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Giorgia Losio – 12 Novembre 2022
Ha una fama poco attraente ma in realtà la seconda città di Francia sta cambiando molto rapidamente. Merito anche dell’elezione nel 2013 a Capitale europea della cultura e della tappa che qui, nel 2020, ha fatto Manifesta
Marsiglia è la città più antica della Francia, fondata 2.600 anni fa e seconda città dell’Esagono per popolazione. Città cara agli artisti già nell’Ottocento, quando Paul Cézanne catturò nei suoi paesaggi la baia dell’Estaque, villaggio di pescatori, oggi quartiere della periferia marsigliese. Seguirono Raoul Dufy e poi Georges Braque con la prima sperimentazione cubista, Maisons à l’Estaque (1908).
Scrittori, sceneggiatori e registi si sono ispirati alle strade della città, al suo Porto Vecchio, ma anche ai suoi eccezionali scenari naturali, dalle scogliere vertiginose alle colline provenzali: si pensi alle scene iniziali di À bout de souffle (1960) di Jean-Luc Godard o a Taxxi di Gérard Pirès (1998). O ancora alle pagine di Jean-Claude Izzo, giallista di origine italiana, dove Marsiglia è la protagonista, come nella trilogia composta da Total Khéops (1995), Chourmo (1996) e Soléa (1998), nella quale la città è così descritta: “Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per essere contro. Essere violentemente. Solo allora, ciò che c’è da vedere si lascia vedere. E allora è troppo tardi, si è già in pieno dramma. Un dramma atipico dove l’eroe è la morte. A Marsiglia, anche per perdere bisogna sapersi battere”.

CASA E BOTTEGA? NO, ANCHE TERZO LUOGO
Oggi Marsiglia è una meta imprescindibile per gli appassionati d’arte contemporanea grazie anche ad alcuni importanti appuntamenti annuali, tra i quali il festival Printemps de l’Art Contemporain e la fiera ART-O-RAMA. Grandi eventi quali l’elezione a Capitale europea della cultura nel 2013 e a sede di Manifesta nel 2020 hanno reso la città centro contemporaneo a livello internazionale.
Fioriscono in questi anni nuovi spazi dedicati alla cultura, come il MuCEM, la Friche la Belle de Mai e Le Couvent. Un microcosmo che cresce ogni anno, poiché Marsiglia si conferma meta per i giovani artisti, presentandosi come una città accogliente e molto più economica rispetto a Parigi. Inoltre la combinazione di abbondanza spaziale e scarsità economica, creata dalla scomparsa delle industrie portuali, ha portato il modello di “terzo luogo” a diventare una strategia chiave per il progetto di rigenerazione pubblico-privato Euromediterranée, incentrato sulla parte nord della città. Come La Friche, sono proliferati negli ultimi anni altri luoghi di aggregazione culturale e sociale, tra cui la Cité des Arts de la rue, Coco Velten e, più recentemente, gli Ateliers Jeanne Barret, siti di proprietà pubblica dati in gestione a enti pubblici per guidare la trasformazione urbana.
MARSIGLIA. IL FRONTE DEL PORTO
Marsiglia viene spesso descritta come un luogo plurale. È una città con 111 facce, tanti sono i villaggi che sono stati assorbiti nel tempo dalla metropoli. Per capire veramente Marsiglia, dunque, è necessario conoscerne i diversi profili. Abbiamo selezionato un percorso tra i quartieri a più alto tasso creativo.
Partiamo dal porto e dal circondario. Qui si trova l’imponente MuCEM, che si definisce “museo della società”; al di là delle collezioni presentate, è un nuovo spazio pubblico con accesso gratuito agli imponenti spazi esterni del Fort Saint-Jean.
Realizzato dall’architetto Rudy Ricciotti, associato a Roland Carta, in 15mila metri quadrati ospita le aree espositive, un auditorium, una mediateca, uno spazio dedicato ai bambini e un ristorante stellato.
L’ex Hangar J4 ospita anche la Villa Méditeranée di Stefano Boeri con la Galerie de la Méditerranée, dedicata alla scoperta delle principali tappe delle civiltà mediterranee, e uno spazio riservato alle mostre temporanee. Una passerella collega il Forte al quartiere Panier, conducendo dalla Porta Reale del Forte stesso alla chiesa di Saint Laurent.
Il Panier è il più antico quartiere di Marsiglia: qui si stabilirono i greci fondando Massalia. Oggi è sede di atelier creativi e tanti sono gli street artist che creano le loro opere sui muri di antichi palazzi.

I LUOGHI DOVE L’ARTE FERMENTA
Ci addentriamo nel brulicante quartiere multietnico di Belsunce, dove si trovano interessanti spazi creativi come Coco Velten, che ha l’ambizione di sostenere le forze locali ed emergenti, favorendo la nascita di un linguaggio artistico comune. La programmazione di Coco Velten mira a dare spazio a voci e corpi emergenti e invisibili, a sostenere la giovane creazione contemporanea. Un esperimento gioioso dove artisti, associazioni, istituzioni e membri della società civile sono invitati a dialogare tra esposizioni, concerti, pasti gratuiti, laboratori partecipativi per grandi e piccini.
A poca distanza, nel quartiere Réformés, troviamo Sissi Club, un’entità curatoriale ideata da Elise Poitevin e Anne Vimeux.
Nasce come spazio per la diffusione del lavoro degli studenti e dei diplomati della Scuola di Belle Arti di Marsiglia, fino ad allora poco visibili. Basata sul modello di un centro d’arte tascabile, la sua programmazione compone una sorta di storia dell’arte nel presente, mostrando gli stereotipi artistici di Marsiglia – pittura figurativa, cattivo gusto, uso di materiali poveri – per affermare la propria forza e singolarità.
Se torniamo verso i docks del porto troviamo il FRAC PACA, con la sua facciata in vetro a scacchiera, opera dell’architetto giapponese Kengo Kuma.
L’attivissimo centro d’arte propone, su diversi livelli, mostre e progetti d’arte contemporanea come l’attuale Faire société (fino al 22 gennaio), che fra l’altro invita l’artista Ângela Ferreira a mettere in campo nuove produzioni legate a forme storiche di attivismo artistico. La mostra rende omaggio al ruolo essenziale svolto dalle radio nella diffusione delle lotte indipendentiste in tutto il mondo, come la radio portoghese Radio Voz da Liberdade, ospitata da Radio Algeri dal 1962 al 1974, fino alla caduta del regime dittatoriale del “Nuovo Stato”.
Ci addentriamo nuovamente in città e arriviamo al Cours Julien, un quartiere vivace e anticonformista dove murales impegnati ricoprono i muri e le facciate raffigurando la città e la sua storia. L’anno scorso, durante la fiera, il collettivo Artagon ha organizzato, nella storica ex fabbrica Ricard, quattro giorni di apertura eccezionale al pubblico, con eventi che hanno coinvolto cinquanta residenti: artisti, collettivi, strutture e responsabili di progetti all’inizio della loro carriera. Anche quest’anno a fine agosto ha proposto incontri con i residenti, laboratori aperti, performance, concerti, dj set, proiezioni, per scoprire un anno di creazione, ricerca e sperimentazione con la visita dei laboratori e degli spazi di lavoro, trasformati in luoghi di condivisione.

DAL CENTRO ALLA PERIFERIA DI MARSIGLIA
Nell’elegante quartiere della Prefettura troviamo il Museo Cantini, che ospita una delle più ricche collezioni pubbliche francesi, dedicata al periodo “moderno” del XX secolo e, come tutti i musei municipali di Marsiglia, offre l’ingresso gratuito alle collezioni permanenti.
Poco distante, nel quartiere degli antiquari, troviamo la galleria Double V di Nicolas Veidig-Favarel. La nuova generazione di galleristi marsigliesi comprende esperti d’arte e appassionati di design, tra i quali Emmanuelle Oddo di Pièce à Part, Ginie Bel con la sua Maison Mirbel nella Cité Radieuse, Diego Escobar con ArtCan Gallery ed Emmanuelle Luciani con Pavillon Southway, che hanno scelto di rompere i codici tradizionali per rendere l’arte accessibile, a immagine di un pubblico nuovo. In qualità di talent scout, hanno promosso artisti quali Caroline Denervaud, Samy Rio, Studio MBAE, Zest, Alexandre-Benjamin Navet e Nova Obiecta.
Ma anche i quartieri depressi a Nord di Marsiglia presentano delle interessanti fucine creative.
Gli Ateliers Jeanne Barret si trovano nel 15esimo distretto, che è considerato la Scampia di Marsiglia. Rendono omaggio a Jeanne Barret, esploratrice e botanica, prima donna ad aver viaggiato per mare alla fine del Settecento. L’associazione Circulaire è stata creata per la gestione collettiva del sito Jeanne Barret con molteplici progetti che prendono vita in una ex fabbrica industriale messa a disposizione dal programma di rinnovamento urbano Euroméditérranée nel quartiere di transizione di Crottes.
Poco distante troviamo la Cité des Arts de la rue, gestita dall’associazione omonima che coordina gli spazi di lavoro collettivo, la mediazione e la comunicazione del progetto su scala metropolitana. Su una superficie di 36mila metri quadrati vengono progettati spettacoli dedicati allo spazio pubblico. Questo immenso laboratorio scenico ospita una dozzina di strutture e riunisce una catena di competenze e know-how intorno alle arti di strada: creazione artistica, formazione, costruzione scenografica, distribuzione, azione culturale e mediazione.
Sempre nella zona nord, il quartiere popolare Belle de Mai è ad alto tasso di creatività. Qui troviamo studi televisivi e due laboratori creativi: Le Couvent e La Friche la Belle de Mai.

DAL MAC A LE CORBUSIER
Si attende la riapertura, prevista per l’inizio del nuovo anno, del Musée d’Art Contemporain nell’ottavo distretto, uno dei quartieri più ricchi della città. La collezione del MAC copre la maggior parte della produzione della seconda metà del XX secolo e dell’inizio del XXI, tra cui quelle dei Nuovi Realisti, dell’Arte Povera e del movimento Fluxus e si diffonde anche nel giardino, che presenta diverse opere di Jean-Michel Alberola, Julien Blaine, César, Erik Dietman e Fabrice Gygi.
Poco distante troviamo un altro luogo consacrato all’arte contemporanea e alle residenze d’artista, La Cabane Georgina. Tradizionalmente sede della grande borghesia industriale marsigliese, l’ottavo distretto costeggia i quartieri Prado e Mazargues. A due passi dal Rond-Point du Prado hanno le loro sedi la Magalone, la città della musica di Marsiglia con il suo giardino, la scuola nazionale di danza fondata dal grande ballerino e coreografo Roland Petit e lo Château Borély, sede del museo di arti decorative.
Inoltrandosi nel quartiere di Mazargues, l’ultimo villaggio prima del massiccio delle Calanques, si arriva a La Cité Radieuse di Le Corbusier. Qui si conclude il nostro percorso attraverso una città in fermento artistico, che la rende sempre più inclusiva, partecipativa e internazionale. Un faro culturale e sociale nel Mediterraneo.

IL CAPOLAVORO DI LE CORBUSIER: LA CITÉ RADIEUSE
Nel quartiere di Mazargues si può visitare il grande progetto di Le Courbusier Unité d’habitation, meglio conosciuto come Cité Radieuse, realizzato appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, i cui bombardamenti avevano danneggiato gravemente Marsiglia.
Colpisce subito l’imponenza monumentale di questo edificio in cemento armato, materiale tanto caro a Corbu. Sulla facciata si delinea il profilo della figura mitica creata dall’architetto, il Modulor, unità di misura del complesso architettonico. Le logge colorate punteggiano le facciate e la doppia fila di colonne favorisce la trasparenza sotto l’edificio e gli conferisce una forma elegante. Dietro queste facciate, 17 piani, 337 appartamenti organizzano la vita quotidiana alla maniera di un “villaggio verticale”.
Dopo essere passati sotto la tettoia di cemento si entra nella hall, che ricorda quelle dei grattacieli di New York ai quali si ispirava Le Corbusier.
Tutto qui è concepito come un’agorà: uno spazio di convergenza dove gli abitanti e i visitatori vanno e vengono. La forza della riflessione della luce è uno dei punti principali di questo spazio: le trasparenze colorate nel cemento e l’illuminazione alla base di ogni pilastro assorbono lo sguardo durante la visita.
Come una linea di fuga, il percorso conduce verso la striscia di cemento arrotondata che delimita l’area della portineria, poi verso le porte dell’ascensore, accese dai colori rosso e giallo.
Qua e là, incastonate nel cemento, alcune impronte di conchiglie possono essere lette come un’eco della natura tanto cara a Le Corbusier.
Al sesto piano, attraversando un lungo corridoio, si varca la soglia di un’abitazione dove il tempo si è fermato e dove si ammirano gli interni preservati che all’epoca erano estremamente innovativi.
La città era in fase di ricostruzione e alla Cité Radieuse tutto era proposto per accogliere le famiglie in uno spirito basato sulla modernità, combinando la semplicità dei materiali, l’ergonomia delle forme e una successione di mobili: cucina attrezzata, ghiacciaia, cassettiere per le verdure a ventilazione naturale, armadietti, fasciatoi, armadi che formano una parete divisoria, riscaldamento, ventilazione meccanica, bagno e cabina doccia, librerie. All’epoca era estremamente innovativo e di lusso: dopo la guerra, solo il 40% della popolazione francese aveva accesso diretto all’acqua potabile nelle proprie abitazioni.
Nell’appartamento visitabile erano presenti ben due bagni e un lavabo nella camera dei bambini. La cucina progettata da Charlotte Perriand sembra una sala di pilotaggio, piccola per accedere a tutte le funzioni, il mobile all’americana per passare i piatti; ora si può conversare con i propri ospiti mentre si cucina.
In gioventù Corbu aveva fatto un Grand Tour ed era rimasto affascinato dalla Certosa del Galluzzo in Toscana: secondo lui era la condizione abitativa perfetta, con la cella individuale e gli spazi in comune per la vita collettiva – una impostazione che ripropone nella Cité Radieuse.
Al terzo piano, battezzato la “troisième avenue” dall’architetto, ci sono i locali commerciali, una caffetteria, la galleria Kolektiv 318 e lo showroom-boutique e galleria d’arte Maison Mirbel. Per molti anni è stato attivo anche un supermercato e nel progetto erano previsti anche un refettorio e un ospedale, mai realizzati, oltre a un asilo e a una palestra. Ancora oggi è presente un hotel, progettato per gli ospiti degli inquilini e ora privatizzato.
“L’opera è lì: l’unità abitativa di dimensioni conformi, eretta senza regolamenti, contro regolamenti disastrosi, fatta per gli uomini, fatta a misura d’uomo; fatta anche nella robustezza delle tecniche moderne e manifestando il nuovo splendore del cemento grezzo; fatta infine per mettere le sensazionali risorse del tempo al servizio della casa, questa cellula fondamentale della società”, dichiarava l’architetto.
Doveva essere una “machine à divertissement”, una città nella città, un organo autosufficiente. E ancora oggi lo spirito di solidarietà contraddistingue gli abitanti dell’Unité d’Habitation, che propongono bookcrossing, assistenza agli anziani, spese in comune ecc.
L’immensa terrazza sul tetto sembra il ponte di una nave: da qui si ha una splendida vista sul mare e sulle alture, e il cemento armato dialoga con il calcare delle colline che circondano la città. Dove prima c’era una palestra ora troviamo il centro d’arte MAMO, l’unione di Marseille Modulor e Marseille Main Ouverte, fondato dal carismatico designer marsigliese Ora-ïto. Come scultore, Le Corbusier disegnò una mano aperta, che fu creata dopo la sua morte e installata a Chandigarh, in India. Il centro d’arte la prende a simbolo e tende la mano agli artisti e al pubblico. Ha già accolto artisti come Invader, Alex Israël, Olivier Mosset, Jean-Pierre Reynaud, Felice Varini, Dan Graham e Daniel Buren. Fino alla fine di settembre, Daniel Arsham, basato a New York, ha reso omaggio a Le Corbusier sia nello stile che nel design, fondendo i temi dello sport e della storia e riportando lo spazio alla sua funzione originaria. L’edificio è stato reimmaginato da Arsham nel contesto giocoso di un campo da basket.
Giorgia Losio

LA FRICHE LA BELLE DE MAI
Abbiamo fatto una passeggiata attraverso gli incredibili spazi della Friche con Eva Riccio, responsabile della cooperazione internazionale, che ci ha raccontato passato, presente e futuro di questo luogo.
Nel 1860 era una Manifattura Tabacchi. Ora nei padiglioni della ex fabbrica ci sono gli archivi di alcuni musei di Marsiglia e l’INA – Istituto Nazionale Audiovisivi. A fianco ci sono gli studi televisivi dove hanno ricreato il quartiere Le Panier e girano la serie televisiva Plus belle la vie, la risposta francese a Un posto al sole. Nel 1992 arriva la Friche su un’idea dell’artista Christian Poitevin, delegato alla cultura all’epoca, Philippe Foulquié e Alain Fourneau, rispettivamente direttori dei teatri Massalia e Des Bernardines. La prima idea era di sperimentare nuovi modi di creazione e di incontro con il pubblico. Ma poi si è reso disponibile questo immenso spazio ricco di potenziale, diventato di proprietà del Comune nel 1994.
Dal 2010 si struttura la Friche come teatro e società cooperativa di interesse pubblico, un cross-over di sport e cultura per coinvolgere più persone possibile. Abbiamo un contratto di affitto per quarantacinque anni e in futuro forse ci saranno più spazi commerciali.
Un importante slancio lo ha dato l’elezione di Marsiglia a Capitale europea della cultura nel 2013, che ha contribuito alla realizzazione degli spazi come li vediamo oggi, un cantiere che è durato dal 2012 al 2019. In alto, sull’immenso tetto-terrazza si erge un cubo chiamato Panorama, disegnato da Matthieu Poitevin, mentre Jean Nouvel nel 1995 era presidente della società cooperativa.
Il piano prevedeva che la Friche fosse un motore di cambiamento urbano e un esperimento urbano in sé, un primo esempio del modello di produzione creativa ibrida e di spazi culturali pubblici che ha dominato la scena artistica francese. Si tratta di un progetto collettivo, è la prima società cooperativa in ambito culturale in Francia. Convivono settanta organizzazioni diverse coordinate dalla cooperativa. Non c’è una direzione artistica, ma viene osservata una coerenza nella programmazione culturale e nelle dinamiche di coproduzione. La cooperativa gestisce il fondo economico che stanzia per le diverse attività: supporto tecnico, risorse umane ecc. Ora si cerca un equilibrio tra pubblico e privato.
Lo sport è un elemento importante di aggregazione: qui ha sede una scuola di skateboard di rilevanza nazionale. C’è un grande ristorante, Les Grandes Tables, un mercato tutti i lunedì, e si organizzano anche attività artistiche legate al cibo. Non manca il verde, grazie alla presenza dei giardini urbani, in collaborazione con la Scuola di paesaggio di Versailles. Gli studenti passano un anno a Marsiglia e fanno qui degli esperimenti di permacultura.
Abbiamo anche sviluppato il progetto Friche vert, un collettivo di artisti per includere la transizione ecologica nello spazio lavorativo, la biodiversità in ambito urbano. Nel giardino urbano si trova anche un vagone del treno riqualificato in parco gioco. Le ville ai lati dell’ex fabbrica ora accolgono gli artisti in residenza, qui si trova anche la prestigiosa Scuola regionale degli attori di Cannes, che ospita gli studenti del terzo anno.
E c’è anche la Scuola professionale per ingegneri del suono. Addirittura il parcheggio, disegnato da Kristell Filotico, ha una funzione culturale. Viene infatti usato anche come teatro e per l’originalità del progetto ha vinto l’Equerre d’Argent 2021 nella categoria Espaces Publics et Paysagers.
Nel 2017 è stata completata una nuova fase di lavoro: ha incluso la creazione di una piattaforma dedicata alle attività giovanili, coinvolgendo diversi residenti e partner. In questo periodo è stata costruita la Place des Quais, uno spazio per il tempo libero di cui ci si può appropriare liberamente, lungo i binari della ferrovia.
Nel maggio 2018, il Padiglione francese della Biennale di Architettura di Venezia ha inaugurato la mostra Lieux Infinis, basata su dieci luoghi che condividono l’apertura all’imprevisto per costruire all’infinito il possibile che verrà. Questa mostra, che comprendeva la Friche e la sua storia, ha presentato l’attualità e la necessità di continuare la ricerca dell’infinito per proiettarci nel futuro alla ricerca di nuove pratiche e nuovi usi, con la certezza che l’arte e la cultura fossero vettori di rigenerazione urbana e sociale.
È interessante anche osservare come la ferrovia segni il confine tra il quartiere povero di Belle de Mai e il quartiere più borghese di Saint-Charles. Qui abbiamo un tasso di disoccupazione del 50 % e resta purtroppo un quartiere malfamato. Gli abitanti partecipano principalmente alle attività sportive.
Collaboriamo attivamente anche a progetti europei con venticinque realtà coinvolte, tra le quali la Manifattura Tabacchi di Firenze.
Vogliamo condividere la nostra esperienza, aprire spazi di sperimentazione e cooperazione promuovendo iniziative innovative basate su preoccupazioni comuni che spaziano dal diritto alla cultura, dall’inclusione all’occupazione, dalla transizione ecologica a quella digitale. Anche Milano prende la Friche a modello per la riconversione degli immensi spazi realizzati a Rho per l’Expo 2015. E a Lisbona cooperiamo a un importante progetto di riqualificazione di un ex carcere con l’Università NOVA.
Eva Riccio
Grazie a questo articolo adesso ho voglia di visitare Marsiglia. In miei complimenti!
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