Intervento alla conferenza sul territorio della CGIL di Savona da parte di Roberto Melone
per il Comitato Acqua Pubblica savonese.
Grazie per l’invito. Non interverrò su tutti i temi che avete posto all’ordine
del giorno di questa vostra iniziativa sia per ovvie ragioni di tempo sia
perché penso che sia corretto che ciascuno parli per quello di cui si
occupa e sul quale può portare un contributo concreto. Questo
ovviamente non significa che come Comitato e come singole e singoli
attivisti non abbiamo idee, proposte, punti di vista anche sulle altre
questioni.
Oggi però volevo partire dalla questione che, a nostro avviso, rappresenta
il paradigma del terzo millennio, la questione che chiarisce fino in fondo il
fatto che i diritti fondamentali non sono e non dovranno mai essere nella
disponibilità del mercato ma, al contrario, difesi e gestiti dalle comunità
locali in modo partecipativo, democratico e, senz’altro, efficace ed efficiente.
Mi riferisco all’Acqua che, come dichiara l’ONU “il diritto all’acqua
potabile e sicura ed ai servizi igienici è un diritto umano essenziale al
pieno godimento della vita e di tutti gli altri diritti umani” e lo è anche
dentro alla storia del nostro paese, perché non dobbiamo mai
dimenticarci che insieme abbiamo costruito la straordinaria stagione
referendaria che ci portò alla vittoria esattamente 11 anni fa.
Si, sono passati ben 11 anni e nonostante tutto questo tempo,
nonostante fosse chiaro anche alla Corte Costituzionale che con i
referendum il nostro obiettivo fosse chiaramente quello di rendere
estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’Acqua,
nonostante che tutta la politica e le istituzioni di questo paese abbiano
disatteso quel risultato, quella vittoria conta ancora, perché ci ha
permesso in tantissime occasioni almeno di difendere la risorsa Acqua e la
sua gestione pubblica dagli attacchi dei privatizzatori.
Non solo, quella vittoria per la ripubblicizzazione dei servizi pubblici locali
è stata utile anche in altri settori e anche in tempi recenti.
La modifica infatti dell’Art. 6 del Ddl Concorrenza, sul quale anche la CGIL
ha espresso la sua contrarietà, nasce anche da lì.
Se oggi la riformulazione di quell’articolo non crea più problemi alle scelte di gestione pubblica e al
ruolo dei nostri Enti Locali è anche grazie allo “scudo” della vittoria referendaria e alla capacità di mobilitazione che abbiamo messo in campo in queste settimane.
Quindi diciamo, con la chiarezza che ci ha sempre contraddistinto, che le
nostre amministratrici e i nostri amministratori non hanno nessuna
giustificazione, nessuna scusante per procrastinare la messa a sistema
della gestione dei nostri servizi idrici.
Consapevoli della complessità della situazione savonese, riteniamo però
inammissibile ed ingiustificabile che ad oggi, dopo 28 anni dalla Legge
Galli, i nostri amministratori locali non siano ancora giunti, per
campanilismi, scontri fra opposte parti politiche, incapacità e quant’altro,
alla costruzione di una società unica nell’Ato 1.
Anche perché, e voi lo sapete bene, la normativa vigente, ma aggiungerei
il buon senso, richiede che sia una società unica, operativa a gestire il
servizio.
L’attuale Consorzio, non è altro che un ibrido che, come accade
spesso in Italia, passa attraverso le more della legge, e crea non poche
difficoltà all’operatività degli stessi gestori, non dà certezze sul futuro alle
lavoratrici e ai lavoratori e crea, spesso, disagi agli utenti e aumenti
ingiustificati delle tariffe.
La nostra proposta, il percorso per arrivare alla società unica per la gestione del servizio idrico l’abbiamo presentata ormai 7 anni fa durante il presidio permanente h. 24 durato 15 giorni in
Piazza Sisto IV a Savona e, in particolare, nell’assemblea in piazza con
quasi una trentina di sindaci.
7 anni fa, capite? Da allora non ci fu più nessuna possibilità di confronto con le istituzioni e tutto venne, e viene tuttora, deciso nel chiuso delle segrete stanze.
Come nelle segrete stanze pare sia stato deciso che i soldi che arriveranno
dal PNRR verranno utilizzati non per sistemare, per esempio, le perdite
nelle reti che, di fronte alla siccità e ai cambiamenti climatici dovrebbero
essere la priorità, ma per ripianare vecchie questioni finanziarie causate
dall’incuria e dalla incapacità del passato.
Come, d’altra parte, nessuno a livello partitico/istituzionale si preoccupa
di una questione che andrebbe modificata immediatamente e cioè di
spostare i costi degli investimenti sulla fiscalità generale che, almeno fino
ad ora, è progressiva e democratica, togliendoli dalla tariffa, che è invece
uguale per tutti.
Voglio anche dire con chiarezza che per noi la costruzione di una Spa
interamente pubblica non ci soddisfa affatto. E’ una mediazione che
siamo anche disposti provvisoriamente ad accettare se però,
contemporaneamente, si apre un serio confronto sulla reale
ripubblicizzazione dei nostri servizi idrici che può avvenire solo con la
costituzione di un’Azienda Speciale Consortile. E su questo continueremo
a batterci e vogliamo aprire il confronto a 360° a partire dal vostro
sindacato.
E guardate, lo sappiamo benissimo che contro questa nostra proposta
troveremo tanti avversari, ma questo non ci spaventa affatto. Anche
all’inizio della campagna referendaria avevamo quasi tutti contro e il più
benevolo ci diceva che eravamo pazzi o velleitari.
Permettetemi allora di specificare almeno due punti a questo riguardo
avviandomi alle conclusioni.
L’Azienda speciale è un ente strumentale dell’ente locale dotato di
personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto
pertanto è un ente di diritto pubblico, l’unico soggetto imprenditoriale
veramente pubblico, con l’obbligo del pareggio di bilancio e che,
perseguendo gli obiettivi economici, sociali ed etici posti dagli Enti Locali
gode di ampia autonomia imprenditoriale.
Nell’indirizzo, nella verifica, nel controllo è inoltre l’unico soggetto che
consente anzi, richiede per la sua stessa natura, la partecipazione e il
coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori nonché delle cittadine e
dei cittadini organizzati e non.
Inoltre i contratti collettivi di lavoro non dovranno essere
necessariamente quelli del settore pubblico, ma quelli stabiliti dalle parti
in riferimento al settore merceologico di appartenenza.
Come vedete, anche solo da queste poche parole, niente di così
tremendo e devastante, anzi, l’esatto contrario.
Una sfida, certo, tanto per cambiare, ma a noi, e penso anche a voi, le
sfide piacciono anche perché sappiamo di avere la passione, i numeri e le
competenze per giocarcela al meglio e, magari, perché no, anche di
vincerle, come 11 anni fa.

Facciamo in modo, tutte e tutti insieme, che non avvenga che un giorno i
nostri posteri non debbano rilevare le tracce di una civiltà che messa di
fronte alla prospettiva della propria estinzione, invece di cercare
soluzioni, decise di specularvi sopra.
Buon lavoro e, come disse qualcuno, … non perdiamoci di vista.
Roberto Melone