Dove va il sindacato confederale della CGIL?

Ho partecipato con una piccola delegazione del Comitato Acqua Pubblica Savonese alla riunione indetta dalla CGIL di Sv alla SMS La Rocca per un confronto diretto con propri militanti e delegati e varie associazioni invitate sui temi democrazia, pace, lavoro, giustizia sociale che ….camminano insieme .

Titolo interessante e impegnativo.

Dopo alcune introduzioni d’obbligo del segr. provinciale e del segr. Regionale CGIL si è iniziato il dibattito .

Riflessioni generali da un punto di vista molto personale sulla riunione come percepita:

– il dibattito è il primo da molto tempo come anche alcuni delegati sindacali hanno ribadito (poca attenzione all’interno) e questo ha segnato l’insieme della discussione. Molti interventi specifici del ruolo e della pratica sindacale, legata appunto al ruolo del sindacato confederale, poca visione prospettica e di “inquadramento degli eventi” dalla pace, al lavoro, ecc. C’è molto lavoro per cambiare logica che non sia pragmatismo pansindacale, oggi per rapporti di forza poco utile a spiegare eventi, ammesso che sia loro intenzione farlo.

– Due dati sciorinati da Pasa (Segretario CGIL SV) rendono idea della situazione sociale : a Savona l’83% degli occupati hanno contratti a tempo o precari e la media dei già bassi stipendi nella nostra provincia sono circa l’8% in meno della regione.

– La discussione contro la guerra ha toni contro anche all’invio di armi ed è anche frutto della loro elaborazione nazionale. Va certo bene ma poi le iniziative sono davvero di poco sostegno alle parole. NULLA contro la produzione di armi che associata alla difesa generica del posto di lavoro oggi suona almeno cinica e inutile. Perchè un posto di lavoro non è mai neutro e asettico.

Se non si riparte a discutere il ruolo di chi lavora, lasciando alle imprese che devono fare profitto con regole di mercato diverse, la difesa del posto oggi è un insulto all’intelligenza, indifendibile in quei termini semplicistici se non dentro un grande cambiamento. Certo non puoi dare indirizzi diversi ad una impresa che sta sul mercato come sindacato, ma porre il problema a chi decide l’andamento sociale pubblico, chiedendo conversioni e strumenti alternativi, economici e legislativi si può fare e di chi è il compito se non della parte ancora attiva degli attivisti legati alle realtà territoriali?

– Difficile parlare di territori con specificità, perché anche se ci sono ovviamente, vanno inserite nel contesto nazionale ed internazionale che ha molti aspetti unificanti in peggio. L’accettazione del governo Draghi e di tutti i componenti, nessuno escluso della compagine, del condizionamento Europeo dei prestiti del PNRR, la non opposizione di fatto al trascinamento nella guerra di Ucraina di grande parte delle nazioni europee da parte della Nato, hanno cambiato, dopo la pandemia l’assetto sociale in cui siamo inseriti. L’Italia è stata colpita da “fuoco amico” dalle sanzioni complessive e dai blocchi energetici e finanziari non direttamente dalla guerra.

Questa guerra anomala(con molti soci occulti) non ha solo sviluppato un focolaio nel fianco dell’Europa con le devastazioni su cui i media campano da mesi per aumentare timori e paure, ma ha cambiato regole di schieramenti, mercati di riferimento, finanza internazionale e anche pratiche dei vari partiti da dx a sx molto allineati purtroppo e appiattiti sul PIL.

Il commercio internazionale (energia, agricoltura, ecc) è cambiato di fatto in peggio e con esso la situazione sociale come ha raccontato una persona della Caritas con esempi tragici, altri delle associazioni di cura disabili, ecc . Le singole persone hanno perso sicurezza, hanno problemi psicologici personali oltre a mille bisogni essenziali e diritti (uno per tutti alla salute)che non ci sono più, mentre il welfare è sempre meno realmente applicato. Un membro del Comitato della Sanità della Val Bormida ha raccontato del divieto delle ambulanze di prendere le autostrade perché insicure in Liguria da tempo (un banale esempio pratico) e quindi il legame fra mobilità e salute è devastante.

Insomma la globalizzazione ha creato l’assenza di metodi e scelte che partano dal territorio. La domanda banale ….“che vi serve in provincia”, non viene neppure fatta. Si da per scontato che sia in linea con gli obiettivi nazionali delle grandi imprese e della finanza che reggono l’economia qui ed ora e in questo la discussione pare cieca e chiusa.

Il sindacato confederale è dentro questo sistema e ne porta parte della responsabilità discutendo di temi contro la guerra, senza reali iniziative se non sporadiche di gruppi di lavoratori. Non va oltre come pratica di lotta nel momento in cui Draghi e la Confindustria non cedono margini ai vari tavoli e molti contratti sono da anni non rinnovati .

Meno male che ci sono gruppi attivi e attenti come i portuali di Genova, Livorno che bloccano navi che trasportano armi, anche se obiettivo minore.

I delegati presenti che hanno parlato in un contesto fatto principalmente di dirigenti sindacali delle varie categorie sono spesso partiti dalle loro posizioni della situazione lavorativa, solo una delegata del commercio lavoratrice della Lidl di Albenga ha accennato a critiche sullo scarso dibattito interno al sindacato e alle difficoltà a creare opposizione al padronato.

In un momento in cui tutti i parametri sociali sono saltati questo silenzio-isolamento voluto anche se poi si propaganda la manifestazione a Roma del 18 giugno è un assist oggettivo al potere di continuare indisturbato.

Se organizzi un incontro per avere idea dei problemi del territorio è una cosa ottima, ma se il dibattito è libero, non c’è vero dialogo, non ci sono risposte concrete, serve solo a far vedere che ci sei, senza migliorare il clima politico-sociale, anzi viene il dubbio che non fosse proprio l’obiettivo. Alla fine della riunione nessun dubbio è stato risolto, tutti i problemi sociali ed interni ancora sul tavolo, senza soluzioni neppure di prospettiva. Persino una buona idea come quella dell’ANPI di riprendere una discussione sugli aspetti degli effetti della guerra con la popolazione non ha risposta anche perché a Savona da tempo agisce un COMITATO PER IL DISARMO fatto di gruppi di base, ma a cui nessuno, ne del sindacato, ne dell’Anpi, partecipa in una rincorsa a farsi del male da soli fingendo che il problema si possa rinviare e sia meno importante.

Il Comitato Acqua Pubblica ha portato una proposta da anni sul vari tavoli anche sindacali di spingere la creazione di un unico ente “Azienda Speciale” per l’ATO relativo all’acqua dove la configurazione giuridica cambierebbe la possibilità di gestire al meglio questo bene essenziale che il referendum ha chiarito, mente la politica bisticcia parlando solo di ristrutturazioni finanziarie pregresse da risolvere con nuove tasse su bollette senza un progetto di sviluppo

Lo stesso discorso propagandato nel volantino di convocazione meritava “MOLTI APPROFONDIMENTI” nella sua genericità.

Si parla di bonus energia, ma lo vedete com’è bloccata la situazione ?

Tutti i provvedimenti chiesti sono ancora di tipo emergenziale e una tantum, non si mette in gioco lo scenario complessivo, le cause prime dei problemi del territorio non saranno certamente risolte da una detassazione delle pensioni(pur utile) a cambiare lo stato delle cose

Si parla di scostamenti di bilancio, di tasse sugli extraprofitti, di nuova riforma fiscale ma senza indicare come e chi deve agire, ne si prevedono azioni continuate per cambiare la struttura del Job Act, ne per una vera riforma del lavoro.

La guerra in Ucraina ha messo a nudo la situazione nel mondo e nello specifico nei territori con siti inquinati, problemi di energia pulita per avere ambienti non “climalterati” e di proprietà diffusa, con una sanità che al di là delle chiacchiere da condominio trascina tutto nel vortice del PNRR e delle privatizzazioni che si sviluppano, mentre i beni comuni come l’acqua non hanno ne difesa, ne attenzione e le strade rendono prigionieri in Liguria (ma anche altrove) per incapacità di avere progetti mirati e discussi, se non grandi opere come la TAV o il Terzo Valico, Gronda, ecc, in cui muoiono i sogni della gente di una mobilità consapevole e al servizio del territorio.

Insomma l’esperienza insegna che i dibattiti a spot, gli scioperi una tantum non spostano l’emergenza continua in cui viviamo, mentre non c’è nemmeno lo sviluppo di una critica del presente con indicazione di quale società si vuole arrivare e la sensazione alla fine è di totale impotenza e abbandono anche sul piano della cultura politica, mentre la stessa contrattazione sindacale è di fatto al palo senza risposte.

Gatti Giovanni

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