L’economia mainstream è un mito

Dalla pg FB di Giustiniano Rossi

L’economia mainstream si definisce volentieri una scienza esatta. Con i suoi modelli matematici, tenta di conferire ai suoi concetti – primo fra tutti a quello che l’uomo è un « homo economicus » che agisce sempre razionalmente, badando anzitutto al proprio tornaconto – una parvenza di verità incontestabile. Oppure che il mercato regola tutto, come gli economisti neoliberali volevano convincerci negli ultimi decenni. Fra questi ultimi, Milton Friedman e Friedrich August von Hajek, consiglieri di Augusto Pinochet, sono corresponsabili delle conseguenza per il Cile e il suo popolo che tutti conosciamo. Il dominio del mercato e la successiva privatizzazione di scuole e pensioni, ancorati nella Costituzione dal dittatore cileno, hanno approfondiso l’abisso sociale che ha portato all’implosione del 2019.

Occorre chiedersi se il PIL sia la misura di tutte le cose, se la globalizzazionez produca ricchezza, se il salario minimo distrugge posti di lavoro o se il blocco del debito serva alle generazioni future. Anche se, al più tardi a partire dalla crisi economica del 2007/2008, le risposte a queste domande fornite dalla dottrina neoliberale sollevano sempre più dubbi, continuano ad orientare l’azione politica e la nostra quotidianità. Si tratta di miti che ci costano cari. Le forze economicamente, socialmente ed ecologicamente autodistruttrici basate sul massimo profitto non sono governabili con i meccanismi del mercato. Il mito che quest’ultimo regoli tutto, ottenendo il meglio mediante la competizione fra imprese, lavoratori e consumatori, non regge. La crisi pandemica ha l’effetto di una lente focale : perfino semplici mascherine sono vendute a prezzi esorbitanti. Un classico caso di fallimento del mercato, direbbero gli economisti. E, nello stesso tempo, il mercato non produce automaticamente più concorrenza , ad esempio quando, mediante concentrazioni, si formano oligopoli e monopoli.

E’ esemplare il caso di Airbus e Boeing, che sono in competizione ma non veri concorrenti. In mancanza di alternative, le società di trasporto aereo sono dipendenti dal duopolio e badano affinché entrambi i produttori abbiano un’opportunità per non dipendere totalmente da un solo offerente. Inoltre, l’economia che ha registrato negli ultimi anni i più forti tassi di crescita, quella cinese, punta più sulla programmazione che sul mercato. La Repubblica popolare, che esporta nella sola Germania 100 miliardi di merci all’anno, è diventata il suo primo partner. E continua a realizzare la Nuova via della seta, investendo migliaia di miliardi nella sua rete commerciale globale. Risulta evidente che l’economia di mercato non è superiore a quella basata sulla programmazione e che il neoliberismo degli ultimi decenni non ha solo privato il mercato di ogni regola ma ha aggiunto diseguaglianze sociali, come dimostrano gli studi sulla distribuzione della ricchezza. La « svolta della diseguaglianza » avvenuta nei ricchi paesi occidentali negli anni 80 è direttamente o indirettamente legata al cambiamento dei rapporti di forza politico-economici.

I miti neoliberali crollano. L’economia di mercato la cui unica spinta è il profitto non è priva di alternative. Già nel 19° secolo le cooperative tentavano di acquistare merci a buon mercato per i loro soci…

Giustiniano

26 maggio 2021

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