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Paolo Mottana 02 Gennaio 2023
L’economia dello sfruttamento non è solo quella della multinazionali, dei grandi poteri finanziari o degli stati in guerra prima di tutto per denaro. È anche quella del pensiero calcolante che si infila sempre più spesso in ogni nostro comportamento, in ogni nostro discorso. Accade quando misuriamo tutto in base all’utile, perfino nei rapporti di amicizia. Ed è sempre più diffusa nei giovani: “Anche in loro avverto la fine della gratuità, della passione, del piacere, a favore del calcolo, del cinismo, del disincanto, dell’ironia e del sarcasmo… – scrive Paolo Mottana – Un dominio che sta facendo a pezzi la nostra vita, le sue zone più amabili, quelle dell’amore, della passione, della gratuità, dell’utopia e dell’immaginazione, del piacere di esserci oltre ogni ricatto economico…”
Il cancro del nostro tempo, figlio di tante cose, l’economia del denaro e dello sfruttamento, la razionalità cosiddetta scientifica, l’umanesimo nel senso più ristretto del dominio dell’uomo sul mondo, la geometrizzazione della ragione, l’imperio dell’immaginario diurno, resta la ragione strumentale o il pensiero calcolante, come che lo si voglia chiamare.
È passato quasi un secolo da quando i filosofi e i sociologi di Francoforte ci mettevano in guardia sul suo avanzare e stritolare ogni residuo di comprensione universale, di immaginazione, di senso e di sentimento, di cura e di solidarietà collettiva. Eppure ecco dove siamo arrivati, quella ragione è del tutto egemone, mostruosamente pervasiva e si è infiltrata in ogni nostro comportamento, in ogni nostro discorso e soprattutto in ogni giustificazione che attribuiamo alle nostre scelte. Che disastro, più che mai il “mondo a una dimensione” è trionfante e chi si appella ad altro è drammaticamente tacitato.
Ma cos’è, cosa significa concretamente imperio della ragione strumentale? Anzitutto e in termini generali è commisurare tutto in base all’utile che se ne può ricavare e mai a ciò che qualcosa è o merita intrinsecamente. Applicato alla vita di ogni giorno ciò significa che si misura il tempo da dedicare a qualunque cosa in base all’utilità, al beneficio, spesso in termini di danaro o successo personale, che se ne può trarre.
Anche nei rapporti umani, nell’amicizia e persino nell’amore. Una persona spesso si cerca solo per sfruttarla, o sfruttarne le conoscenze. Un amico o un amore si abbandona quando non ci serve più o quando, con il gergo che ormai abbiamo adottato disinvoltamente, ostacola la nostra realizzazione personale. O quando addirittura, peccato mortale per lui o lei, lo appesantisce con le sue richieste in contrasto con le nostre esigenze e urgenze.
Ragione strumentale è quella che ci fa confinare i bambini nelle scuole, in maniera tale da evitare che possano interferire con i nostri progetti privati o l’uso, ben quantificato e calcolato, del nostro tempo. In egual misura è quella che ci porta a confinare gli anziani in luoghi di rottamazione, quando pesano troppo sul nostro tempo o sul nostro budget.
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La ragione strumentale si infiltra nei lavori degli studiosi come me imponendoci di far fruttare ciò che studiamo in termini di denaro, di “partite” da vincere per ottenere finanziamenti anche a discapito della nostra attitudine e della nostra posizione morale.
La ragione calcolante ci chiede risultati pratici, calcolabili e misurabili in termini numerici.
La ragione calcolante è quella sulla quale si fonda tanto il mito della prestazione quanto quello del merito, specie se calcolato in termini individuali.
Ragione strumentale è quella che fa corrispondere, come nella scuola e nell’università ma anche nelle imprese, un impegno, un interesse, un’opera di qualsiasi genere con un voto in termini numerici e con una promozione.