In questi giorni le agenzie incaricate da Regione e Autorità portuali per esaltare la funzionalità dei porti liguri per drenare commesse e succhiare allo stato soldi (PNRR e altro) stanno bombardando sui social .
Un po’ come sul problema della TAV anche dopo il “NON SI FA” dei francesi, mostri succhia-soldi per grandi costruttori, senza uno scopo con soldi pubblici.
Questo nonostante sul blog https://www.logisticanews.it Andrea Lombardo il 2 maggio 2023
scriva:
Mercato Container: un futuro ancora molto incerto
Ad ammetterlo sono gli stessi responsabili del “Container Forecaster” di Drewry, una delle più importanti società di consulenza marittima, che, in questi giorni, sono costretti a registrare una variazione in negativo del loro “World Container Index”, del 2% medio per la spedizione di un container da 40 piedi.
A comporre il dato contribuisce una flessione del 3% circa dell’indice relativo alla tratta Shanghai – Genova, che tocca il suo minimo storico post pandemia con una tariffa di 2.193 dollari, un crollo dell’83% rispetto alle quotazioni di un anno fa.
Non fanno eccezione le quotazioni dei noli dalla Cina verso i maggiori porti occidentali quali Rotterdam, Los Angeles e New York i cui indici calano tra 1 ed il 2%, così come per le tratte inverse, con l’unica eccezione del tragitto Los Angeles Shanghai.
Ritornano ad accusare flessioni anche le tariffe transatlantiche, quale Rotterdam-New York e ritorno, nell’ordine rispettivamente del 2% e del 4%.
Il panorama negativo sta coinvolgendo anche le tariffe dei contratti di lungo periodo, mediamente scesi del 13,6% da inizio anno ma che comunque rimangono ancora superiori del 5% rispetto alle quotazioni di un anno fa.
In primo luogo, la debolezza della domanda non mostra segni di ripresa anche se la pressione inflazionistica si va allentando, più negli Stati Uniti dove il tasso è sceso al 5% che in Europa per la presenza di situazioni molto diverse tra stato e stato e tali da vanificare il significato della cosiddetta media dell’eurozona, oggi comunque attestata sul 6,9%.
Ciò dovrebbe consentire un maggior potere d’acquisto, ma si verifica in un quadro di ripresa economica “timida”, con bassa fiducia del consumatore e, soprattutto per il comparto manifatturiero, ancora alle prese con la crisi degli ordini.
Le conseguenze si traducono in bassi volumi da movimentare e depositi pieni di container di ritorno, fenomeno quest’ultimo particolarmente rilevante in Europa per l’alta incidenza sui costi di fermo e gestione.
Inevitabile la forte concorrenza sui prezzi, con l’offerta di tariffe di trasporto più basse, soprattutto da parte delle piccole società di spedizioni.
Svaniti i recenti segnali di una inversione di tendenza dei noli, gli analisti convergono verso il perdurare di una crisi che produrrà perdite nella seconda parte dell’anno e si estenderà al 2024

Gli errori commessi
In realtà, più che di errori, bisognerebbe parlare di cose non fatte e che erano invece nelle aspettative.
La più evidente nasce dal portafoglio di nuove navi, poste in ordine nel momento di maggior necessità di stiva del mercato, e che saranno consegnate agli armatori tra quest’anno ed il prossimo, in grande maggioranza.
I presupposti su cui si basava l’operazione, e che mantengono la loro piena validità, erano l’opportunità di rinnovare radicalmente buona parte della flotta, anche in previsione delle nuove normative di rispetto ambientale e di sicurezza ed aumentare la capacità di stiva per meglio soddisfare la domanda.
Per contro occorreva controbilanciare l’operazione con la rottamazione di vecchie navi per compensare, almeno in buona parte, l’aumento di capacità armonizzandolo con le reali esigenze del mercato.
Operazione tanto più necessaria alla luce della forte riduzione della domanda che nel frattempo è venuta a crearsi.
La realtà ad oggi però parla di un numero di navi portacontainer poste fuori servizio irrisorio: circa 31.000 teu nel primo trimestre 2023 e poco meno di 30.000 cumulativamente nel biennio 2021-22.
Drewry, dopo aver fissato in 900.000 teu le sue previsioni di demolizioni da effettuarsi nel 2023, è stata così costretta a ridurle a 300.000 teu, obiettivo che già appare di difficile raggiungibilità.
Inoltre, i vettori non hanno operato una politica di cancellazione delle partenze per gestire la capacità verso il basso al fine di sostenere le tariffe di nolo.

Fino a qui da blog https://www.logisticanews.it
Note:
Penso avrebbe avrebbe MOLTO senso logico allargare il ragionamento oltre il tema contabile dei numeri, ma ragionare su COSA facciamo transitare nei porti oltre a controllare numeri, perché è tutta roba che al nostro territorio serve come un dito nell’occhio.
Carbone, petrolio e derivati, granaglie OGM dal Canada, frutta e verdura dall’altro capo del mondo e infine ma non ultime, merci cinesi a basso costo cui non puoi fare concorrenza poiché ottenute come tutti sappiamo.
Nel mezzo, dettaglio non secondario, droga fra le banane ed il caffè ed armi o sistemi militari.
Nella sovrappopolazione attuale, NON prestare attenzione a ciò che serve di prodotti al territorio, ma basarci sul viaggio planetario di merci per sostenere una logistica assurda e sprecona, ancora di più in Italia ed in Liguria senza reali infrastrutture di supporto significa buttare energie ed creare illusione.
I porti hanno svolto una importante funzione, ma oggi le ragioni del loro esistere vengono meno in un contesto globale di mercato finanziario che varia alla velocità della luce drenando risorse, senza attenzione alle esigenze dei territori
Illusione anche alimentata dai sindacati che non si oppongono e non entrano nel merito cui basta avere un lavoro(che vuol dire tessere) senza guardare a cosa, come e perché si fa questo commercio.
Esattamente il contrario di quanto i politici dei vari partiti ci bombardano a parole da media e Tv ed ora pare anche sui social come ultimo terreno”libero” di informazione preconfezionata e anarchica.