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Maggio 25, 2023 Marquez
L’incursione dei cosiddetti ‘partigiani russi’ a Belgorod è stata rilanciata con tripudio da tutti i media che ne hanno tratto le conclusioni che volevano trarne, a prescindere. Peccato che siano stati omessi una serie di dettagli…
La “scampagnata” a Belgorod dei “partigiani russi”
Psyop o meno, l’incursione dei cosiddetti “partigiani russi” (!) a Belgorod ha ottenuto quello che molto probabilmente si prefiggeva: creare un diversivo mediatico.
Gli effetti concreti sono stati nulli, quelli propagandistici invece hanno sortito il loro effetto: i media mainstream si sono fiondati e il club Twitter dei Nafo, (i propagandisti Nato da divano e tastiera che, ‘stranamente’ risultano poi essere spesso la fonte dei principali quotidiani, se non le firme direttamente) ha tratto le conclusioni che voleva concludere.
Quali? Principalmente che la Russia non è in grado di difendere i propri confini, c’è una opposizione armata al governo in grado di “liberare” parti del territorio russo, e addirittura una “repubblica di Belgorod” paragonata con sarcasmo al ‘Donbas‘ che chiede l’indipendenza. Ultimo ma non ultimo, si rilancerebbe la tesi propagandata da molti think thank che la Russia non dovrebbe esistere così com’è, ma andrebbe sezionata in più stati su criteri etnici. Un ragionamento post colonialista tipicamente anglosassone con tutti i danni che ha fatto nella storia.
Ovviamente nulla di tutto questo è vero o reale nell’interpretazione che ne hanno dato i media, che hanno omesso una serie di particolari non proprio ‘secondari’.
Chi sono questi “partigiani russi”?
Per cominciare, il cosiddetto Esercito di liberazione, i “partigiani russi” (così li hanno chiamati, non è satira!) come si è visto in tutti i filmati e le fotografie circolate in questi giorni, oltre ad essere armato con materiale ucraino e NATO e ad essere al servizio delle FFAA ucraine, non è affatto composto solo da russi.
E i russi di cui è composto non sono propriamente dei paladini della libertà ma noti estremisti di destra che hanno lasciato la Russia dopo il 2014, e vi diamo qualche dettaglio interessante
All’incursione a Belgorod ha partecipato il leader dei neonazisti russi di Wotan Jugend , Alexei Levkin, che si era rifugiato in Ucraina a seguito del colpo di stato di Euromaidan, sul quale il sito Bellingcat, che è notoriamente alla dipendenze dell’intelligence britannica, ma che prima dell’ondata revisionista sull’Ucraina pubblicava un’inchiesta su questo soggetto e la sua organizzazione, parlando di “devoti a un marchio di neonazismo così sfacciato, inclusa la glorificazione aperta di Hitler, che persino il suo leader ammette che è troppo “hardcore” per lo spazio pubblico. Wotanjugend, che il suo fondatore ha descritto nel 2016 come una -mini-università online per i sostenitori dell’ideologia di destra-, ha elogiato i terroristi di estrema destra come Timothy McVeigh e Anders Breivik come eroi”.
Ma c’è di meglio: in varie immagini, filmati e interviste, si è parlato del “Corpo Volontario Russo“. Alcuni giornalisti esponenti di note testate hanno condiviso sui social i video di “Libertà alla Russia” omettendo le informazioni principali.
Il CVR è comandato da Denis Nikitin “White Rex”, noto neonazista russo che ha rapporti con Casapound. Piagnerelli di Rai News l’ha pure intervistato facendone emergere il alto umano, soprattutto quando ha dichiarato di star combattendo contro la Russia in memoria di un amico torturato e ucciso nelle prigioni russe.
Il capo dei Corpi volontari, White Rex, ha raccontato di agire in ricordo di un suo amico torturato e ucciso nelle prigioni russe. Per ora l’azione era dimostrativa. Sono fieri di aver bucato il muro della propaganda, ma se serve “porteremo la guerra civile in Russia”.
— Ilario Piagnerelli (@ilario82) May 24, 2023
Sapete chi è l’amico morto nella carceri russe? Maxim Martsinkevich “Tesak”, cioè il neonazista russo arrestato perchè torturatore seriale di omosessuali e che filmò il suo altro grande amico Sergei Korotkikh mentre tagliava la testa a un immigrato.
Aggiungiamo che questo simpatico Korotkikh, nonostante queste imprese “libertarie”, ha ricevuto lanciatori anticarro dal Regno Unito per combattere contro le forze armate russe.
La difesa dei confini di Belgorod
Altro punto interessante rilanciato dai media è la supposta incapacità russa di difendere i propri confini. A spiegare bene questo punto è stato Francesco Dall’Aglio, uno dei più attenti osservatori delle dinamiche nel conflitto in corso. Scrive il professore:
“La difesa delle frontiere non è un baluardo sul quale sono disposte tutte le truppe a disposizione, ma un insieme di posti di osservazione e controllo alle spalle dei quali ci sono le riserve mobili, alle spalle delle quali ci sono le riserve strategiche. Le guardie di confine hanno ovviamente ceduto, sono intervenute le riserve mobili e la situazione è stata prima tamponata, poi risolta.
È la stessa cosa del fronte, con la differenza che ovviamente sulla linea di un fronte sono schierate più unità di quante non ce ne siano sui confini. Anche al fronte, però, l’elemento risolutivo sono le riserve, non la prima linea: riserve che servono o a rinforzare la prima linea in caso di attacco, o a intervenire se la prima linea crolla per arginare l’avanzata. Un tempo Hollywood questa cosa la sapeva (“arrivano i nostri”, cioè appunto le riserve), ora pare essersene dimenticata; del resto il trasferimento delle riserve è operazione lunga e noiosa, non fa audience.
Questa cosa, che a quanto pare non tutti sanno, contrasta con l’argomento principale di coloro che considerano l’incursione un successo: la Russia sarà obbligata a rinforzare le difese sui confini per prevenire altri raid, ma non ha truppe a sufficienza per farlo e dovrà necessariamente impiegare i reparti schierati in Ucraina, indebolendo il fronte e consentendo il successo della controffensiva.
Peccato che le unità impiegate contro gli infiltrati non siano state stornate dal fronte ma dalle riserve mobili che non fanno parte dei reparti che combattono in Ucraina (non ci sarebbero mai arrivate, dal fronte). Il raid, casomai, ha chiarito che possono entrare in azione in tempi ragionevolmente brevi e riuscire nello scopo, nonostante la difficoltà del non potere intervenire con artiglieria e aviazione per non correre il rischio molto concreto di uccidere civili.
Però, visto che i commenti alla vicenda sono appunto propaganda a nostro uso e consumo, possiamo tranquillamente affermare che abbia avuto successo: ora c’è gente convinta che le frontiere russe siano un colabrodo, che l’esercito russo dovrà richiamare i soldati dal fronte per difenderle, che ci sia un’armata russa in esilio che combatte contro Putin e che le regioni che compongono la Russia vogliano la secessione. Per cui, come al solito, mandiamo più armi che la vittoria finale è in vista.”

I mezzi militari americani utilizzati nell’incursione
L’ultimo punto riguarda l’uso dei mezzi militari americani nell’incursione in territorio russo. Non si tratta di voci o propaganda ma di immagini e filmati a conoscenza di tutti.
Per di più il 20 maggio il satellite GeoEye-1 della Maxar ha fotografato e caricato sul suo sito le immagini del distretto di Grajvoron in cui si conferma la presenza dei mezzi militari di fabbricazione americana. E infatti l’amministrazione USA ha immediatamente detto che non approva l’operazione, e che anzi stanno cercando di capire come mai gli infiltrati avessero mezzi statunitensi visto che loro non glieli hanno forniti…
Dai bollettini rilasciati dopo la fine delle operazioni è stato confermato che più di 10 veicoli sono stati distrutti dall’esercito russo quando ha ripreso il controllo del checkpoint di Grayvoron, nella regione di Belgorod. In particolare:
- 3 veicoli blindati HMWWV (“Humvee”),
- 1 veicolo blindato MaxxPRO;
- +2 MaxxPRO catturati
- 1 veicolo blindato polacco AMZ Dzik;
- 1 Cobra Kraz.
- 1 Pickup.
Ma le armi Usa, come più volte dichiarato da Blinken, non erano condizionate al non uso in territorio russo? La domanda, ovviamente, è retorica.