Il G8 è una lezione di storia non ancora definita

Si parla tanto del ventennale G8 di Genova (2001) . Con tante iniziative i “reduci “ di quell’epoca con le nuove generazioni faranno mille iniziative per ragionarci, confrontarsi su cosa ha rappresentato e quale parallelo serva fare con l’oggi quotidiano.

Leggo su Jacobin un intervento al riguardo, di una persona che detesto (Marco Damilano), ma nel caso pone una domanda essenziale che è in sé a mio avviso, anche una risposta indiretta.

La questione è una sola: perché da quel laboratorio non è nata un’altra politica, un’altra sinistra?

Non è proprio del tutto vero che non ci sono stati effetti in seguito, dato che come risultato di quel periodo alcuni nomi importanti dei centri sociali e leader hanno avviato carriere politiche istituzionali (Casarini, Agnoletto, ecc), mentre partiti istituzionali hanno deciso linee di distacco dai movimenti assumendo una immeritata virtù di guida.

Quella violenza a Genova è stata gestita nei dettagli, in parte centralmente dalla politica del momento (Governo Berlusconi) e parte dai servizi dell’epoca. Dalle chiusure blindate di strade, ai lasciapassare, ai famosi Black blok, entità indefinita ma reale, mai fermati (neanche uno per sbaglio) però a vista ovunque, alle mattanze della scuola di Bolzaneto e di tante sequenze nelle strade compresa non ultima la tragica uccisione di Giuliani, mi pare un segno di un passaggio epocale nella politica sociale.

Passaggio a cui ha in qualche modo partecipato uno strato importante di partiti NON OPPONENDOSI neppure nelle sedi deputate a tanto livore. Collaborazione oggettiva che ha continuato nel tempo a salire come onda e messaggio neppure tanto subliminale, verso lo strato attivo e cosciente della popolazione: qui non si passa!

Genova si è svolta nella manciata di pochi giorni del G8. La situazione politica ha cambiato passo proprio da quel momento, ma lasciando per alcuni anni uno spazio vuoto, un freno alla ribellione sociale. Seppur in una ristretta cerchia di irriducibili ha avuto peso relativo, nella maggioranza della popolazione ha subito un netto rallentamento di coscienza e attività.

Due elementi sono serviti allo scopo:

– la violenza cieca e efferata e anche quantitativamente costruita dal potere in vari modi. Concreti nel percorso delle manifestazioni, nella persecuzione dopo i fatti di gente che voleva solo esprimere un dissenso Soprattutto con l’aver iniziato ad arruolare buona parte della comunicazione mediatica in una confusione pilotata utile a disorientare ed ancora come messaggio di paura da scrivere fra la gente.

– il passaggio, a cominciare dalle definizioni di terroristi e black blok ( congrega minoritaria ma organizzata, sconosciuta e mai davvero inquisita), che accomunava in un unica sorte violenti e ribellione sociale con ovvia e crudele determinazione. Confusione strutturata che ha coinvolto larga parte della sinistra del momento, i sindacati, diverse associazioni, alcuni certamente in modo cosciente e coinvolto, altri meno.

Confusione non ideologica, perché permetteva di associare ad ogni lotta aspetti pragmatici di reazione del potere. Non era riconosciuta la matrice sociale, rimaneva la necessità di “conservare” la finta democrazia di stato.

In questo giudizio non voglio giustificare nulla, ma spiegare fenomeni. Sempre considerando il gruppo di violenti provocatori come un prodotto interno ad un sistema unico beneficiario. A chi servivano quelle persone addestrate ?

Meno carota e più bastone! Il tradimento dei valori per cui tante migliaia di persone sono andate a manifestare liberamente a Genova. Contro un sistema di capitalismo finanziario sintetizzato dallo stesso G8. Per sposare il liberismo, per “essere responsabili e realisti” e in nome della continuità, abbozzare al fatto inderogabile che chi lotta contro il sistema in toto non ha protezione neppure formale.

Basta leggere i resoconti di quelle giornate, le proposte operative, le scelte del governo e della sua espressione locale. L’assoluta impunità materiale dei reparti antisommossa coinvolti e dei loro vertici ancora oggi, vent’anni dopo.La sinistra “sinistra”, in tutte le sue declinazioni non ha mai, dagli anni di piombo in avanti riconosciuto cause sociali dentro ad un metodo che non aveva sbocchi ovvio. Di ogni erba un fascio!

Però rifletteva una immobilità di risposta al potere della politica rappresentata, anzi una parziale accettazione delle regole, una impotenza concreta di larghe masse non difese da nessuno. Ci avevano già provato nel ‘68 a dividere gli studenti dagli operai, i disoccupati dai dipendenti con larghi schieramenti sindacali di supporto.

Dal 2001 in poi diventa sistema il metodo che è sostanza, dentro un sistema di capitalismo finanziario globalista.

E’ anche la data che sancisce il lento abbandono della politica degli interessi dei territori.

Aspetto, dentro le lotte locali e di movimenti civici, che in parte viene invece raccolto dal nascente M5S, ma dopo pochi anni di nuovo tradito e usato autorefenzialmente, quindi socialmente rifiutato

Il potere da sempre ha represso chi non è d’accordo, ma qui in una forma diversa.

Forma imprevista per la crudeltà efferata, degna di epoche fasciste in cui la democrazia sperticata dei media si coniugava con una repressione da terzo mondo.

Uno strato istituzionale collaborativo di ceto medio, di proletariato ancora garantito, dentro una società ancora segnata da sovrabbondanza di merci che assisteva alla distruzione delle vetrine idolatrate. Compresa anche la possibilità di lavoro e reddito del momento viene trascinata dentro al sistema in nome della difesa del mercato e del PIL.

La trasformazione della lira in moneta europea dell’anno prima cominciava a dare effetti con il raddoppio dei prezzi delle merci di comune uso e la diminuzione del reddito percepito di fatto. Questi i dati oggettivi al di là delle interpretazioni.

La finanza faceva crescere debito e buchi con derivati e follie finanziarie che oggi hanno all’incirca 10 volte l’equivalente del valore del PIL mondiale. Buchi di valori monetari che girano sul web e nelle casseforti bancarie, svuotando comuni e istituzioni, partecipate aggregate di risorse economiche. Stringendo la parte di assistenzialismo e della sanità statale, aumentando la competitività in un mercato mondiale di poche società strutturate e ricche.

I movimenti contro il G8 del 2001 non hanno neppure avuto il tempo di confrontarsi. Di spiegarne le ragioni, che erano di giustizia, diritti, ma anche di uno sviluppo diverso e sociale per una difesa ambientale con al centro la cura alle persone in senso ampio.

Quel periodo breve concentra un cambiamento che per chiarirsi e completarsi chiede tempo. Non è palese, al di là delle parole spese sui media, ma che danno sempre la giustificazione alle violenze in quanto i famosi Black blok scassavano vetrine ed altro che pure è vero, ma la cui identità era già stata rifiutata dai manifestanti di Genova.

Mai venne osservato che fare un vertice internazionale in una città stretta fra mare e montagna con vicoli piccoli era una follia in partenza, con esiti prevedibili.

E’ il periodo in cui cominciano a dare segni di crisi le grandi aziende nazionali, in cui si svendono asset industriali importanti . Molte aziende anche strategiche vengono acquistate da altre straniere o smembrate. A seguire la perdita di capacità di opposizione oggettiva dei sindacati come argine nelle aziende produttive, con la nascita di diversi gruppi minori con spirito più battagliero

La fine del governo Berlusconi pluri-inquisito, ma indifendibile nel panorama internazionale dà la possibilità a Prodi di fare un governo per guidare la marcia del collaborazionismo revisionista, europeo e atlantista (che continua anche oggi con Draghi).

Non è possibile un dettaglio qui, elencare fatti e sequenze precise. Mi pare però ci siano elementi sia pur solo accennati di sconfitta anche culturale, a cui pian piano la parte rivoluzionaria, più attenta e sociale non ha saputo trovare elementi di congiunzione. Come sostengo quella opposizione aveva diversi aspetti al suo interno che le categorie della politica non riuscivano a risolvere da sole.

Attraverso il consumismo e la silenziosa accettazione di fatto degli elementi fondamentali del capitalismo come perno dello sviluppo liberista eterno. I gruppi civici oggi rimasti in attività, seppur spesso locale e diffusa sono chiusi su se stessi convinti che per difendersi dal potere serve serrare le fila per difendersi anziché collaborare e allargare. Non è mai stato vero che avere ragione sia sufficiente a cambiare le cose, speriamo questo momento di riflessione collettiva ne tragga vantaggio….

Gianni Gatti

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