Sotto un mucchio di cemento

dalla pg FB di Giustiniano Rossi

In Nepal, uno dei paesi più poveri del mondo, ci sono 30 milioni di persone. La metà vive sotto la soglia di povertà. Senza elettricità né acqua corrente. Sono luoghi da dove migliaia di migranti partono per far vivere le loro famiglie lavorando ovunque sia possibile, per pochi soldi, in condizioni difficilissime. Saraswoti Devi Chaudhari vive con i suoi due figli in un villaggio del sud del Nepal. Racconta che, poco prima che il Qatar sia scelto come sede della Coppa del mondo 2022, suo marito, 40 anni, parte per lavorare nell’emirato. Per rimborsare il prestito contratto per pagare il biglietto sono necessari due anni. Il 30 dicembre 2017 muore, soffocato sotto un mucchio di cemento. In un cantiere della Coppa del mondo.

Torna in una delle bare che, caricate in un camion all’aeroporto di Katmandu, sono consegnate ai parenti. Il suo non è un caso isolato. Il numero dei migranti morti sui cantieri della Coppa non è certo. Le cifre ufficiali, secondo un rapporto di Amnesty International redatto in base alle indicazioni fornite dalle autorità locali, parlano di 15.799 stranieri morti fra il 2011 e il 2020. Oltre agli operai, ci sono anche agenti di sicurezza, giardinieri, insegnanti, medici, ingegneri o uomini d’affari.

Cos’è accaduto ai 40.000 – 45.000 operai che lavoravano nei cantieri della Coppa, in un paese dove gli edili, tutti stranieri, sono 900.00? La Federazione sindacale internazionale dei lavoratori delle costruzioni e del legno, con sede a Ginevra, responsabile per i grandi eventi sportivi, la protezione del lavoro e della salute e i diritti dell’uomo, ha svolto numerose ispezioni in Qatar. La prima risale al maggio 2013. Dormitori con una dozzina di operai in stanzette minuscole, cibo e servizi igienici di qualità scadente, quasi nessuna protezione sanitaria. Il sindacato lancia la campagna “Red Card for FIFA – No World Cup without Workers Rights” (Cartellino rosso per la FIFA – Nessuna Coppa del Mondo senza diritti dei lavoratori). Al governo di Doha non piace affatto.

Qualcosa cambia. Timide riforme sono avviate. Molto lentamente. Ma lo sfruttamento dei migranti nel Qatar non cessa. Salari non pagati, passaporti confiscati sono problemi che persistono, anche se il Qatar è molto più avanti dell’Arabia saudita o degli Emirati. Il Dubai, ad esempio, ha negato l’ingresso nel paese e l’accesso ai cantieri dell’Expo 2020 ai rappresentanti sindacali. Da diverse parti si propone di indennizzare le famiglie di migranti feriti o morti sui cantieri. La FIFA intende stanziare una somma assolutamente insufficiente. Saraswoti Devi Chaudari non ha ricevuto neppure un soldo. Ai piedi dell’Himalaya, dove gli abitanti devono vivere con meno di tre dollari al giorno, anche una piccola somma sarebbe preziosa per la vedova, 42 anni.

Non sarebbe comunque sufficiente a lenire il dolore per la perdita dell’uomo più importante della sua vita…

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