvazione.

Infine vi sono il problema del costo, specialmente in assenza di norme stringenti sul rilascio di carbonio, nonché quello della disponibilità locale di materia prima come le ceneri sottoprodotto della combustione del carbone, a mano a mano che le centrali alimentate da questo combustibile vengono progressivamente chiuse.

Si può ridurre la domanda di cemento?

attraversamento_pedonale

La riduzione della domanda di cemento può aiutare nella limitazione delle emissioni, specialmente nei paesi in via di sviluppo.

  • Progetti urbani che limitino la necessità dell’uso dell’auto possono far risparmiare circa un terzo del calcestruzzo.
  • L’economia circolare permetterebbe il riuso di parti modulari negli edifici massimizzando la vita di una infrastruttura.
  • Negli edifici il calcestruzzo può essere sostituito da travi di legno, mentre nuove opportunità possono derivare da nuovi tipi di legno ingegnerizzato come travi a laminazione incrociata.
  • Infine vecchi calcestruzzi possono essere sbriciolati e riusati nei sottofondi stradali.

Le emissioni del cemento sono regolate?

Come altri settori quali l’aviazione e la produzione di acciaio, la produzione di cemento viene spesso considerata troppo difficile da de-carbonizzare. Infatti nei pubblici dibatti spesso non viene menzionato il cemento. Come risultato l’industria riceve meno pressione politica e commerciale rispetto ad altri settori. Poiché l’Unione Europea riconosce che il cemento può rilasciare carbonio, nel sistema di commercio delle emissioni l’industria relativa riceve sussidi. Tentativi di taglio dei sussidi non hanno avuto successo.

L’industria del cemento si sta muovendo?

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All’interno della CSI (Iniziativa per la Sostenibilità del Cemento)produttori che assommano a circa il 30% della produzione globale hanno lavorato assieme per due decenni su iniziative di sostenibilità, inclusa la riduzione delle emissioni. Alla Conferenza sul Clima di Parigi il gruppo di produttori ha annunciato piani per ridurre le emissioni del 20-25% entro il 030, un obiettivo piuttosto ambizioso paragonabile allo scenario “al di sotto dei +2°C”.

La WCA (Associazione Mondiale del Cemento, che rappresenta produttori di oltre un miliardo di tonnellate di cemento all’anno) sta sviluppando un Piano di Azione sul Cambiamento Climatico. Tuttavia, le attuali tecnologie possono produrre la metà del taglio delle emissioni necessario per rimanere entro i +2°C (che sarebbero comunque catastrofici, qua).

In conclusione, anche l’impatto sul clima della produzione di cemento necessario per le grandi opere dovrebbe far riflettere ed entrare come fattore determinante nelle scelte politiche, che purtroppo si rifanno spesso a modelli economici del secolo scorso, quando i segnali del cambiamento climatico erano evidenti solo agli addetti ai lavori . Viviamo in tempi di grandi cambiamenti a tutti i livelli guidati dalle conoscenze scientifiche e dalla loro traduzione tecnologica, ma anche dall’evoluzione del sistema Terra verso l’insostenibilità di ciò che chiamiamo “civiltà”. Si tratta ora di fare scelte che non compromettano il benessere sin qua raggiunto.

L’articolo è stato scritto dal prof Dario Zampieri a partire dalla traduzione e dalla sintesi di un articolo apparso sotto licenza Creative Commons su “Carbon Brief” https://www.carbonbrief.org/qa-why-cement-emissions-matter-for-climate-change, dove si trovano numerosi link alle fonti dei dati citati.

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