Dal blog https://mcc43.wordpress.com
Date: 18 aprile 2022Author: mcc43
È possibile sapere effettivamente cosa è successo e sta succedendo in Ucraina? E’ la domanda cui risponde l’articolo del colonnello Jacques Baud, specialista dei paesi dell’Europa orientale fin dai tempi della caduta dell’URSS. Addestrato dai Servizi Segreti americani e britannici, membro del SIC svizzero, ha seguito per la Nato la crisi ucraina del 2014 e partecipato ai successivi programmi d’assistenza.
Il suo articolo: LA SITUATION MILITAIRE EN UKRAINE pubblicato dal Centre français de recherche sur le renseignement (Cf2R) in marzo consta di tre parti: 1) SULLA VIA DELLA GUERRA, 2) LA GUERRA: scoppio, smilitarizzazione, denazificazione, Ospedale di Mariupol, 3) CONCLUSIONI.
Qui è possibile leggerlo nel sito del Cf2R.
“Per anni, dal Mali all’Afghanistan, ho lavorato per la pace e per lei ho rischiato la mia vita” Esordisce così. Già si comprende che non intende giustificare la guerra nè stabilire il torto o la ragione, bensì far capire come si è arrivati nel corso del tempo allo scoppio del conflitto che lacera l’Ucraina. La prima parte dell’articolo, qui sotto nella versione in italiano, rivela fatti ignorati o trasmessi dai media in modo alterato. Chiarimenti imprescindibili sui referendum, sugli accordi di Minsk, sulla composizione delle forzi militari ucraine e sulla “denazificazione”. Permangono nel testo i link inseriti dall’autore e precisiamo che rimandano ad articoli in lingua francese.
Parte Prima: SULLA VIA DELLA GUERRA

Proviamo ad esaminare le radici del conflitto. Si comincia con quelli che negli ultimi otto anni ci hanno parlato di “separatisti” o “indipendenza” del Donbass. È sbagliato. I referendum condotti dalle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk nel maggio 2014 non sono stati referendum di “indipendenza” (независимость) come sostenevano alcuni giornalisti senza scrupoli, ma di “autodeterminazione” o di “autonomia”(самостоятельность). Il termine “pro-russo” suggerisce che la Russia fosse parte del conflitto, il che non era, e il termine “di lingua russa” sarebbe stato più onesto. Inoltre, questi referendum sono stati condotti contro il parere di Vladimir Putin.
In realtà, queste repubbliche non cercavano di separarsi dall’Ucraina, ma di avere uno statuto di autonomia che garantisse loro l’uso della lingua russa come lingua ufficiale. Perché il primo atto legislativo del nuovo governo, risultante dal rovesciamento del presidente Yanukovich, è stato abolire il 23 febbraio 2014 la legge Kivalov-Kolesnichenko del 2012 che aveva reso il russo una lingua ufficiale. Un po’ come se dei golpisti decidessero che francese e italiano non fossero più lingue ufficiali in Svizzera.
Questa decisione provoca una tempesta nella popolazione di lingua russa, il che ha portato una feroce repressione contro le regioni russofone (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Lugansk e Donetsk) dal febbraio 2014 e una militarizzazione della situazione, con alcuni massacri (Odessa e Mariupol, in primis). Alla fine dell’estate 2014 erano rimaste solo le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk.
A questo stadio, troppo rigido e bloccato in un approccio dottrinario all’arte operativa, lo Stato Maggiore ucraino ha subito il nemico senza riuscire ad imporsi. L’esame del corso dei combattimenti dal 2014-2016 nel Donbass mostra che lo Stato Maggiore ucraino ha applicato sistematicamente e meccanicamente gli stessi schemi operativi. Tuttavia, la guerra condotta dagli autonomisti era allora molto vicina a quella che abbiamo osservato nel Sahel: operazioni molto mobili eseguite con mezzi leggeri. Con un approccio più flessibile e meno dottrinario, i ribelli hanno potuto sfruttare l’inerzia delle forze ucraine per “intrappolarle” ripetutamente.
Nel 2014 io sono alla NATO come responsabile della lotta alla proliferazione delle armi leggere; stiamo cercando di rilevare consegne di armi russe ai ribelli per vedere se Mosca si è coinvolta. Le informazioni che riceviamo provengono praticamente tutte dai servizi di intelligence polacchi e non “combaciano” con quelle dell’OSCE: nonostante le accuse piuttosto grossolane, non si osserva alcuna consegna di armi e materiali militari russi.
I ribelli si sono armati grazie alle defezioni delle unità ucraine di lingua russa che passano dalla parte dei ribelli. Con il progredire dei fallimenti ucraini, l’intero battaglione di carri armati, artiglieria o antiaerei ingrossò i ranghi degli autonomisti. Questo è ciò che spinge gli ucraini a impegnarsi negli accordi di Minsk.
Ma, subito dopo aver firmato gli Accordi di Minsk 1, il presidente ucraino Petro Poroshenko ha lanciato una vasta operazione antiterrorismo (ATO/Антитерористична операція) contro il Donbass. Bis repetita placent e, mal consigliati dagli ufficiali della NATO, gli ucraini hanno subito una schiacciante sconfitta a Debaltsevo che li ha costretti a impegnarsi negli accordi di Minsk 2…
È essenziale ricordare qui che gli accordi di Minsk 1 (settembre 2014) e Minsk 2 ( febbraio 2015) non prevedevano né la separazione né l’indipendenza delle Repubbliche, ma la loro autonomia nel quadro dell’Ucraina. Coloro che hanno letto gli Accordi (e sono molto, molto, molto pochi) scoprono che è scritto a chiare lettere che lo status delle repubbliche dovrebbe essere negoziato tra Kiev e i rappresentanti delle repubbliche, per una soluzione interna in Ucraina.
Questo è il motivo per cui dal 2014 la Russia ne ha chiesto sistematicamente l’applicazione contemporaneamente rifiutandosi di partecipare ai negoziati perché si trattava di una questione interna dell’Ucraina. Dall’altra parte gli Occidentali, guidati dalla Francia, hanno sistematicamente cercato di sostituire gli accordi di Minsk con il “formato Normandia”che metteva faccia a faccia russi e ucraini. Tuttavia, ricordiamoci, non c’erano mai truppe russe nel Donbass prima del 23-24 febbraio 2022. Inoltre, Gli osservatori dell’OSCE non hanno mai trovato minima traccia di unità russe operanti nel Donbass. Per questo la mappa dell’intelligence statunitense, pubblicata dal Washington Post il 3 dicembre 2021, non mostra truppe russe nel Donbass.
Nell’ottobre 2015 Vasyl Hrytsak, direttore del Servizio di sicurezza ucraino (SBU), ha confessato che nel Donbass erano stati osservati solo 56 combattenti russi. È paragonabile agli svizzeri che andavano a combattere in Bosnia durante i fine settimana negli anni ’90, o ai francesi che oggi vanno a combattere in Ucraina.(ndr. Nota 1).
Al tempo l’esercito è minato dalla corruzione dei suoi quadri e non gode più dell’appoggio della popolazione. Secondo un rapporto del Ministero degli Interni del Regno Unito, quando i riservisti sono stati richiamati nel marzo-aprile 2014 il 70% non si è presentato alla prima sessione, l’80% alla seconda, il 90% alla terza, il 95% alla quarta. A ottobre/novembre 2017 il 70% dei chiamati non si è presentato alla campagna di richiamo “Autunno 2017″. Questo senza contare suicidi e diserzioni (spesso verso gli autonomisti) che giungono fino al 30% della forza lavoro in zona ATO (n.d.r. Anti-Terrorist Operation Zone). I giovani ucraini si rifiutano di andare a combattere nel Donbass e preferiscono l’emigrazione, il che spiega almeno in parte il deficit demografico del Paese.
Il ministero della Difesa ucraino si è quindi rivolto alla NATO per essere aiutato a rendere le sue forze armate più “attrattive”. Avendo già lavorato a progetti simili nell’ambito delle Nazioni Unite, mi è stato chiesto dalla NATO di partecipare a un programma volto a ripristinare l’immagine delle forze armate ucraine. Ma è un processo lungo e gli ucraini vogliono andare in fretta.
Così, per compensare la mancanza di soldati, il governo ucraino ha fatto ricorso alle milizie paramilitari. Sono essenzialmente costituite da mercenari stranieri, spesso attivisti di estrema destra. Secondo Reuters, nel 2020 costituiscono circa il 40% delle forze ucraine e contano circa 102.000 uomini. Sono armati, finanziati e addestrati da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Francia. Ci sono più di 19 nazionalità, inclusa la Svizzera. I paesi occidentali hanno quindi chiaramente creato e sostenuto milizie ucraine di estrema destra.
Nell’ottobre 2021 il Jerusalem Post ha lanciato l’allarme denunciando il progetto Centuria. Queste milizie operano nel Donbass dal 2014, con il supporto occidentale. Anche se possiamo discutere del termine “nazista”, resta il fatto che queste milizie sono violente, trasmettono un’ideologia nauseante e sono violentemente antisemite. Il loro antisemitismo è più culturale che politico, motivo per cui l’aggettivo “nazista” non è del tutto appropriato. Il loro odio per l’ebreo deriva dalle grandi carestie degli anni 1920-1930 in Ucraina, risultanti dalla confisca dei raccolti da parte di Stalin per finanziare la modernizzazione dell’Armata Rossa.
Tuttavia, questo genocidio -noto in Ucraina come Holodomor- è stato perpetrato dall’NKVD (predecessore del KGB) i cui vertici della leadership erano composti principalmente da ebrei. Ecco perché oggi gli estremisti ucraini chiedono a Israele di scusarsi per i crimini del comunismo. Siamo quindi lontani da una “ riscrittura della storia ” fatta da Vladimir Putin.
Queste milizie, provenienti dai gruppi di estrema destra che hanno guidato la rivoluzione Euromaidan nel 2014, sono composte da individui fanatici e brutali. Il più noto di questi è il reggimento Azov, il cui stemma ricorda quello della 2ª Divisione Panzer SS Das Reich , oggetto di vera venerazione in Ucraina, per aver liberato Kharkov dai sovietici nel 1943, prima di perpetrare il massacro di Oradour- sur-Glane nel 1944, in Francia.
Tra le figure famose del reggimento Azov c’era l’oppositore Roman Protassevich, arrestato nel 2021 dalle autorità bielorusse a seguito del caso del volo RyanAir FR4978: dirottamento deliberato di un aereo di linea da parte di un MiG-29 – con il consenso di Putin è stato detto – per arrestare Protassevich, anche se le informazioni allora disponibili (ndr. link oscurato) non confermano in alcun modo questo scenario. Ma bisogna poi dimostrare che il presidente Lukashenko sia un delinquente e Protassevich un “giornalista” innamorato della democrazia. Un’indagine piuttosto esemplare prodotta da una ONG americana nel 2020 ha messo in luce le attività militanti di estrema destra di Protassevich. Il complottismo occidentale si mette quindi in moto e senza scrupoli mediatici “sposa” la sua biografia. Infine, a gennaio 2022, il rapporto ICAO viene pubblicato e mostra che, nonostante alcuni errori procedurali, la Bielorussia ha agito secondo le norme vigenti e che il MiG-29 è decollato 15 minuti dopo che il pilota RyanAir aveva deciso di andare ad atterrare a Minsk. Quindi nessun complotto con la Bielorussia e ancor meno con Putin. Ancora un dettaglio: Protassevich, crudelmente torturato dalla polizia bielorussa, è ora libero. Chi volesse corrispondere con lui, può andare sul suo account Twitter .
L’etichettatura di “nazista” o “neo-nazista” data ai paramilitari ucraini è considerata propaganda russa. Forse, ma questa non è l’opinione di The Times of Israel, del Simon Wiesenthal Center o del Centro antiterrorismo della West Point Academy. Ma questo rimane discutibile, perché, nel 2014, la rivista Newsweek sembrava associarli con… lo Stato Islamico. Questione di scelta!
Quindi l’Occidente sostiene e continua ad armare le milizie che dal 2014 si sono rese colpevoli di numerosi crimini contro la popolazione civile: stupri, torture e massacri. Ma mentre il governo svizzero è stato molto rapido nell’imporre sanzioni alla Russia, non ne ha adottate contro l’Ucraina, che dal 2014 massacra la propria popolazione. Infatti, chi difende i diritti dell’uomo in Ucraina da tempo condanna le azioni di questi gruppi, ma senza seguito dai nostri governi.
Perché, in realtà, non stiamo cercando di aiutare l’Ucraina, ma di combattere la Russia.
L’integrazione di queste forze paramilitari nella Guardia Nazionale non è stata affatto accompagnata da “denazificazione” come alcuni sostengono. Tra i tanti esempi, emblematico quello delle insegne del Reggimento Azov:

Nel 2022, molto schematicamente, le forze armate ucraine che combattono l’offensiva russa sono così strutturate:
Esercito, subordinato al Ministero della Difesa: è articolato in 3 corpi d’armata e composto da formazioni di manovra (carri armati, artiglieria pesante, missili, ecc.).
Guardia Nazionale, che dipende dal Ministero dell’Interno e si articola in 5 comandi territoriali.
La Guardia Nazionale è quindi una forza di difesa territoriale che non fa parte dell’esercito ucraino. Comprende milizie paramilitari, dette “battaglioni volontari” (добровольчі батальйоні), conosciute anche con il nome evocativo di “battaglioni di rappresaglia“, composte da fanteria. Principalmente addestrati per il combattimento urbano, ora assicurano la difesa di città come Kharkov, Mariupol, Odessa, kyiv, ecc.