N ella bozza del PNRR del 12 Gennaio 2021 vi sono spazi e opportunità di inserimento di specifici progetti di “pace e disarmo”. Il piano è composto da sei missioni (6), quattordici componenti (14), quarantasette linee di intervento (47) tre trasversalità (3), che hanno bisogno della volontà di ricercare armonia e coerenza con i “principi e valori” dei Trattati europei e con quanto definito dalla nostra Costituzione. Qui, di seguito, riportiamo le riflessione e le richieste quali contributi per la definizione del PNRR, disponibili a confrontarci con chi avrà il compito di procedere alla sua stesura finale.
12 PROPOSTE DI PACE E DISARMO PER IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA In questo contesto l’Italia e L’Europa dovrebbero assumere una posizione di neutralità attiva nel crescente con f litto tra grandi potenze per svolgere un ruolo autonomo di mediazione dei con f litti. Un’Europa non allineata come “potenza di pace” e che metta tutto il proprio peso economico e politico sul multilateralismo e la collaborazione tra i popoli è la migliore garanzia per il futuro della pace ed anche per il progresso globale dei diritti umani. Il PNRR mette inoltre molta enfasi sulla necessità di superare le disparità interne, di genere, territoriali, di reddito, ecc., ma non a ff ronta il problema delle disparità tra l’Italia, l’Europa stessa e il resto del mondo. Una disparità particolarmente rilevante con riferimento al bacino del Mediterraneo e all’Africa e che è uno dei driver fondamentali delle migrazioni. Immaginare uno sviluppo economico che guardi solo all’interno che non includa le popolazioni a sud del Mediterraneo o che addirittura faccia crescere la disparità, signi f ica preparare un futuro di ulteriori guerre e violenza, oltre che condannare milioni di individui ad emigrare verso l’Europa e l’Europa stessa a trasformarsi in fortezza. PROPOSTA 1 Occorre una nuova politica estera che de f inisca come interesse nazionale il co- sviluppo con i popoli del sud e la soluzione negoziata dei con f litti che impegni tutti gli strumenti a disposizione, diplomatici, economici e di cooperazione, compresa la revisione degli accordi commerciali sfavorevoli, con l’obiettivo esplicito di inclusione e di riduzione delle disparità con le popolazioni vicine. PROPOSTA 2 Ricollocare una parte consistente dei fondi ora utilizzati per le missioni militari alla cooperazione e agli aiuti allo sviluppo per raggiungere l’impegno preso in sede ONU di destinare a questo lo 0,7% del bilancio dello Stato.
412 PROPOSTE DI PACE E DISARMO PER IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA RICONVERSIONE PER UN’ECONOMIA DISARMATA E SOSTENIBILE
Il futuro dell’economia e del lavoro non si gioca solamente sull’innovazione e sulle nuove tecnologie ma con altrettanta forza sul cosa produrre, con quali risorse e con quali conseguenze per la salute e per l’ambiente. Lavoro dignitoso e sostenibilità implicano una visione globale del sistema economico, delle sue finalità, dell’impatto che produce nella società e nell’ambiente. Forse è il caso di ricordare che la comunità internazionale, uscita dai disastri delle due grandi guerre del novecento, dando vita alle Nazioni Unite, indicò nella definizione di «benessere, sicurezza e sviluppo» i grandi obiettivi di lungo periodo della comunità internazionale civile e delle sue politiche, chiamate quindi ad orientare e governare l’economia globale. Nella realtà ben sappiamo che il sistema economico dominante e le relazioni tra stati hanno prodotto benessere sì, ma con una tale concentrazione di ricchezza in mano a poche persone e gruppi da provocare profonde diseguaglianze e povertà endemica in interi continenti, un sistema economico che sta distruggendo l’equilibrio climatico e la stessa sopravvivenza del pianeta e dei suoi abitanti, una stabilità politica e sociale mantenuta con la deterrenza delle armi di distruzione di massa e con una spesa militare in continua crescita. Nei momenti di crisi e di impazzimento del sistema, sempre più frequenti per acutizzarsi dei problemi strutturali ed irrisolti, i diritti e la salute delle lavoratrici e dei lavoratori sono i primi ad essere tagliati e calpestati, messi sotto il ricatto del «non esistono alternative, prendere o lasciare ». Basta citare i casi più noti dell’ultimo periodo, quali ILVA di Taranto o la questione della fabbrica RWM di Domusnovas nel Sulcis, per comprendere come l’assenza di una politica economica ed industriale attenta, lungimirante e responsabile, possa determinare drammi e disastri sulla vita delle persone e sull’ambiente.
La sostenibilità dell’economia è un punto centrale dell’Agenda 2030 come del futuro della democrazia e della convivenza dell’umanità e della vita del pianeta. Per sostenibilità si intende: ➡ il rispetto ed un utilizzo duraturo delle risorse naturali; ➡ la sostituzione delle fonti energetiche inquinanti e non rinnovabili con fonti di energia pulite e rinnovabili;
12 PROPOSTE DI PACE E DISARMO PER IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA PROPOSTA 5 Nella bozza del PNRR a pagina 28 è indicato un fondo di 1,2 Miliardi di Euro per le aree di crisi di Taranto e del Sulcis per generiche “strategie territoriali”. Per quanto riguarda il territorio del Sulcis, occorre specificare e considerare come azione prioritaria la riconversione della produzione di armamenti in altre produzioni ad uso civile, riqualificando il territorio, valorizzando le professionalità e garantendo occupazione e stabilità lavorativa. 712 PROPOSTE DI PACE E DISARMO PER IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA DIFESA CIVILE NONVIOLENTA Nelle cosiddette “riforme di settore” è necessario introdurre una diversa concezione di difesa della patria, non più solo militare, ma moderna, civile, rivista alla luce dei nuovi bisogni e dei diritti, della convivenza pacifica tra i popoli, fondata su rifiuto delle guerre e sul principio della nonviolenza. PROPOSTA 6 Nel PNRR, va inserita questa riforma di settore, riattivando il percorso di discussione e di approvazione della proposta di legge presentata nella XVIII Legislatura come Petizione n. 539 e depositata alla Camera il 21 luglio 2020 e come Petizione n. 588 e depositata al Senato il 3 giugno 2020, e assegnata alle Commissioni riunite 1 (A ff ari costituzionali) e 4 (Difesa): una riforma organica del sistema di difesa del nostro paese, in ottemperanza con gli articoli 11 e 52 della Costituzione, per l’istituzione e definizione delle modalità di finanziamento del Dipartimento della Difesa civile non armata e nonviolenta. Cosa sia e cosa significhi oggi la “difesa della patria”, lo hanno chiarito alcune sentenze della Corte Costituzionale che, a partire dal 1985, hanno introdotto nella giurisprudenza italiana il principio di forme di difesa alternative a quella militare, finalizzate a “concorrere alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari”. Questo impianto giuridico finalmente riconosce la difesa non più soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire un’aggressione esterna, ma le attribuisce ruolo e forme di impegno sociale nonviolento e non armato, volte all’educazione, alla pace tra i popoli, nonché alla salvaguardia e alla promozione dei principi e valori comuni e fondanti il nostro ordinamento. Non vi è dubbio che il concetto stesso di difesa della patria ha visto una evoluzione, sia culturale che concettuale, di un nuovo orizzonte politico ed identitario; i confini del paese sono oggi i confini d’Europa; molti istituti e soprattutto le politiche giovanili, avvengono oggi in chiave europea, non più solo nazionale. Di questo bisogna tenere conto quando si parla di difesa della patria. L’emergenza sanitaria, e la conseguente crisi sociale ed economica, hanno messo in evidenza come una vera difesa della Patria si possa con figurare solo come la salvaguardia della vita, dei diritti, delle aspirazioni positive di tutti i cittadini e delle comunità che la compongono.
Una direzione contraria a quanto avvenuto negli ultimi anni, con una continua erosione di fondi per sanità, scuola, welfare,
PROPOSTE DI PACE E DISARMO PER IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA manutenzione e messa in sicurezza del territorio, erosione contemporanea ad una crescita della spesa militare per armi ed esercito. Capisaldi del disegno di Legge sono il servizio civile universale e la protezione civile, come elementi della difesa della Patria, l’istituzione dei corpi civili di pace e di un Istituto di ricerche per la pace e la soluzione dei con f litti. Compiti del Dipartimento: predisporre piani per la difesa civile, non armata e nonviolenta, curandone la sperimentazione e la formazione della popolazione, di svolgere attività di ricerca per la pace, il disarmo, la riconversione civile dell’industria bellica, di favorire la prevenzione dei conflitti armati, la riconciliazione, la mediazione, la promozione dei diritti umani, la solidarietà internazionale e l’educazione alla pace. PROPOSTA 7 Tali direttrici di azione vanno inseriti come obiettivi nella Missione 2 Componente 4 (Tutela e valorizzazione del territorio) e Missione 5 Componente 2 (Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore), infatti le politiche della Difesa civile comprenderanno i Corpi civili di pace e l’Istituto di ricerche sulla Pace e il Disarmo e avranno forme di interazione e collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ed il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio Civile Universale.
La pandemia ha dimostrato tutta l’attualità di dotare il Paese di strumenti e persone capaci di affrontare situazioni di crisi, promuovendo i valori di solidarietà e partecipazione a cui la nostra Costituzione ci chiama, e contribuendo quindi ad accrescere la resilienza delle comunità. I caratteri della crisi (sanitaria, sociale, educativa, economica) che sta attraversando l’Italia, l’Unione Europea e tutti i continenti confermano la necessità di avere una forma civile, non armata e nonviolenta di difesa, attrezzata in modo adeguato, in uno scenario futuro nel quale le Nazioni Unite e molte agenzie civili indicano la promozione dei diritti umani, del benessere per tutti e per tutte, della tutela dell’ambiente come la via per la costruzione di una pace positiva e di una reale coesione sociale. Fra gli strumenti del nostro Paese il SCU si è dimostrato capace f in dal Marzo 2020 di adeguare o riconvertire le attività negli specifici territori per rispondere all’impatto del COVID – 19.
I dati del monitoraggio periodico prodotto dal Dipartimento Politiche Giovanili e Servizio Civile Universale della Presidenza del Consiglio dei Ministri lo dimostrano. Le funzioni intermedie del SCU (il sostegno alla vita delle comunità, in Italia e all’estero, attraverso la realizzazione dei progetti curati dalle organizzazioni accreditate, l’opportunità di imparare facendo data ai giovani) trovano nel concorso alla difesa del Paese in modo civile e non armato la finalità generale, come stabilito all’Art 8, comma 1, lettera a) della legge 106 del 2016, ribadita dall’Art. 2 del Decreto Legislativo n. 40/2017. La Programmazione Triennale e Annuale, definita con decreto del ministro delegato, d’intesa con le Regioni e Province Autonome e con il parere della Consulta Nazionale del Servizio Civile, basata sulla partecipazione del SCU alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è lo strumento normativo quadro che indirizza le scelte delle organizzazioni accreditate nelle attività programmatiche e progettuali da sottoporre alla valutazione dell’organo statale a cui è attribuita dalla legge la gestione del SCU: il Dipartimento Politiche Giovanili e SCU della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La molteplicità di obiettivi realizzabili attraverso il SCU rende pienamente coerente e diremmo dovuta la collocazione del SCU fra gli obiettivi del PNRR. Basti pensare che una buona percentuale dei programmi che gli enti accreditati si apprestano a realizzare nei prossimi mesi sono finalizzati alla riduzione delle ineguaglianze, e in particolare all’inclusione delle persone fragili nella vita sociale e culturale del Paese.
Nota critica 1 : non possiamo non segnalare il mancato coinvolgimento degli attori del sistema del servizio civile nel processo di costruzione del PNRR in corso da mesi.
Nota critica 2 : ci saremmo aspettati la collocazione del sistema del servizio civile fra le azioni di promozione della cittadinanza attiva, con una esplicitazione della sua f inalità di difesa civile non armata e nonviolenta della Patria. PROPOSTA 8 Mantenere ferma la scelta della missione 5 “Inclusione e coesione” che trova la sua ragion d’essere nella trasversalità degli obiettivi generali, riteniamo che sia doveroso e coerente rispetto agli scopi legislativi del Servizio Civile Universale lo spostamento della sua collocazione da “Politiche attive del lavoro” a “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” per valorizzare appieno il ruolo chiave che il Terzo Settore svolge nel sistema del SCU e l’impatto dei giovani volontari nelle comunità dove svolgono il servizio. PROPOSTA 9 Potenziamento e stabilizzazione del contingente annuo. I 250 milioni chiesti all’Europa che si aggiungono ai 400 stanziati per il 2021 e il 2022 dal Governo devono significare contingenti di 80.000 opportunità all’anno per una stabilizzazione che non è ancora il Servizio Civile Universale nel quale ogni giovane che chieda di farlo e che ne abbia i requisiti lo possa fare, ma apre comunque ad una platea più ampia e alla partecipazione di fasce giovanili particolarmente a disagio già prima della pandemia. Fasce giovanili oggi ancora più escluse dai processi di autonomia personale, di lavoro, a rischio di essere assorbite da movimenti razzisti e violenti. PROPOSTA 10 Valorizzazione delle competenze acquisite dai giovani nell’anno di servizio civile universale. L’Italia e l’Unione Europea hanno tutto da guadagnare da giovani generazioni che sono consapevoli delle competenze (civiche, trasversali e professionali) di cui sono portatrici, nella sfida della ripresa dopo la pandemia, della connessione con la transizione digitale e la green economy. I 150 milioni dai fondi strutturali possono accompagnare la definizione e implementazione di un piano di valorizzazione di questi tre livelli di competenze che raggiunga nell’arco di qualche anno la gran parte dei giovani che svolgeranno il SCU.
Le giovani generazioni vanno poste al centro dell’impegno per la costruzione di una società nonviolenta e inclusiva. Tale proposito, già inserito nella Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, risulta quanto mai attuale in un contesto di crisi pandemica che rischia di acuire con f litti sociale ed economici. L’educazione alla pace, alla nonviolenza, al rispetto dei diritti umani, va individuata come vettore trasversale da inserire nelle Missioni/Componenti del PNRR quale investimento per la formazione delle future generazioni ed empowerment della comunità educante. In questa prospettiva, l’educazione alla pace va concepita non tanto come “materia” di insegnamento disciplinare, quanto come approccio metodologico capace di illuminare i percorsi formativi gettando luce su tutti gli aspetti che non si armonizzano con questo orizzonte, animando i possibili cambiamenti dentro i contesti innanzitutto prossimali e rendendo quei cambiamenti concreti e attuabili.
Essa quindi rappresenta un sapere pratico-teorico particolarmente adatto a una educazione fondata sul learning by doing, alla co-costruzione attiva e partecipata dei saperi da parte dei e delle bambine, dei e delle ragazze, e si lega in modo significativo a tutte le visioni pedagogiche che oggi rimettono al centro la connessione tra intelletto ed emozioni/affettività/corporeità. In quanto trasversale, l’educazione alla pace può occupare uno spazio in ciascuna disciplina scolastica, aprendo i curricula e i contenuti dei libri di testo all’apporto di tutti coloro che, dalla letteratura e le arti alla storia e alla f ilosofia, dalle scienze alle tecnologie, dallo sport alle religioni in modo diretto o indiretto hanno contribuito a costruire un mondo di pace. In quanto approccio metodologico l’educazione alla pace permette di dare valore in ambito educativo e formativo agli aspetti e ai processi relazionali, comunicativi, partecipativi e di gestione del conflitto, che dovrebbero appartenere al patrimonio di competenze di chiunque si occupi di educazione ad ogni livello e in generale ad ogni cittadino/a, bambini/e ragazzi/e comprese. Per tutte queste ragioni avanziamo per il PNRR le seguenti proposte. PROPOSTA 11 L’educazione alla pace, alla nonviolenza e al rispetto dei diritti umani venga inserita nei programmi scolastici a tutti i livelli – dall’infanzia all’Università – garantendole anche adeguato spazio all’interno dei media del servizio pubblico.
PROPOSTA 12 L’educazione alla pace, alla nonviolenza e al rispetto dei diritti umani abbia uno spazio nella programmazione dei canali radio-televisivi pubblici, prevedendo di inserire nel Consiglio di Amministrazione RAI e la Commissione Parlamentare di Vigilanza della RAI una f igura competente per la promozione dell’Educazione alla pace.
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