Stop alla finanza fossile

dal blog https://www.recommon.org/

L’industria fossile potrebbe sopravvivere senza il sostegno della finanza globale?

Centrali, oleodotti e gasdotti inquinanti esisterebbero se nessuno li assicurasse?

Investiamo nel futuro del pianeta e non nella sua distruzione

Per raggiungere l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi è indispensabile abbandonare i combustibili fossili in tempi molto rapidi.

Possiamo combattere ogni singolo progetto, e lo faremo dove necessario, ma agire sul mondo della finanza significa ridurre le risorse a disposizione dell’industria fossile affinché sia impossibile progettare nuove centrali, oleodotti e gasdotti e mantenere impianti obsoleti.

La finanza è l’ossigeno che alimenta il cambiamento climatico

La finanza privata, ovvero l’insieme di banche, compagnie assicurative e fondi pensione, determina i flussi e la redistribuzione dei capitali, cioè la ricchezza. Non è affatto un attore secondario, bensì un protagonista della crisi climatica, motore di un sistema che si basa sullo sfruttamento del territorio inteso come ambiente e comunità di persone che lo abitano.

Già nel 2019, la finanza italiana ha causato 90 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, più delle emissioni dell’intera Austria in un anno. Le due maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo e UniCredit, sono responsabili di oltre 75 milioni di tonnellate di CO2, e si pongono al vertice di questa non invidiabile classifica.

Gli affari che bruciano il Pianeta

Già nel 2019, la finanza italiana ha causato 90 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, più delle emissioni dell’intera Austria in un anno. Le due maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo e UniCredit, sono responsabili di oltre 75 milioni di tonnellate di CO2, e si pongono al vertice di questa non invidiabile classifica

Il carbone di Tuzla: un attacco alla vita

L’espansione della centrale a carbone di Tuzla è un progetto devastante alle porte dell’Unione europea, per la precisione in Bosnia-Erzegovina. Un’opera dal costo di oltre 700 milioni di euro, finanziata anche da soldi italiani, quelli di Intesa Sanpaolo.

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