Dal blog di https://trucioli.it/…/crisi-dellindustria-savonese-non…/
Da una ricerca dell’ing. Paolo Forzano con alla fine alcune considerazioni di Gatti Gianni
Riporto tre tabelle delle 50 top aziende per Liguria, Savona, Cuneo.



I grafici sono ancor più chiari: Due big: Iren e Duferco, poi le altre aziende tutte sotto 900.000.000 €.

Savona: due big Infineum e Coop Liguria, una grande Alstom e poi aziende praticamente tutte sotto 100.000.000 ed anche di molto. (stessa scala che per Cuneo!)

Cuneo: le tre Ferrero che raggiungono la ragguardevole cifra di 3.409.479.000 e praticamente tutte le 50 top al di sopra di 100.000.000 di fatturato.

Liguria: 22 miliardi di €
Cuneo: 15 miliardi di €
Savona: 3,3 miliardi di €………….tanto da avere una idea!
Aree geografiche savonesi:

Se togliamo dal grafico le 3 aziende top (da sole fatturano il triplo di tutte le altre aziende del savonese):

Restano, eccetto Noberasco, piccole aziende tutte al di sotto dei 100 milioni di fatturato:

Interessante considerare con qualche differenza relativa a zone di maggior concentrazione industriale si potrebbe dire che:
1) la Liguria è rappresentativa di un Italia dove ancora permane una frammentazione industriale di medie aziende a cui andrebbe aggiunta una quota che a sensazione mi pare importante, di quelle artigianali molto al di sotto di quel target e che rappresenta una nazione che in maggioranza lavora e “vive” sul territorio
2) la globalizzazione del modo e per la tipologia produttiva italiana per lo più riguarda Grandi Aziende con capacità di penetrazione commerciale nel mercato mondiale
3) in questo lodevole sforzo di informare di Forzano manca l’influenza della finanza e delle banche che pilotano l’andamento produttivo. Le quote di mercato sono più rivolte all’interno che all’esterno della nazione in termini numerici
4) fra le aziende al top spiccano fatturati per energia, gestione acqua, cantieristica, distribuzione commerciale, lavorazione di prodotti alimentari, turismo
5) più scende il fatturato e più vediamo l’innesto fra la tipologia produttiva ed il territorio dell’area di influenza perché è ovvio che le imprese si sono e ancora rimangono attive “servendo” un territorio specifico di appartenenza, poi alcune trovano anche altri sbocchi.
Ci sarebbe da sviluppare un analisi sociologica più approfondita e pare strano che sindacati come la CGIL che sono presenti ovunque, non lo facciano per trarre delle conseguenze anche sul piano contrattuale o come indicazione di sviluppo alla politica.
Politica di dx o sx che segue ormai i diktat delle grandi società di sviluppo finanziarie che rendono volatili e deboli proprio attraverso le quotazioni in borsa anche le migliori aree produttive. Infatti aziende in buona performance di bilancio vengono fatte chiudere semplicemente perché la finanza ha trovato soluzioni più redditizie di investimento, distruggendo tutto quello che è lavoro e capacità umana di servizio.
Politica dei partiti nazionale, regionale, comunale, che non va oltre la “dichiarazione delle aree complesse produttive” perché dovrebbe mettere in crisi il concetto stesso di cosa si produce, per chi e in che modo aiuta il territorio, poiché tutte le infrastrutture non sono adeguate a facilitare uno sviluppo simmetrico, anzi creano selezione (strade, ferrovie, aeroporti, porti, ecc)
Tipico per la Liguria i notevoli investimenti fatti sui porti senza criterio, poi dati in gestione a società estere come la Maersk, la Cosco(vedi Vado L.) o a pochi privilegiati mercanti di merci non utili in larga parte ai territori di riferimento, che diventano proprietarie e condizionanti per le autorità portuali.
La Liguria dei droni spia militari della Piaggio, dei sistemi di puntamento satellitari della Selenia o Leonardo, delle produzioni militari della Fincantieri è inserita nella globalizzazione che ha cambiato il mercato spinto dalla guerra in Ukraina e viaggia su spazi diversi dal resto delle fabbriche ancora produttive